[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 150 / GIUGNO 2020 (CLXXXI)


arte

LA SCUOLA DI ATENE DI RAFFAELLO

Il significato dei triangoli nella “tavoletta” di Euclide

di Simonetta Valtieri


Tutti conoscono la Scuola di Atene di Raffaello nella Stanza della Segnatura del palazzo Vaticano, anche perché “usatissima” in molti spot e pubblicità. Nell’affresco è raffigurato un grande “tempio” (che rimanda al nuovo San Pietro di Bramante), dove si muovono filosofi e sapienti appartenenti a secoli e a paesi diversi, ai quali è riconosciuto il contributo dato allo sviluppo del pensiero e della scienza, che Raffaello “mischia” e in alcuni casi “identifica” con personaggi a lui contemporanei per affinità di ingegno: ad esempio, Platone ha la fisionomia di Leonardo, Euclide quella di Bramante, Eraclito somiglia a Michelangelo.

 

Chi si interessa di storia dell’arte conosce il significato sotteso alla composizione, ma non quello dei segni geometrici sulla “tavoletta” in primo piano a destra dell’affresco, su cui Euclide punta il compasso, che risaltano come disegnati in gesso sul fondo scuro di una lavagna: essi indicano il “metodo” usato da Raffaello per disegnare in prospettiva l’architettura dipinta nella Scuola di Atene.

 

Va considerato che La Scuola di Atene è stata affrescata nella Stanza della Segnatura (1508-1511) dell’appartamento papale, il primo lavoro affrontato da Raffaello al suo arrivo a Roma, dove, alla corte di Giulio II, aveva trovato quel clima culturale umanistico – nel quale il mondo antico era ancora in armonia con la spiritualità cristiana – che identifica con quanto rappresenta in questa sua opera, affermando l’attualità degli antichi sapienti nel mondo rinascimentale. Nelle Stanze successive, dipinte sotto i pontificati di Leone X e Clemente VII, prevarranno temi ecclesiastici e storico-celebrativi, perché il clima culturale cambierà nell’arco di pochi anni, con i mutamenti politici e religiosi provocati dalla Riforma luterana.

 

Nella Scuola di Atene, che possiamo definire l’ultimo “manifesto” dell’Umanesimo maturo, Raffaello colloca in posizione dominante e affiancati i due maggiori filosofi dell’antichità, Platone e Aristotele, che tengono nelle loro mani sinistre due opere con cui hanno diffuso le loro dottrine, il Timeo e l’Etica. È noto che Platone con l’altro braccio alzato e la mano puntata verso il cielo indica il movimento del pensiero dal sensibile all’ideale e che Aristotele, con il braccio orizzontale e il palmo della mano rivolta verso terra, rappresenta l’indagine sistematica del mondo nelle sue forme concrete. Ma siamo ancora in un clima culturale dove tra i due filosofi “prevale” Platone. Infatti il punto di fuga della prospettiva dell’intera composizione cade sul Timeo, testo in cui il filosofo riafferma, riprendendola da Pitagora, l’integrazione dei rapporti “armonici” con il mondo materiale, che si offriva all’ideologia rinascimentale come nodo risolutivo nella corrispondenza tra micro e macrocosmo.

 

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Platone e Aristotele

 

Raffaello raffigura Pitagora, con la “tavoletta” delle armonie musicali, in primo piano a sinistra, e in posizione simmetrica a destra, Euclide, che punta il compasso sulla ‘tavoletta’ con i disegni geometrici. L’intera composizione pone l’accento sulle figure di Platone, Pitagora ed Euclide – circondati da gruppi di persone – collegate tra di loro in un triangolo ideale, che si ripropone negli oggetti di loro pertinenza: il Timeo e le duetavolette” dipinte in primo piano alle due estremità dell’affresco. Il contenuto del Timeo ha consentito di comprendere la relazione esistente tra le due “tavolette”, cioè tra i rapporti musicali e le proporzioni dell’architettura dipinta nella Scuola di Atene.

 

A Pitagora si fa risalire la scoperta che il suono di una corda vibrante varia con la sua lunghezza. Infatti se due corde, una doppia dell’altra, vibrano alle stesse condizioni, il suono della più corta sarà di un’ottava (diapason) più alto di quella più lunga; se le lunghezze delle due corde sono in relazione di 2:3, la differenza dell’altezza di suono è di una quinta (diapente); e se la relazione delle lunghezze è di 3:4, la differenza dell’altezza di tono è di una quarta (diatessaron). I numeri di base sono i primi quattro numeri (1, 2, 3, 4), la somma dei quali è il 10, numero sacro e “madre dell’universo”, la tetractys pitagorica, comunemente raffigurata come sovrapposizione a piramide dei primi quattro numeri, che formano un triangolo iscrivibile in un quadrato.

 

Anche Platone nel Timeo, rifacendosi a Pitagora, considera l’armonia e l’ordine del cosmo contenuti in questi primi quattro numeri e nei loro quadrati e cubi, e gli intervalli della scala musicale determinati da tre medi proporzionali corrispondenti a tre proporzioni: la geometrica, l’aritmetica, e l’armonica. La progressione geometrica costituisce le ottave e i medi aritmetici e armonici determinano rispettivamente le quinte e le quarte. Il numero viene elevato a principio universale ed esteso dall’ordine aritmetico a quello geometrico e infine all’ordine fisico: così l’espressione spaziale dell’1 è il punto, del 2 la linea (delimitata da due punti), del 3 la superficie, del 4 il solido.

 

Ma i numeri, considerati il principio di tutte le cose, non sono tanto importanti in se stessi, quanto nei loro rapporti. Infatti l’armonia non si raggiunge con l’accordo di due toni, ma solo tramite consonanze inequali, la quinta e la quarta, rappresentate da due proporzioni diverse, 2:3 e 3:4, che insieme danno l’ottava (1:2), il cui rapporto è ottenuto eliminando il medio proporzionale 3, cioè 2:3:3:4 = 2:4 = 1:2.

 

Nella Scuola di Atene, tutto questo viene “riassunto” da Raffaello nella tavoletta dipinta accanto a Pitagora: vi compaiono i numeri (romani) che indicano i rapporti degli intervalli musicali (segnati dagli archi che li collegano), spiegati con le parole greche: diatessaron, diapente e diapason; e dalla parte opposta su un arco che collega due numeri è scritto epogloon (tono maggiore).

 

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Pitagora

 

Per gli architetti rinascimentali, nel proporzionare gli edifici, i medi proporzionali determinanti le armonie musicali hanno avuto un ruolo molto importante, perché gli intervalli non erano solo teorici, ma coincidevano con le più importanti misure di un’architettura. Intorno al 1450 Leon Battista Alberti aveva trattato dei tre medi proporzionali in una maniera più facilmente accessibile agli architetti; ed è significativo che durante la costruzione del suo tempio Malatestiano a Rimini, egli ammonisca Matteo de Pasti perché, alterando la proporzione dei pilastri “si discorda tutta quella musica”.

 

Se i rapporti matematici rivelati da Pitagora, – determinanti l’armonia del mondo in tutte le sue espressioni – acquisirono particolare importanza nel Quattrocento, già Boezio all’inizio del VI secolo aveva scritto una storia delle armonie musicali di Pitagora ampiamente diffusa nel Medioevo, a cui farà riferimento Franchino Gaffurio che, riferendosi al filosofo platonico Filolao per il quale l’armonia deriva dalla “unificazione della composita molteplicità e accordo del discorde”, in una incisione del suo Theorica musice (1492), lo rappresenta in concerto con Pitagora, con flauti di diverse lunghezze, nei rapporti di quarta, quinta ed ottava.

 

L’analogia tra accordi udibili e proporzioni visibili, oltre a testimoniare l’armonica struttura di tutto il creato, serviva a dare dignità alle arti della pittura, scultura e architettura, considerate arti manuali e quindi escluse dalla classificazione di scienze. Solo l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e la musica appartenevano al quadrivium, che comprendeva l’applicazione della matematica allo studio del cosmo e al campo della musica; gli artisti rinascimentali erano coscienti che se la prospettiva veniva codificata in leggi, essa avrebbe acquistato la dignità di disciplina autonoma.

 

È stato necessario spiegare il significato della “tavoletta” musicale dipinta da Raffaello nella Scuola di Atene accanto a Pitagora, per poter comprendere il suo rapporto con l’altra “tavoletta”, su cui Euclide – con le sembianze di Bramante – appare in procinto di usare il compasso, e dove compaiono disegnati due triangoli intersecati che formano una “stella”, dalla cui linea centrale di intersezione partono due rette oblique.

 

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Euclide

 

L’operazione effettuata per collegare tra loro le due “tavolette” ha avuto come punto di partenza il passaggio concettualedallo spazio di un’architettura reale (nelle tre dimensioni) al piano bidimensionale dell’architettura dipinta sulla superficie dell’affresco, proporzionata nelle distanze prospettiche.

 

Partendo dai tre assi cartesiani per rappresentare lo spazio (profondità, larghezza, altezza), sono state loro assegnate le misure di 1, 2 e 4, che stanno tra di loro nel rapporto armonico di un’ottava = 1:2 (diapson), legando così la musica allo spazio (e quindi alle proporzioni dell’architettura).

 

Per arrivare alla bidimensionalità della pittura, è stata proiettata su un piano frontale (quindi sull’asse verticale dell’altezza), la misura relativa alla profondità (=1) ribaltando poi il grafico sia di lato che in basso. Unendo tutti i punti si sono formati due triangoli di base 4, iscrivibili ciascuno in un quadrato (che rimandano alla tetraktis pitagorica); proseguendo i loro lati obliqui della misura di 1, essi si intersecano portando l’altezza di ciascun triangolo a 5, venendo così a definire la “stella” che compare disegnata sulla ‘tavoletta’ geometrica.

 

Inserendo il vertice del triangolo inferiore della “stella” (coincidente con punto di fuga della prospettiva) in corrispondenza del Timeo di Platone, è possibile costruire in prospettiva l’architettura della Scuola di Atene, individuando il dimensionamento delle sue parti fondamentali, a partire dalla profondità della volta a botte in primo piano, quella del vano centrale coperto con cupola e della seconda volta a botte.

 

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Schematizzazione della costruzione dei "punti di fuga" che definiscono la prospettiva

 

Le due rette oblique parallele suggerite dal disegno della “tavoletta” geometrica, attraverso l’uso del compasso, consentono di ottenere ulteriori punti che definiscono l’intera composizione architettonica in prospettiva, modulata tramite lunghezze in rapporto armonico tra di loro, essendo i due triangoli della “stella” derivati dai rapporti musicali della “tavoletta” di Pitagora.

 

Arrivato a Roma poco più che ventenne, Raffaello non doveva avere molta esperienza in affreschi grandi come quelli delle Stanze vaticane, e disegnare con il metodo tradizionale in prospettiva l’architettura del “tempio” della Scuola di Atene – in un campo pittorico di 8,14 metri sulla parete della Stanza della Segnatura, larga 10,60 metri – rappresentava un problema, perché non c’era lo spazio necessario per collocare il punto di distanza.

 

Il problema viene risolto con il procedimento che Raffaello indica nei disegni sulla “tavoletta” geometrica. Nella definizione della “stella” scaturita dall’intersezione di due triangoli di proporzioni armoniche, può essere stato aiutato da Bramante, gran perito nelle costruzioni prospettiche; l’averlo raffigurato come Euclide, che opera con il compasso sui triangoli della ‘tavoletta’, può essere considerato il riconoscimento dell’invenzione di questo metodo “pratico”.

 

Le indicazioni del procedimento adottato appaiono “ostentate” da Raffaello nella “tavoletta” geometrica, ma a distanza di secoli è stato complesso decifrarne il significato, e lo si è potuto fare solo cercando di “entrare” nella cultura neoplatonica.

 

La Scuola di Atene costituisce una testimonianza delle implicazioni e dei teoremi caratterizzanti la cultura umanistica, quando bisognava essere iniziati ai “segreti” e ai simboli per poter far parte della complessa sfera intellettuale di quel periodo.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

E. Bentivoglio, G. Bentivoglio, S. Valtieri, Raffaello pittore e architetto a Roma (1508-1520), GB EditoriA, Roma 2020. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]