[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

172 / APRILE 2022 (CCIII)


attualità

ANCORA SUI PROCESSI POLITICI IN TURCHIA
L'INGIUSTIZIA CONTINUA

di Leila Tavi

 

Osman Kavala, l’attivista e filantropo turco, è stato condannato alla fine di questo mese all’ergastolo aggravato dalla Tredicesima Corte Penale di Giustizia di Istanbul alla fine di aprile 2022. Il dissidente turco è stato giudicato senza sentenza di condanna,  dopo oltre quattro anni di detenzione preventiva, dal novembre 2017, per un totale di 1.637 giorni.

 

Il sessantaquattrenne Osman Kavala, nato a Parigi e formatosi nel Regno Unito, è il fondatore di Anadolu Kültür, un'organizzazione che promuove la diversità, la cultura e i diritti umani. Il lungo calvario legale del dissidente è diventato il simbolo di una spietata repressione da parte di Recep Tayyip Erdoğan nei confronti di esponenti dell'opposizione, dissidenti e altri nemici percepiti come tali.


 

La sentenza che lo ha condannato all’ergastolo aggravato è senz’altro politica, una delle più dure inferte a un dissidente in Turchia durante i lunghi ventidue anni con Erdoğan  al potere. Tra il 22 e 25 aprile il tribunale è stato gremito di parenti, tra i quali la moglie di Kavala, Ayse Bugra, una docente universitaria, di amici, di giornalisti, di membri dell’opposizione e di osservatori internazionali, tra i quali molti diplomatici occidentali, mentre all’esterno una folla di manifestanti protestava contro l’ingiusta sentenza. Lunedì 25 aprile, a seguito della lettura della sentenza, mentre gli imputati erano riportati in carcere e i loro sostenitori crollavano in lacrime, dentro e fuori l’aula è stato invocato il nome della piazza dove sono iniziate le proteste di Gezi: "Taksim è ovunque"; si sono levati canti con il refrain "La resistenza è ovunque".


 

In una dichiarazione dai toni decisamente accesi il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Ned Price, ha enunciato in modo schietto che il suo Paese è "profondamente turbato e deluso dalla decisione del tribunale" e ha definito la condanna di Kavala "ingiusta", esortando il governo turco a cessare la pratica illegale dei procedimenti giudiziari a sfondo politico e a rispettare i diritti e le libertà di tutti i cittadini turchi, chiedendo ancora una volta il rilascio di Osman Kavala.


 

La decisione del tribunale è arrivata mentre il governo del presidente Erdoğan sta cercando di ricucire i rapporti con gli alleati della NATO dopo anni di tensioni, anche agendo come mediatore tra Russia e Ucraina e adottando misure modeste per arginare il flusso di materiale militare verso Mosca. Il verdetto ha coinciso anche con la visita del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres in Turchia, nell'ambito degli sforzi di pacificazione incentrati sull'Ucraina. 


 

Il caso Kavala ha sempre suscitato una forte reazione in Occidente. Lo scorso anno, per esempio, la Turchia ha minacciato di espellere dieci ambasciatori stranieri, tra i quali anche quello statunitense, dopo che le loro ambasciate avevano firmato una lettera che chiedeva il rilascio di Kavala, scatenando una breve crisi diplomatica. A inizio 2022 il Consiglio d’Europa ha deciso di avviare una procedura di violazione per la Turchia, proprio in riferimento al mancato rilascio di Kavala dopo la sentenza della Cedu. La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ("Corte CEDU") del 10 dicembre 2019 nel caso Kavala contro Turchia (28749/18), divenuta definitiva l'11 maggio 2020, in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato che non c'erano prove sufficienti che avesse commesso un reato e che il suo arresto era un tentativo di "metterlo a tacere e dissuadere altri difensori dei diritti umani". La sentenza chiedeva l’immediato rilascio di Kavala ed è stata ignorata dal governo e dalla magistratura in Turchia. Il 5 maggio 2022 il Parlamento Europeo di Strasburgo ha adottato una risoluzione sul caso Kavala (2022/2656 - RSP) per ribadire con forza il rilascio del filantropo turco. 

 

Non soltanto Osman Kavala è stato condannato, per altri sette attivisti di Anadolu Kültür,  Mücella Yapıcı, Çiğdem Mater, Hakan Altınay, Mine Özerden, Can Atalay, Yiğit Ali Ekmekçi e Tayfun Kahraman la corte turca ha stabilito che debbano scontare diciotto anni di detenzione per aver preso parte al crimine. Le accuse riguardano nello specifico le proteste del parco di Gezi a Istanbul del 2013 e al fallito tentativo di colpo di Stato del 2016. Osman Kavala è stato assolto dalla condanna di aver organizzato le proteste del parco di Gezi, ma subito dopo di nuovo arrestato per il fallito golpe del 2016. Dopo le purghe che il governo ha messo in atto come reazione al colpo di Stato, decine di migliaia di persone sono state imprigionate o hanno perso il lavoro, in particolar modo intellettuali, giornalisti e professori di scuola o di università. Questo mese Osman Kavala è stato processato di nuovo per entrambi i capi d'accusa. L’unica accusa da cui è stato scagionato è stata quella di spionaggio, per insufficienza di prove.

 

Attualmente del gruppo di dissidenti condannati a fine aprile, le donne sono rinchiuse nel penitenziario di Bakırköy, mentre gli uomini si trovano nel carcere di Silivri, entrambi in provincia di Istanbul.

 

Kavala ha negato tutte le accuse che gli sono state imputate, anche quella di essere un agente del miliardario statunitense di origine ungherese George Soros. Il dissidente turco ha incolpato con coraggio il governo di "omicidio giudiziario". Per lui l’ergastolo aggravato significa restare in isolamento e senza possibilità di ottenere un rilascio anticipato, se non dietro grazia del presidente della Turchia.

 

In un lungo discorso alla corte, pronunciato venerdì 25 aprile, alla fine del processo, in collegamento video dalla prigione di Silivri, Kavala ha descritto nei dettagli il suo lungo viaggio attraverso il sistema legale turco, tra arresti, speranze di rilascio deluse, altri arresti e ciò che, a suo dire, è sempre stato segno che il governo corrotto in Turchia tiene in pugno il potere giudiziario:


Il 25 aprile 2022, alcuni concittadini che abbracciano i principi democratici e amano il loro Paese sono stati condannati per mezzo della magistratura. Come affermato nell'opinione di dissenso di uno dei giudici del collegio giudicante, questa decisione si basa su prove raccolte illegalmente che non danno adito a ragionevoli dubbi sul fatto che sia stato commesso un reato. Pertanto, la decisione è arbitraria e presa in violazione delle norme legali sotto pressione politica.


Si è cercato di giustificare la decisione del tribunale con le dichiarazioni che sostengono che io sia supportato da Soros. È un dato di fatto che non ho organizzato le proteste di Gezi. È inutile collegare Soros, o qualsiasi altro attore esterno, al fatto che centinaia di migliaia di nostri concittadini sono scesi in piazza contro pratiche antidemocratiche con un senso di giustizia, chiedendo libertà. Il processo di Gezi ha svelato lo stato del sistema giudiziario, mettendo ulteriormente in luce il grande pericolo rappresentato per i cittadini dalla manipolazione del sistema giudiziario in questi termini.

 

L'assalto ai diritti umani e allo Stato di diritto perpetrato dal governo Erdoğan è continuato durante la pandemia di Covid-19 e ai nostri giorni, in cui l’attenzione internazionale è focalizzata sul conflitto tra Russia e Ucraina. Il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) del presidente e un partito alleato di estrema destra godono di una maggioranza parlamentare che consente loro di consolidare il governo autoritario approvando leggi lampo che violano gli obblighi internazionali in materia di diritti umani. I partiti di opposizione rimangono emarginati dal sistema presidenziale turco e il governo ha rimodellato le istituzioni pubbliche e statali per eliminare i controlli sul potere e garantire benefici ai propri sostenitori, nonostante l'opposizione politica controlli le municipalità di Istanbul e Ankara.

 

L'interferenza dell'esecutivo nel sistema giudiziario e nelle decisioni giudiziarie è un problema radicato, che si riflette nella pratica sistematica delle autorità di detenere, perseguire e condannare, con accuse di terrorismo e di altro genere, persone che il governo Erdoğan considera critiche o oppositori politici, come nel caso Kavala.

 

Come sottolineato dalla Commissione per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa nel 2020, in piena pandemia, le autorità turche devono ripristinare l'indipendenza giudiziaria e smettere di prendere di mira e mettere a tacere i difensori dei diritti umani. Ricordiamo che la Turchia si è ritirata nel luglio 2021 dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota come Convenzione di Istanbul. Tale gesto ha segnato un'importante inversione di tendenza per i diritti delle donne. 

 

Le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno,  a causa di un regime autoritario e fortemente centralizzato che ha fatto regredire di decenni la situazione dei diritti umani in Turchia, prendendo di mira i critici del governo e gli oppositori politici, minando profondamente l'indipendenza del sistema giudiziario e svuotando le istituzioni democratiche. Sono le figure di spicco come quella di Osman Kavala che lottano da anni come Davide contro Golia, affinché la voce del dissenso non resti inascoltata in Patria e all’estero.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]