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                          N. 12 - Maggio 2006 
                                   
                                  
                                  
                                  LE PRIGIONI
                                  DELLA STASI 
                                  
                                  La verità su Bautzen e su gli altri luoghi di 
                                  tortura 
                          di 
                          Leila Tavi 
                          . 
                          
                          Nel 2005 più di 140.000 persone hanno visitato il 
                          Memorial del Berlin-Hohenschönhausen, 
                          nella periferia nord-est di Berlino, che durante il 
                          regime socialista nella DDR era una prigione della 
                          Stasi, la Staatssicherheit, la polizia per la 
                          “sicurezza nazionale” nella Repubblica democratica 
                          tedesca. 
                          
                            
                          
                          All’inizio dell’anno il direttore del Memorial 
                          di Berlino, Hubertus Knabe, ha reso noto che 
                          dalle statistiche della pagina web dedicata al 
                          Memorial risulta una netta prevalenza di 
                          visitatori stranieri, indice del fatto che all’estero 
                          c’è un crescente interesse per la storia della 
                          dittatura comunista nell’ex Germania dell’est. 
                          
                            
                          
                          Alla pagina www.stiftung-hsh.de è possibile scaricare 
                          informazioni sulla storia della ex prigione; in loco 
                          sono effettuate visite guidate oltre che in lingua 
                          tedesca, in inglese, francese, spagnolo, danese, 
                          norvegese, polacco e ceco.  
                          
                            
                          
                          Fino all’apertura degli archivi nella DDR è stato 
                          possibile apprendere la verità sulla condizione dei 
                          prigionieri politici perseguitati dalla Stasi solo 
                          attraverso le testimonianze di chi è sopravvissuto o è 
                          riuscito a scappare nella Germania ovest, come lo 
                          scrittore Utz Rachowski, condannato nel 1979 e 
                          liberato grazie all’intervento della diplomazia della 
                          BRD nel 1980. 
                          
                            
                          
                          Rachowski visita regolarmente le scuole tedesche per 
                          raccontare agli alunni cosa ha significato per lui 
                          essere arrestato a 16 anni e interrogato dagli agenti 
                          della Stasi. 
                          
                            
                          
                          La prigione della Stasi fu chiusa nel 1990, qualche 
                          mese dopo la caduta del muro di Berlino e la fine del 
                          governo di Honecker; tra i suoi più famosi “detenuti” 
                          la dissidente Vera Lengsfeld, il giornaliste ed 
                          esperto di Stasi Karl Wilhelm Fricke, il 
                          musicista Christian Kunert, componente del 
                          gruppo Klaus Rentft Combo che, a causa delle 
                          canzoni in opposizione con la leadership della 
                          DDR, fu bandito dalla Germania dell’est. I capi 
                          d’accusa più ricorrenti erano: tentativo di fuga, 
                          propaganda o satira contro il regime. 
                          
                            
                          
                          Un altro scrittore Jürgen Fuchs, morto di 
                          leucemia, era fermamente convinto che durante gli anni 
                          di prigionia nel penitenziario di Höhenschönhausen 
                          fosse stato esposto ad alte dosi di radiazioni che gli 
                          avrebbero causato in seguito il tumore di cui è morto. 
                          
                            
                          
                          La stessa rara forma di leucemia è stata riscontrata 
                          in altri due dissidenti tedeschi imprigionati dalla 
                          Stasi e morti poco tempo dopo Fuchs. 
                          
                            
                          
                          Dopo la caduta del Muro di Berlino nell’ottobre del 
                          1989, alcuni membri dei comitati dei cittadini della 
                          Germania dell’est occuparono le prigioni di tutto il 
                          paese; all’interno furono effettivamente trovate 
                          apparecchiature per i raggi X non nelle sale mediche, 
                          ma dove venivano fotografati e schedati i prigionieri. 
                          
                            
                          
                          
                          Thomas Auerbach, 
                          che lavora come ricercatore per l’autorità statale che 
                          sta investigando sulla Stasi, ricorda di aver già 
                          visto apparecchiature simili durante un sit-in 
                          di protesta in una prigione prima del 1989. Lo 
                          studioso dichiara di avere visto documenti che provano 
                          l’esistenza di esperimenti all’interno delle prigioni 
                          per studiare gli effetti delle radiazioni come mezzi 
                          di avvelenamento o sabotaggio. 
                          
                            
                          
                          L’organizzazione della Staatssicherheit poteva 
                          contare su 80.000 agenti segreti e 300.000 
                          informatori, i cosiddetti “inoffizielle 
                          Mitarbeiter”. 
                          
                            
                          
                          Due ex ufficiali della Stasi, Peter Pfütze e 
                          Gotthold Schramm, hanno presentato al pubblico nel 
                          mese scorso due monografie sulla polizia segreta della 
                          DDR. Naturalmente la versione dei due agenti è 
                          diversa: tutti i prigionieri furono trattati 
                          umanamente e tutti confessarono di aver commesso dei 
                          reati. 
                          
                          Il punto è non tanto se hanno confessato, semmai se 
                          hanno veramente commesso il reato. 
                          
                            
                          
                          Un altro sostenitore dell’”opera” della Stasi è 
                          Gregor Gysi, co-presidente insieme a Oskar 
                          Lafontaine della Linkpartei, il partito di 
                          estrema sinistra in Germania. In un’intervista al 
                          quotidiano Die Welt il politico prende le 
                          difese dell’organizzazione, cercando di sdrammatizzare 
                          le toccanti immagini del nuovo film di Florian 
                          Heckel Das Leben der Anderen.  
                          
                            
                          
                          Il film è una denuncia nei confronti dei “carnefici”, 
                          gli ex ufficiali della Stasi che, come scrive Paolo 
                          Valentino del CdS, “provano a riscrivere il 
                          passato, tacendo le loro responsabilità in libri pieni 
                          di buchi e di menzogne.” 
                          
                            
                          
                          L’archivio della Normannenstrasse contiene 
                          riferimenti a più di 3 milioni di cittadini della ex 
                          DDR, in rapporto di uno a cinque con l’intera 
                          popolazione di allora; un’estensione che può essere 
                          quantificata con ben 200 chilometri di carta. 
                          
                            
                          
                          Un’alta prigione della Stasi si trovava nella 
                          cittadina medievale di Bautzen, un ameno luogo 
                          nell’alta Sassonia, vicino a Dresda, con una 
                          millenaria storia, ma che durante il regime era famosa 
                          solo perché ospitava due dei penitenziari più 
                          famigerati della Stasi. A Bautzen sono stati imprigionati 
                          dal 1956 al 1989 molti oppositori del regime tra cui
                          Erich Loest, Walter Janka e Rudolf 
                          Bahro. 
                          
                            
                          
                          A Bautzen si trovavano due prigioni: Bautzen I 
                          e Bautzen II, ufficiosamente sotto il controllo 
                          della direzione del Ministero della sicurezza di 
                          Stato; Loest, Janka e Bahro furono detenuti a Bautzen 
                          II. 
                          
                            
                          
                          Bautzen I, situata a nord, era soprannominata “la 
                          miseria gialla” per il colore dei suoi mattoni; 
                          già durante il periodo nazista tra il 1933 e il 1945 
                          fu luogo di detenzione degli oppositori politici del 
                          Nazionalsocialismo, tra cui Ernst Thälmann, il 
                          capo del Partito comunista tedesco. Durante 
                          l’occupazione sovietica tra il 1945 e il 1950 fu 
                          utilizzata come campo speciale per i prigionieri di 
                          guerra nazisti e gli oppositori di Stalin.  
                          
                            
                          
                          Con il passaggio all’amministrazione tedesca nel 1950 
                          fu sotto il controllo del Ministro della giustizia, 
                          poi nel 1951 passò al Ministero dell’interno e in fine 
                          dal 1956 al 1989 al Ministero della sicurezza di 
                          Stato. 
                          
                            
                          
                          Migliaia di persone furono detenute a Bautzen in 
                          condizioni inumane e sottoposte a torture; almeno 
                          2.700 prigionieri perirono durante la prigionia e 
                          furono sepolti sul “Kaninchen Hügel”, la 
                          “collina del coniglio”, dove oggi si trova una 
                          cappella in memoria delle vittime di Bautzen. 
                          
                            
                          
                          Nel penitenziario di Bautzen II negli anni Sessanta 
                          furono accusati di spionaggio anche alcuni cittadini 
                          italiani tra cui Graziano Bertussin e Nicola 
                          Marcucci; altri italiani furono accusati di 
                          calunnia: Pasquale Cervera, Antonio Di 
                          Muccio ed Ernesto De Persilis; altri ancora 
                          di tratta di uomini: Elena Sciascia e Pietro 
                          Purcu. 
                          
                            
                          
                          Bruno Zoratto nel suo Gestapo rossa. Italiani 
                          nelle prigioni della Germania est descrive la 
                          condizione dei detenuti italiani nelle prigioni della 
                          Stasi. 
                          
                            
                          
                          Oggi Bautzen II, l'ex “Stasi-Knast”, è 
                          divenuta un “centro della memoria” con un’esposizione 
                          permanente di documenti e foto delle vittime della 
                          persecuzione politica nella Germani dell’est. 
                          . 
                          . 
                          
                          Riferimenti bibliografici: 
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                          Das Leben der Anderen, 
                          regia di Florian Heckel, Germania, 2005 
                          
                          Angelo Negrini, A dieci anni dalla caduta del Muro 
                          ignorati e dimenticati, “Oltreconfine.de”, 
                          dicembre 1999, 
                          url 
                          http://www.oltreconfine.de/Dicembre99/main6.3htm, 
                          consultato il 19.04.2006 
                          
                          Peter Pfütze, Besuchszeit, 2006 
                          
                          Gotthold Schramm, Der Botschaftsflüchtling, 
                          prefazione di Markus Wolf, 2006 
                          
                          Terry Stiastny, Dissidents say Stasi gave them cancer, 
                          “BBC News”, 25 maggio 1999,  
                          url
                          
                          
                          http://news.bbc.uk/1/hi/world/europe/352461.stm, 
                          consultato il 19.04.2006 
                          
                          Paolo Valentino, Gysi: “La Stasi? Non era così 
                          terribile”. Il leader postcomunista: “Si è sciolta 
                          senza usare un’arma”, “Corriere della sera”, 
                          venerdì 28 aprile 2006, p. 17 
                          
                          Bruno Zoratto, Gestapo rossa. Italiani nelle 
                          prigioni della Germania est, 1999 |