[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 150 / GIUGNO 2020 (CLXXXI)


medievale

Platone Tiburtino

Astronomo, matematico e "traduttore" del XII secolo

di Fabio Serafini


A tutt’oggi sono pochi gli astronomi conosciuti ai più, mentre la maggioranza di essi è poco o per nulla conosciuta, fra cui anche coloro che hanno fatto letteralmente la storia dell’astronomia. L’Italia ne annovera qualcuno, già a partire dall’epoca medievale, ricordati in precedenti pubblicazioni, talune ormai datate, altre non in lingua italiana, che non hanno tuttavia probabilmente permesso di far raggiungere una ampia conoscenza degli stessi, almeno in epoca contemporanea. Inoltre, gli unici documenti coevi attualmente conosciuti vanno identificati con i testi pubblicati dai medesimi astronomi, con la conseguenza di conoscere tali opere, ma di avere invece scarne notizie sulla vita di tali autori.

 

Tornare quindi a occuparsi di simili personaggi permette di avere una migliore conoscenza della storia dell’astronomia per meglio comprendere l’evoluzione che ebbe la stessa materia in virtù del lavoro degli astronomi precedenti.

 

Fra gli Italiani di epoca medievale che meritano un posto d’onore nella storia astronomica devono essere inseriti Platone – o Plato – Tiburtino e Gerardo – o Gherardo – da Cremona, entrambi vissuti nel XII secolo e ambedue traduttori di testi di astronomia che hanno valso loro di essere considerati essi stessi astronomi, a cui aggiungere l’interesse per la matematica per il Tiburtino.

 

Il primo astronomo italiano di epoca medievale attualmente conosciuto è Platone Tiburtino, il quale è denominato anche Platone di Tivoli e tale località deve essere sicuramente identificata come la sua città natale. L’anno della sua nascita attualmente accreditato è il 1110, sebbene le prime date sicure sulla sua vita risalgono al 16 maggio e al 31 dicembre 1116, periodo durante il quale al Tiburtino è attribuita una traduzione in latino – la prima della sua vita, almeno a oggi conosciuta – di un testo arabo.

 

Egli avrebbe quindi conosciuto almeno il latino e l’arabo già a sei anni e alla stessa età sarebbe stato inoltre in grado di comporre traduzioni: ammesso quindi che il 1116 sia l’anno esatto in cui venne redatta la traduzione, la nascita del da Tivoli deve essere retrodatata di qualche anno rispetto a quella proposta. Il 1110 sembra invece essere stato l’anno in cui egli si trasferì a Barcellona, città dove poi lavorò, sebbene altri studiosi hanno proposto il 1133 o comunque entro il 1134 il momento in cui deve risalire il trasferimento nella città catalana.

 

La scelta di Barcellona non fu comunque casuale, poiché in quel periodo ospitava un centro di traduzioni di una certa importanza e qui si trattenne fino alla sua morte, avvenuta presumibilmente durante il 1145.

 

Il lavoro del Tiburtino consistette nel tradurre in latino i testi già esistenti nel mondo arabo, permettendo al cosiddetto mondo occidentale una maggiore conoscenza sia nell’ambito dell’astronomia che in quello della matematica.

 

Come già accennato, risale al 1116 il suo primo testo, il quale fu tradotto dal al-Battani e venne intitolato De motu stellarum: l’opera riportò le conoscenze astronomiche dell’epoca; successivamente venne tradotto un testo astrologico – durante il Medioevo astronomia e astrologia facevano parte di un’unica materia – dell’arabo Almansor o Almeone.

 

Seguì la traduzione di un testo sull’astrolabio, il cui originale arabo si deve ad Abualcasio figlio di Asafar: questa è l’opera più importante del Tiburtino, poiché fu grazie a quest’ultimo che l’Europa conobbe, per la prima volta, l’astrolabio, strumento ormai antico tramite il quale si possono localizzare i corpi celesti.

Precedenti studi hanno titolato quest’ultimo De usu astrolabii, che per altri va identificato con il testo astrologico, mentre il testo dell’astrolabio andrebbe identificato con il Questiones geomantice – denominato anche Liber Arenalis scientiae – il cui originale arabo fu scritto da Alfakini, figlio di Abizarch o Abraham.

 

Il Tiburtino si occupò anche di tradurre Alakasem sulla rivoluzione della natività, sebbene ne risultino ben due su tale argomento: il De nativitatibus – o De iudiis nativitatum –, tradotto da un testo arabo di Abu ‘Alì al-Khayyat, e il De revolutionibus nativitatum, originariamente scritto da Abu Bakr al-Hasan.

 

Entrambi i testi potrebbero riguardare tuttavia più l’astrologia che l’astronomia, almeno per come sono intesi i termini in epoca contemporanea, sebbene costituissero un’unica materia in epoca medievale, come si è già accennato.

 

La matematica è fra le discipline fondamentali per il lavoro astronomico ed è forse per questo motivo che il Platone si occupò di tradurre in latino testi matematici fino ad allora non presenti in Europa. A lui si devono quanto meno le opere intitolate Sphericae, tradotto dall’arabo, e Liber Embadorum, il cui originale invece provenne dall’ebraico e ciò dimostra come il Tiburtino avesse imparato così bene anche tale lingua da riuscire a tradurre testi tecnici.

 

Il Liber Embadorum, inoltre, è l’unico, oltre al De motu stellarum, su cui è oggi conosciuto con certezza l’anno di redazione: esso risale al 1145, quindi lo stesso anno accreditato per la morte dell’autore. Ciò quindi può far ipotizzare a una traduzione durante la prima parte dell’anno e a un decesso durante il 1145 ormai avanzato, oppure – in alternativa – a una morte avvenuta durante un anno successivo rispetto quello proposto.

 

Almeno alcuni dei testi fino a qui nominati, che si possono attestare con sicurezza a Platone Tiburtino, furono ancora ristampati nei secoli successivi e usati anche come testi di studio universitario. Ulteriori ricerche, infine, potrebbero forse permettere di identificare in Plato da Tivoli come autore di altre traduzioni oltre quelle fino a qui riportate e sicuramente a lui attribuibili.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

B. Boncompagni, Delle versioni fatte da Platone Tiburtino, in Atti dell’Accademia Pontificia de’ nuovi Lincei, volume 1, Tipografia delle Belle Arti, Roma 1851.

B. Boncompagni, Delle versioni fatte da Platone Tiburtino traduttore del secolo duodecimo, Tipografia delle Belle Arti, Roma 1851.

F. Laurenti, Tradurre, Armando Editore, Roma 2015.

G. Libri, Histoire des sciences mathématiques en Italie, volume 2, Jules Renouard et C. Libraires, Parigi 1838.

A. Mieli, La science arabe et son role dan l’évolution scientifique mondiale, E.J. Brill, Leiden 1966.

E. Morali, Opuscoli religiosi, letterali e morali, Tipografia dell’erede Soliani, Modena 1859.

B. Veratti, De’ matematici italiani anteriori all’invenzione della stampa, Arnaldo Forni Editore, Modena 1860.

G.B. Guglielmini, Elogio di Lionardo Pisano, recitato nella grand’aula della Regia Università di Bologna nel giorno 12 novembre 1812.

D.M. Ferri, Intorno invenzioni e scoperte italiane, Tipografia Vincenzi e Rossi, Modena 1844.

S. Califano, Storia dell’alchimia, seconda edizione rivista e ampliata, Firenze University Press, Firenze 2016.

R. Fontaine - F. Glasner - R. Leicht - G. Veltri, Studies in the History of Culture and Science, Brill, Leiden 2011.

A. Cabrera Olgoso, Astrolabio, Reina de Cordelia, Madrid 2020.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]