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N. 31 - Dicembre 2007

Razzullo e la Sibilla

Suggestioni, simboli ed eredità culturali del presepe napoletano

di Antonio Pisanti

Chi, come direbbe il nostro autore, fa un “viaggio” nel presepe si imbatte inevitabilmente in luoghi, personaggi, animali e cose non essenziali, ma più o meno ricorrenti nella scenografia che pone al centro della rappresentazione la Sacra Famiglia.

Questi sono presenti in relazione alla ampiezza territoriale della scena, venendo quasi a costituire, in una ben precisa logica compositiva, una lista di priorità rispetto agli spazi disponibili, sebbene condizionata dalle preferenze e dal livello culturale di chi allestisce il presepe.

Nel suo libro “Razzullo e la Sibilla – Il presepe: alle radici culturali della Sacra Rappresentazione”, edito dalla Stamperia del Valentino,  Claudio Canzanella distingue infatti il presepe cólto, come quello del ‘700, raffinato e impreziosito di particolari, da quello popolare, pur precisando che in genere gli elementi scenografici e figurativi presenti nei presepi che si allestiscono solitamente nelle botteghe artigiane e nelle nostre case sono tali da presentare caratteristiche provenienti sia dalla cultura popolare che da quella delle classi istruite.

Ma Canzanella, che ha già affrontato con competenza i temi della tradizione napoletana con riferimento ai rituali religiosi e alle feste ad essi collegate, non si limita, come avviene in gran parte dei testi disponibili sull’argomento, a ricordare la storia del presepe e con essa le tradizioni, le curiosità e le leggende sul Natale, perché, come si legge nel sottotitolo del libro, risale alle radici pagane della Sacra Rappresentazione, indagando ed evidenziando nel presepe quanto la tradizione religiosa ha mutuato dalla cultura precristiana, così come è avvenuto del resto per molti riti religiosi nei quali sono state trasferite più antiche feste e ricorrenze pagane.

L’autore analizza i significati delle varie scene e figure, illustrando il valore simbolico di luoghi e personaggi, rappresentativi, a loro volta, di vizi e virtù, del male e del bene, anche in relazione ai tempi in cui essi sono venuti a far parte del presepe.

Dalla trasfigurazione di figure mitiche e di divinità pagane in personaggi del popolo e della società dell’epoca, all’inserimento  di personaggi del nostro tempo, come politici di chiara fama e celebrità televisive del momento, la storia del presepe è caratterizzata dal suo forte potere evocativo e rappresentativo di persone e fatti del tempo presente.

Ed è anche questa una tradizione ricorrente nel presepe, che sembra dar ragione più ai fautori delle attuali contaminazioni, sulla scia di clamorosi  “falsi storici” già presenti nell’antico presepe napoletano, che a quanti temono che tali  inserimenti possano essere irriguardosi per la sacralità della scena presepiale e farla decadere ad oggetto di profanazione consumistica.

Del resto, se, a dispetto di gratuite contrapposizioni, il presepe continua a piacere è forse anche perché è una tradizione che si rinnova nell’attualità e che aggiunge alle antiche suggestioni nuovi motivi di verosimiglianza scenografica, di  emozioni  e di riflessioni sulle vicende che sempre oppongono bene e male, umiltà e superbia, ricchezza e povertà, licenziosità e solennità, ingenuità e scaltrezza. La rinomanza del presepe e delle possibilità comunicative  che promanano dalla sua rappresentazione ha condotto, non a caso, agli eccessi di chi ha tentato con pessimo gusto di farne uno strumento di propaganda partitica.

Dall’annotazione di  antichi vaticini come quello della Sibilla, un tempo anch’essa presente sulla scena presepiale, alle moderne incarnazioni di Razzullo e di Erode, il libro di Claudio Canzanella è una guida cólta sui sentieri del presepe, attraverso la simbologia di luoghi, personaggi ed usanze lì rappresentate che fanno tuttora parte della tradizione napoletana: una tradizione che, come sottolinea l’autore, va riscoperta  e salvaguardata per essere sottratta alla “diffusa insensibilità  del mondo contemporaneo”.

Una  riscoperta ed una salvaguardia, aggiungiamo noi, indispensabili per alimentare quel senso di appartenenza alla propria terra e alla propria comunità che è elemento  costitutivo di un’identità culturale, personale e collettiva, indispensabile per l’esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole.

 

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