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STORIA & SPORT


N. 98 - Febbraio 2016 (CXXIX)

I DOMINATORI DEL PALLONE D'ORO

PARTE II - MICHEL PLATINI

di Francesco Agostini

 

Le Roi, il Re. Con quest’appellativo era conosciuto Michel Platini, l’indimenticato centrocampista della Juventus d’oro degli anni ottanta. Grazie alla sua andatura regale, il suo fare nobile e poco propenso alla fatica, il giocatore francese si meritò ampiamente il suddetto soprannome, che era allo stesso tempo di carattere tecnico e oggettivo. Oggettivo perché Platini, dal 1983 al 1985 Re lo fu per davvero: fu il primo calciatore nella storia a ricevere per ben tre anni di fila il Pallone d’Oro. Nessuno prima di lui era mai arrivato a tanto; la vittoria fu talmente schiacciante che il francese distaccò il secondo in classifica, Kenny Dalglish di moltissimi punti, addirittura di quattro volte il suo punteggio, stabilendo un record assoluto.

 

Sul campo, invece, la caratteristica principale di Michel era di far correre la palla e i compagni di squadra ma non certo se stesso. Già, perché di corsa Platini ne aveva davvero poca: annoiato e svogliato, Le Roi non vedeva di buon occhio il lavoro fisico e di certo non amava la vita da atleta. A una domanda precisa dell’allora presidente della Juventus, Gianni Agnelli, che lo aveva visto fumare durante l’intervallo di una partita, Platini rispose: “Avvocato, l'importante è che non fumi Bonini, è lui quello che deve correre. Io sono Platini.”

 

Nato a Joeuf il 26 giugno del 1955, trascorse la giovinezza (calcisticamente parlando) nel Nancy, per poi approdare al S. Etienne. Qui, nel 1981, assaporerà la prima vittoria, riuscendo a vincere il campionato francese in scioltezza. Nel 1982, a ventisette anni, Platini decise di fare il salto di qualità e di uscire fuori da un campionato minore come quello francese. La Juventus, sempre attenta nell’acquisire giocatori di qualità, si aggiudicò il suo cartellino per una cifra irrisoria, tant’è vero che fu lo stesso Agnelli a dire di aver acquistato Platini per un tozzo di pane. Durante la sua prima annata, Le Roi cercò di adattarsi nel minor tempo possibile ai ritmi frenetici e alle enormi pressioni del campionato italiano: l’invadenza della stampa, l’eccessivo calore dei tifosi, tanto per fare qualche esempio. Oltre a questo ci fu lo spazio anche per la prima, cocente delusione. La Juventus, nell’annata ’82/83 perse la finale di Coppa dei Campioni contro l’Amburgo per colpa di un incredibile goal di Magath.

 

Tutto sembrò volgere al peggio per il francese Platini ma, in realtà, gli anni migliori per Le Roi non erano che alle porte. L’annata 1983/1984 fu colma di trionfi per la Juventus che si aggiudicò il campionato finendo davanti alla temibile Roma di Nils Liedholm e vinse la Coppa delle Coppe; per il francese invece, arrivò la nomina di capocannoniere delle serie A, essendo riuscito a siglare ben venti reti. Nell’estate di quello stesso anno la Francia ospitò l’Europeo e il centrocampista della Juventus, fresco di Pallone d’Oro, ne fu a tutti gli effetti la punta di diamante. Incredibilmente la Francia, sostenuta dal suo pubblico e con un Platini in stato di grazia, riuscì a vincere il torneo battendo in finale la Spagna con reti di Bellone e dello stesso Platini.

 

Per Michel è la consacrazione mondiale, che però non è destinata a fermarsi lì ma a continuare per qualche tempo ancora. L’anno successivo, infatti, La Juventus riuscì a riscattare un campionato davvero pessimo (finì addirittura al sesto posto) vincendo finalmente la Coppa dei Campioni. La vittoria per 1-0 contro il Liverpool (rete di Platini su rigore, ancora lui) fu però oscurata dall’immane tragedia che quel giorno accadde allo stadio Heysel, in Belgio: per colpa della frangia più estremista del tifo inglese, i cosiddetti hooligans, persero la vita ben trentanove persone di cui trentadue italiani, senza contare i 600 e più feriti. La Juventus e lo stesso Platini furono aspramente criticati per aver festeggiato ugualmente la vittoria, anche se, bisogna ammetterlo, gran parte della squadra juventina si disse contraria a giocare ma fu costretta a farlo dai vertici superiori.

 

Rinfrancato da una simile affermazione internazionale, Le Roi iniziò ad avere la pancia piena e a non sentire più quella fame di vittorie che tanto lo aveva contraddistinto negli anni precedenti. Così, nell’ultima stagione da professionista, Platini spremette tutte le sue forze per raggiungere l’ultimo trofeo che ancora gli mancava prima di chiudere col calcio: la Coppa Intercontinentale. Vi riuscì nel 1986, battendo gli inglesi dell’Everton per 1-0 e dopo la Coppa dei Campioni e l’Europeo con la nazionale il suo percorso poté dirsi concluso nel 1987, l’anno del suo ritiro.

 

Non essendo sorretto più da una condizione fisica adeguata e oramai sazio di vittorie, Platini decise di smettere con il calcio giocato. Una volta appesi gli scarpini al chiodo divenne allenatore della nazionale francese con cui inanellò un risultato negativo dopo l’altro: la Francia non riuscì a qualificarsi per gli europei dell’88 e del ’92 e nemmeno per il mondiale del ’90. Deluso quindi per il fallimento della sua carriera di allenatore decise di buttarsi nella “politica calcistica”. Nel 1998 fu tra i componenti del Comitato organizzativo dei mondiali di Francia, dopodiché ricoprì la carica di Vicepresidente della Federazione Francese di Calcio e, infine, nel 2007 fu eletto presidente dell’UEFA. In questa veste fu oggetto di numerose polemiche, la maggiore delle quali fu il suo deciso ostruzionismo all’inserimento della moviola in campo, richiesta dai più in favore di un gioco pulito e non più falsato dagli errori arbitrali. A precisa domanda Platini rispose di preferire un gioco più “umano” a dispetto delle moderne tecnologie e che, nel limite delle possibile, avrebbe provveduto a risolvere il problema addestrando meglio la classe arbitrale.

 

Che la sua proposta sia veramente la soluzione a tutti i mali del calcio o un inutile palliativo?



 

 

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