Project
Dad
generazioni a confronto nel Nord
Europa
di Leila
Tavi
Quando si parla di Svezia e
Finlandia, la mente corre spesso a
modelli sociali avanzati, alti
livelli di uguaglianza di genere,
sistemi di welfare estesi. Eppure,
dietro l'immagine di società
“perfette” si celano dinamiche
familiari complesse, in cui le
relazioni tra padri e figlie
attraversano tensioni antiche e
nuove. Il cortometraggio Project
Dad (Prosjekt pappa) di
Camilla Jämting, presentato allo
Slamdance Film Festival, getta una
luce originale su questo universo,
mettendo in scena, con ironia e
amarezza, il difficile dialogo tra
due generazioni.
Una terapia familiare sui generis
Al centro di Project Dad c’è
Stefan Leo, un uomo che ha superato
i sessanta e si è reinventato come
“coach” per uomini poco avvezzi alle
dinamiche di Tinder. Un mestiere
bizzarro, ma emblematico: in
un'epoca in cui i ruoli tradizionali
si sgretolano, anche la mascolinità
si reinventa. Accanto a lui,
Camilla, artista anticonformista e
convinta femminista, cerca
disperatamente un contatto autentico
con il padre. Non lo fa con la
retorica, ma con gesti carichi di
simbolismo: dipingerlo su una
spiaggia, camminare in topless
durante una sessione di nordic
walking, “spogliarsi” nel senso
più profondo, eliminando le
sovrastrutture.
Il film è una cronaca intima e tesa
di un esperimento emotivo:
Project Dad non è soltanto il
titolo del corto, ma una missione
personale. Tentare di riallacciare
un legame mai davvero consolidato.
Il peso della storia familiare
nordica
Il rapporto difficile tra padri e
figli in Scandinavia ha radici
profonde. Tra Svezia e Finlandia,
modelli educativi storicamente
improntati all'autonomia precoce dei
figli e alla valorizzazione
dell'indipendenza personale, hanno
talvolta sacrificato la dimensione
affettiva. Se nei secoli passati il
padre era visto come figura di
autorità distante, a partire dagli
anni Settanta la rivoluzione dei
diritti civili e l'affermazione del
femminismo in Nord Europa hanno
iniziato a ridisegnare i ruoli
familiari.
Tuttavia, il cambiamento culturale
non ha annullato le difficoltà: i
padri della generazione di Stefan,
cresciuti in un contesto ancora
permeato da modelli patriarcali, si
sono trovati spiazzati davanti a
figlie che rivendicavano parità,
autonomia, rispetto pieno delle
proprie scelte. Il risultato,
spesso, è stata una distanza emotiva
difficile da colmare, come racconta
Project Dad.
Femminismo, tradizione e
incomprensione
Nel cuore del film vibra il
conflitto tra due visioni del mondo.
Stefan percepisce il femminismo come
un’utopia irrealizzabile — “come il
comunismo”, dice provocatoriamente —
mentre Camilla lo vive come un
imperativo morale ed esistenziale.
La loro discussione richiama
tematiche profonde: il diritto delle
donne all'autodeterminazione, il
peso degli stereotipi maschili,
l'erosione dei vecchi codici
sociali.
Anche il riferimento che Stefan fa
al controverso film Men Can't Be
Raped (1978) di Jörn Donner – un
classico finlandese sulla vendetta
femminile – sottolinea quanto sia
radicato nel tessuto culturale
nordico il dibattito sulla violenza
di genere e sulle relazioni di
potere tra uomini e donne.
Un finale aperto, come la vita
Non c’è una riconciliazione facile
tra Stefan e Camilla. C’è piuttosto
un momento di apertura, quando si
scambiano gli occhiali da sole,
simbolicamente “vedendo” finalmente
il mondo l’uno attraverso gli occhi
dell’altra. Project Dad
termina senza facili redenzioni, ma
con una nota di speranza: il
riconoscimento reciproco delle
fragilità e dei valori che ognuno
porta con sé.
In
fondo, il percorso di Camilla e
Stefan racconta anche una storia più
grande: quella di un Nord Europa
che, pur avendo riscritto molte
delle sue regole sociali,
continua a confrontarsi con le
cicatrici intime lasciate dal
passato.