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N. 19 - Dicembre 2006

LE RADICI DEL PROBLEMA PALESTINESE

E’ veramente l’occidente che deve temere l’oriente?

di Sergio Sagnotti

 

Questa terra causa di una spirale di violenza che rischia di trascinare il mondo in un baratro senza fine e senza tregua, questa terra così contesa e così amata, questa terra che ha dato i natali alla storia del cristianesimo, questa terra grande come la Sardegna ma così importante, qual è la storia della Palestina?

 

Gli abitanti originari della antica Palestina vengono fatti risalire, da alcuni storici, agli insediamenti di tribù quali Amriti, Cananei. Aramiti ed Arabi; durante tutto l’arco della sua storia, la Palestina, ha subito le dominazioni di eserciti quali Babilonesi, Persiani, Macedoni, Romani, Bizantini, Arabi che si contesero per tutto il corso della storia antica i domini su queste terre…

 

La storia moderna ci può spiegare forse le ragioni di queste dispute e violenze, che sono ormai argomento di conversazioni quotidiane.

Nel 1887 fu convocato dallo scrittore Theodore Hertzl, a Basilea, il primo congresso sionista che sancì la fondazione dell’organizzazione sionista mondiale.

 

In questo convegno, si parlò dell'impossibiltà, da parte degli ebrei stessi, di integrarsi con le culture dei paesi che li ospitavano (Hertzl ne aveva già precedentemente parlato nel suo libro "Der Judenstaat", ossia “Lo Stato ebraico”), fu stabilita, quindi, l’intenzione di creare uno stato ebraico indipendente che racchiudesse la gente di origine israeliana.

 

Supportati da convinzioni religioso-bibliche, che profetizzavano la possibilità di ottenere una “terra promessa”, fu stilato quello che prese il nome di “Programma di Basilea” ossia l’attuazione di un piano che prevedesse la creazione di uno stato ebraico in Palestina.

 

La Palestina, però, dal 638 d.C. fino ad allora (tranne brevi periodi di controllo cristiano come durante le Crociate) era la casa degli arabi ed una convivenza era piuttosto difficile, come difficile sarebbe stato far accettare alla popolazione locale, che aveva sempre dimorato in quelle terre, l’idea di condividerla con un altro popolo venuto da fuori.

Nei primi anni del 1900 comincia quest’esodo verso la Palestina, ed è qui che risale il primo errore dell’occidente incapace di riuscire a mediare tra i due popoli offrendo soluzione alternative.

 

Nel 1914 alla vigilia della prima guerra mondiale si potevano già conteggiare 40.000 ebrei su quello che a quei tempi era territorio ottomano.

 

Con la sconfitta ottomana, grazie anche all’apporto arabo, la Palestina si ritrovò sotto il dominio militare britannico e, nel 1920, la Lega delle Nazioni, diede mandato agli inglesi per la conduzione dei “Territori della Palestina”.

 

Nel 1916, il commissario inglese in Egitto, Sir Henry McMahon per accattivarsi i servigi degli arabi nella lotta contro gli ottomani, promise l’indipendenza alla fine del conflitto; tale promessa non fu mai mantenuta, anzi, gli inglesi fecero un tacito accordo sia con la Francia per la gestione delle zone del medio oriente sia con gli ebrei per un eventuale appoggio al movimento sionista (Dichiarazione Balfour), forse perché i britannici vedevano di buon occhio un insediamento ebraico in Palestina come baluardo in caso di pressioni francesi.

 

Tra il 1920 ed il 1930 s’intensificò l’immigrazione; nel 1922 fu censita una percentuale di popolazione pari all11% di ebrei in Terra Santa, nel 1937 si contarono circa 300.000 unità sioniste.

 

Col passare del tempo, cominciarono anche ad aumentare i problemi di convivenza tra due popoli troppo eterogenei per coesistere, nel 1936 ci fu uno sciopero palestinese che si prefiggeva di far cessare le azioni terroristiche di gruppi israeliani armati come l'Irgun Zvai Leumi, quest’ultimo nato con lo scopo di "liberare la Palestina e la Transgiordania”.

 

Il suddetto sciopero, voleva anche porre l’attenzione sulla discriminazione nei confronti degli arabi che, a differenza dei sionisti ai quali era stato permesso di armarsi, furono disarmati (un palestinese che era trovato in possesso anche di un solo proiettile era mandato a morte).

 

Nel 1939 i britannici emanarono il cosiddetto “white paper”, il quale era un documento parlamentare volto a bloccare le massicce affluenze in Palestina; nonostante ciò continuarono i flussi nelle ore notturne, le persone che violavano tale norma venivano catturate e condotte in campi di internamento.

 

Durante la seconda guerra mondiale si unificarono altri gruppi ebraici e nel 1944 i sionisti dichiararono una “rivolta” contro il protettorato inglese, dando luogo ad una spaccatura all’interno dello stesso gruppo israeliano che ora vedeva da una parte gli aderenti a Yishuv che sostenevano un acquisizione legale del territorio, dall’altra i membri dell’Irgun (con a capo Menachem Begin) che non la pensavano nello stesso modo e che anzi diedero sfogo ad una serie di attentati contro l’amministrazione di Sua Maestà.

 

Il più grave atto di violenza, che costò la morte a quasi 100 persone, fu fatto contro il King David Hotel di Gerusalemme, da sei membri dell'Irgun travestiti da arabi.

 

Negli anni seguenti la spirale della violenza aumentò e gli inglesi lasciarono la patata bollente, di fatto, nelle mani degli USA.

Nel 1947 fu proclamato lo Stato di Israele, esso, però, si era anche impadronito di territori assegnati agli arabi scatenando, di fatto, l’indignazione del mondo arabo che insorse con un offensiva di Giordania, Siria, Egitto, Libano e Iraq conclusasi con un insuccesso.

 

Sono gli anni 50, gli anni in cui Yassir Arafat, un palestinese nato in Egitto, fonda un'organizzazione segreta chiamata Al Fatah con lo scopo di dichiarare la lotta armata ad Israele.

 

Nel 1967 ci fu la cosi detta “guerra dei sei giorni”, in cui i sionisti conquistarono altre porzioni di territorio sconfiggendo gli egiziani, a questo punto le Nazioni Unite si videro costrette ad emettere la risoluzione 242, che rilevava l’inammissibilità dell’occupazione dei territori da parte israeliana ed il conseguente ritiro.

 

Gli anni che seguirono furono sanguinosi, si va dalla guerra dello Yom Kippur, all’embargo petrolifero dell’Arabia Saudita ai paesi che rifornivano Israele di armi, alle olimpiadi di Monaco fino al discorso di Arafat all ONU, il tutto culminò con gli accordi di Camp David e il riconoscimento di Israele da parte dell’Egitto di Anwar el Sadat.

 

Fino ai nostri giorni la storia di questa terra ha sempre vissuto su vicende militari e violenze di ogni tipo che hanno innescato il circolo vizioso delle ritorsioni che da più di un secolo investono questa terra.

 

Ho voluto concentrarmi su una parte della storia che secondo me rappresenta la radice del problema mediorientale, l’inefficienza ed alcune volte il cinismo, la noncuranza, la superficialità e gli interessi delle grandi potenze occidentali hanno avuto il loro peso determinante nei fatti che si sono succeduti fin qui.

 

USA, Gran Bretagna, Francia e anche le Nazioni Unite, potenze che dovrebbero farsi garanti della pace del mondo, sono anch’esse coinvolte in un fallimento, forse uno dei più grandi della storia, delle civiltà occidentali.

Come l’Africa, anche il Medio Oriente rappresenta la palese conseguenza delle azioni occidentali, quell’occidente che, preso da improvvisa reminiscenza dei fasti di Lepanto, ora teme l’oriente.

 

Ma siamo veramente sicuri che è nell’oriente la causa dell’instabilità mondiale?

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Scheda storica della Palestina, Massimo Mazzucco per luogocomune.net

La Storia della Palestina, www.radioislam.org

La guerra e la pace. Israele-Palestina. Cronache 1956-2003, Daniel Jean

Storia della Palestina, Lannutti Giancarlo

La conquista della Palestina. Le origini della tragedia palestinese, Paciello Giancarlo

 

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