[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 215 / NOVEMBRE 2025 (CCXLVI)


arte

PITTURA DELLA SOCIALITÀ

L’ARTE DELLA CONDIVISIONE
di Fabrizio Mastio

 

Tra i temi più ricorrenti nelle rappresentazioni pittoriche risaltano le scene di convivio. Non costituiscono soltanto un motivo artistico, ma il riverbero di uno stile di vita che, attraverso l’estetica, rivela significati più profondi. Nei poemi omerici il banchetto diventa spazio epico, dove la successiva teorizzazione dell’animale sociale di Aristotele si misura con il dualismo del kalos e del kakos, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto: un Giano bifronte che svela la complessità delle relazioni umane e la loro cosmologia emozionale.

 

Ed è nell’Odissea che emerge il significato di una socialità nelle sue diverse forme: quella adorna della sacra ospitalità offerta da Alcinoo, re dei Feaci, a Odisseo nell’aiutarlo a far rientro a Itaca. Il banchetto non è esclusivamente l’offerta di cibo accompagnata dal melodico canto della cetra, ma condivisione emotiva e attività sportive come lotta, corsa e salto. Così Odisseo, commosso dall’accoglienza riservatagli in un momento in cui la mancanza della patria natia diviene necessità di riassaporare le proprie origini, si ritrova a udire le parole di Alcinoo: “Ascoltatemi, o capi e principi dei Feaci, abbiamo già soddisfatto la voglia d’un pranzo adeguato e della cetra, che è compagna dei ricchi banchetti, ma andiamo ora fuori e cimentiamoci in tutte le gare, perché possa poi l’ospite raccontare ai suoi cari, tornato a casa, di quanto sugli altri eccelliamo nel pugilato, e la lotta e nella corsa e nel salto” (Odissea, Canto VIII, vv. 97-103).

 

Nel poema è nell’assenza dell’eroe dal lare domestico che emerge la convivenza come sopruso e rovesciamento degli antichi ideali di ospitalità della Grecia antica: i Proci che dilapidano i beni di Odisseo, che insidiano la moglie Penelope, venendo meno ai più elementari principi morali riconosciuti dalla civiltà di appartenenza. Omero nel Canto ventiduesimo, nel descrivere con toni drammatici e cruenti la vendetta di Odisseo, condanna l’empietà degli usurpatori, in una narrazione quasi dicotomica tra il valore di Alcinoo e il disvalore di Antinoo. Così Omero ne evoca la tragicità attraverso le parole di Odisseo: “Cani, voi pensavate ch’io a casa non più ritornassi dalla terra dei Teucri, e dilapidavate i miei beni, accanto alle mie schiave per forza vi giacevate e facevate la corte a mia moglie, essendo io vivo, senza temere gli dei che stanno nel cielo infinito, ne che degli uomini qualche vendetta potesse poi esserci. Adesso tutti voi siete avvinti da lacci di morte” (Canto XXII, vv. 35-41 ).

 

Se l’epica descrive i diversi significati della condivisione, è ancora una volta nell’arte che è possibile cogliere momenti di socialità quali espressione di un’estetica dell’interazione. Si può scegliere di percorrere un itinerario sociologico attraverso la pittura di genere di Pieter Bruegel Il Vecchio, il naturalismo di Caravaggio, il ritrattismo gioioso di Pierre-Auguste Renoir e il silenzio alienante di Edward Hopper.

 

Socialità e festa

 

Pieter Bruegel il Vecchio (Breda, 1525/1530 circa - Bruxelles, 5 settembre 1569), con Banchetto nuziale (1568 circa), uno dei suoi ultimi dipinti prima di morire, olio su tavola (114x164 cm) custodito presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna, raffigura una scena di ambientazione rurale, tipica della pittura fiamminga del Cinquecento.

 

Eppure, l’artista rappresenta il mondo contadino senza idillio, descrivendone anche vizi e deformazione fisica e morale. La sua pittura è evocazione di geografie umane attraversate dai contrasti di luoghi destinati comunque a una serafica convivenza. Il Banchetto nuziale presenta la decurtazione di una striscia di 5 cm nella parte inferiore della tavola, ragione per cui data e firma non sono visibili. All’opera vengono così restituite le dimensioni di un altro dipinto di una serie incentrata sul tema delle nozze, Danza di contadini (1568 circa).

 

La scena si svolge in un granaio o in un pagliaio dove una lunga tavolata imbandita di cibo e bevande accoglie gli invitati alla festa di nozze. Di fronte al drappo verde è rappresentata la sposa, con in testa la corona della festa e al suo fianco i genitori, mentre lo sposo non è facilmente individuabile, in quanto per le tradizioni locali avrebbe dovuto servire ai tavoli. Potrebbe essere la figura sulla sinistra, intenta a versare del vino nella brocca, oppure il capotavola che si volta per prendere uno dei piatti trasportati dagli inservienti.

 

La sposa, con gli occhi chiusi, mostra un’espressione sognante e presenta lunghi capelli bruni cadenti su un vestito scuro da cui si intravede un sottàbito verde. La madre della sposa, seduta alla sua sinistra, porta una cuffia bianca, mentre il padre occupa una sedia dall’alto schienale e indossa vesti da ricco possidente. Barba e capelli bianchi, unitamente alla magrezza del volto, ne rivelano l’anzianità. La foggia del vestire è caratterizzata da un pesante mantello di pelliccia e da un ampio cappello scuro.

 

Secondo alcune interpretazioni storiche, l’uomo sulla destra con vesti scure e spada che conversa col religioso potrebbe essere un autoritratto dello stesso Bruegel. All’ingresso del granaio emerge il flusso di invitati, tra i quali molte donne. L’unica figura animale è rappresentata da un cane che si affaccia dalla parte inferiore della tavolata.

 

Il convivio vede la presenza di suonatori di cornamuse e una bambina con un copricapo in primo piano nell’atto di leccarsi le dita dopo il pasto. Musica, conversazione e prossimità sociale pervadono una scenografia nella quale non esiste distanza, ma vivace interazione che conferisce all’ambientazione dinamismo, pur in un contesto chiuso e privo persino di vedute esterne. La cromaticità dell’opera vede l’utilizzo del colore ocra giallo, rosso e blu di Prussia, in un contrasto in cui la luminosità viene resa col bianco di cuffie e grembiuli variamente distribuiti fra i commensali.

 

La scena sembra condurre lo sguardo dell’osservatore verso l’ingresso, attribuendo profondità all’inquadratura rettangolare che si sviluppa lungo la diagonale tracciata dalla parte destra della tavola. Il dipinto raffigura la semplicità e il clima festoso del mondo contadino. Armonia, ospitalità e ritualità animano una cerimonia in cui parole e musica risuonano come note estetiche di un piacevole simposio.

 

Socialità e inganno

 

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 - Porto Ercole 18 luglio 1610), maestro del naturalismo, si distinse per una pittura in cui i modelli non erano disegni, come d’uso all’epoca, ma figure umane in carne e ossa, incontrate nelle appartate osterie romane o in qualche buio vicolo di Napoli.

Tra i dipinti di epoca giovanile, I bari (1597), olio su tela (94,2 x 130,9 cm), custodito presso il Kimbell Art Museum, a Fort Worth, proveniente dalla collezione del Cardinale Francesco Maria del Monte che includeva anche la Buona ventura (1597) e altre opere dell’artista, evoca una vera e propria pièce teatrale sul tema dell’ingenuità ingannata.

 

In una sala parzialmente illuminata tre figure interagiscono sul palco del raggiro.

Un giovane in abiti scuri e sobri legge le carte che ha in mano, durante una partita di quella che verosimilmente è stata identificata con la primiera, gioco di carte antenato del poker, mentre altri due uomini, disposti, uno a fianco della vittima e l’altro frontalmente, mettono in atto la frode.

 

L’uomo di fianco rispetto al giovane ingenuo ne legge le carte e indica con la mano destra il numero della carta al compare che, posto frontalmente rispetto al giovane, tiene la mano sinistra appoggiata sul tavolo e la destra dietro la schiena, pronta a estrarre la carta fraudolenta. La scena si svolge in una delle taverne romane abitualmente frequentate da Caravaggio. Sul tavolo da gioco spicca una scatola di backgammon sporgente nel vuoto, una tecnica utilizzata dall’artista per coinvolgere l’osservatore nella raffigurazione attraverso la creazione di un ponte tra spazio dipinto e spazio reale.

 

Nella rappresentazione risalta il contrasto tra i tratti nobili e la foggia del vestire del giovane ingenuo e gli abiti dai colori sgargianti dei truffatori che indossano anche vistosi copricapi piumati. L’uomo a fianco del giovane porta un guanto consunto per poter individuare meglio le carte segnate.

 

La tela pare immergere lo spettatore nel trambusto della taverna, in un’atmosfera avvolta da brusio, fruscio delle carte e tintinnio dei bicchieri in una dimensione olfattiva del contesto. Mentre lo sguardo innocente del giovane si posa quasi timidamente sul suo mazzo di carte, l’uomo al suo fianco fissa lo stesso con occhi attenti, quasi voraci e il baro sembra attendere il momento in cui estrarre la carta truccata per mettere in atto l’inganno.

 

La psicologia dei protagonisti viene espressa con estrema cura del dettaglio.

Il quadro si inserisce in un contesto storico di condanna del gioco d’azzardo, causa di frequenti risse, con un editto per proibire i giochi di carte e dadi emanato da Papa Sisto V. Luci e ombre dipingono antiteticamente moralità e inganno, ingenuità e astuzia, ma soprattutto la resa di ciò che Caravaggio vede: un ritratto della realtà nella sua nudità.

 

Socialità e tempo libero

 

Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 25 febbraio 1841 - Cagnes-sur-Mer, 3 dicembre 1919), uno dei massimi interpreti dell’Impressionismo, dal destino artistico indissolubilmente legato a quello di Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 19 gennaio 1839 - Aix-en Provence, 22 ottobre 1906), adotta uno stilema caratterizzato da levità e armonia.

 

Proprio come Cézanne, Renoir esplora un itinerario artistico al di là della categoria del paesaggio e della natura morta, non rassegnandosi alla dissoluzione delle forme, ma dedicandosi alla ricerca delle strutture della linea e del modellato, senza perdere interesse per la figura umana. Si è discusso, a tal proposito, di crisi dell’Impressionismo, intesa come volontà di rappresentazione meno volatile, con una maggior attenzione rivolta all’ordine compositivo, senza rinunciare alle conquiste della corrente artistica di riferimento.

 

Un’opera del maestro francese che mette al centro l’essere umano come attore sociale è La colazione dei canottieri (1880-81), olio su tela (130,2 x 175,6 cm), custodita presso il Phillips Collection, a Washington, DC, USA. Lo sfondo del dipinto è costituito da uno dei numerosi ponti ferroviari costruiti alla fine dell’Ottocento dal governo francese, simbolo della modernità che favorì la mobilità dei parigini dalla metropoli verso le campagne durante il tempo libero.

 

Nel dipinto non c’è il mondo contadino e la sua fatica, ma lo spaccato sociale della Parigi di fine Ottocento, dall’abbiente borghesia ai ceti più umili: un gruppo di amici intenti a godersi una tranquilla giornata assolata in riva alla Senna. Sul fiume si intravedono bianche imbarcazioni percorrerne le placide acque. Un tendone rigato sormonta la terrazza, popolata dalla comitiva. In primo piano, un uomo in piedi con copricapo giallo scruta il lato opposto della scena. La donna, seduta in basso a sinistra intrattiene il proprio cagnolino, mentre il canottiere seduto a destra la fissa. Un’altra donna dialoga con l’uomo in piedi accanto a lei nella cornice della tavola apparecchiata con piatti e posate, bottiglie e calici e la natura morta.

 

Sullo sfondo altri due gruppi di amici conversano amabilmente in uno scenario dove ognuno pare avere qualcosa da dire e il non detto diviene silenziosa complicità. L’impiego di colori vivaci e tonalità calde cattura la luce proveniente dal tendone, conferendo alle figure una sensazione di movimento attraverso pennellate libere. La cromaticità attraversa l’opera in maniera uniforme, con una distribuzione equilibrata dei colori primari, presenti nel giallo dei capelli, nel blu delle vesti e nel rosso degli accessori femminili. La natura morta sul tavolo viene invece raffigurata con strati più densi di colore.

 

La composizione rivela un approccio quasi fotografico: i soggetti del quadro paiono inconsapevoli di essere osservati e ciò rende la scena realistica e naturale. La particolarità del dipinto si palesa nel significato universale di una socialità condivisa, coeva alla condivisione di differenti generi stilistici: ritratto, paesaggio e natura morta si compenetrano rendendo l’arte di Renoir espressione di modernità classica.

 

Socialità apparente

 

Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 - New York, 15 maggio 1967) manifesta il lato oscuro della socialità, almeno secondo alcune interpretazioni.

Esponente del realismo americano, l’artista evoca la dimensione intima di un’umanità contrassegnata da un’interiorità complessa. Nelle sue opere non c’è risposta, ma la rappresentazione di un’esistenza dalla quale, talvolta, traspaiono assenza e alienazione.

 

Un esempio di questa possibile chiave di lettura è rinvenibile in Gente al sole (1960), olio su tela (153 x 102 cm), custodito presso lo Smithsonian American Art Museum di Washington. Il dipinto raffigura una scena all’aperto ambientata sulla terrazza di un hotel, dove due donne e tre uomini si ritrovano seduti di fronte al sole che inonda di luce l’intera tela.

 

Le persone portano abiti eleganti, dal taglio formale, poco adatti al momento descritto e in ciò è verosimile ipotizzare una voluta resa ironica della scena. Le figure osservano il sole, tranne l’uomo sulla sinistra, concentrato nella lettura di un libro. L’orizzonte si perde verso un gruppo di colline, oltre un vasto campo di color giallo ocra, presente anche negli infissi dell’edificio. La cromaticità fredda si alterna a quella calda presente nel campo e in alcuni dettagli, come il foulard rosso portato dalla signora, al centro della rappresentazione. Fasce di colore si sovrappongono orizzontalmente verso il vertice in una scenografia che vede un’ampia sezione dedicata alla rappresentazione del paesaggio e un primo piano, collocato nel quadrante inferiore a sinistra, dedicato alla dimensione umana dell’opera.

 

Cielo e terra occupano una porzione rilevante della tela, mentre la proiezione delle ombre da destra a sinistra accentuano l’impatto della luce naturale. La forma rettangolare del dipinto permette un’armonica distribuzione dei vari elementi nella raffigurazione che pare suddivisa in una componente architettonica a sinistra e una paesaggistica a destra.

Nel panorama non emerge interazione, emotività o dialogo. La stessa luce non è atmosferica, non riempie l’aria: illumina ma non scalda.

 

Ogni protagonista pare osservare la propria solitudine: non c’è comunicazione, ma condivisione dell’assenza. Forse si è spettatori di un’attesa in cui ognuno vede innanzi a sé il proprio deserto dei Tartari.

 

I significati della socialità

 

La pittura descrive un’estetica della convivenza nelle sue sfaccettature, con lo svelamento dei possibili scenari della condivisione attraverso la narrazione della complessità delle interazioni umane.

 

Nei dipinti citati la socialità diviene manifestazione di gioia e ritualità, di necessità e piacere, oppure di inganno e incomunicabilità: non c’è astrazione, ma immagine del reale. Nel Simposio di Platone è possibile trovare una sintesi filosofica sul concetto di socialità. L’opera tratta in realtà dell’amore, secondo i canoni della cultura greca dell’epoca, rinvenendosi in essa un riferimento alla composizione armonica degli opposti e di ricerca che anela alla conoscenza e alla verità. Proprio il Simposio assume la forma del dialogo in un clima di festa con canti e musica, una traduzione impropria di banchetto, che assurgeva in realtà a rito dall’alto valore sociale e culturale contraddistinto dall’ideale greco della “mesótes” (il giusto equilibrio).

 

Una visione più contemporanea della socialità è invece ascrivibile alla società liquida di Zygmunt Bauman, che si avvicina all’espressione artistica di Hopper nel raffigurare la fugacità dell’attuale condizione esistenziale, caratterizzata dalla precarietà dei rapporti umani e da una socialità rarefatta. Così, ogni essere umano, nell’ammirare un dipinto o nel leggere l’opera di un filosofo, compie intrinsecamente un gesto di profonda socialità.

 

 

Riferimenti bibliografici e iconografici:

 

Gombrich E.H., La storia dell’arte, Phaidon, 2008.

Farthing S., Arte. La storia completa, Atlante Srl, Valsamoggia (Bo), 2018.

Farthing, S., 1001 dipinti. Una guida completa ai capolavori della pittura, Atlante Srl, Valsamoggia (BO), 2021.

Sciolla G.C., Studiare l’arte. Metodo, analisi e interpretazione delle opere e degli artisti, UTET, De Agostini Editore SpA, Milano, 2025.

Arpino G., Allegretti P., Brueghel, Skira Masters, Skira Editore, Milano, 2015.

Vodret R., Caravaggio 1571-1610, Silvana Editoriale S.p.A., Cinisello Balsamo (Mi), 2021.

Mettais V., Renoir, Coffret l’essentiel, Éditions Hazan, 2023.

AA.VV., Cézanne/Renoir, Skira editore, Milano, 2024.

Pontiggia E., Aquino L., Hopper, Skira Masters, Skira Editore, Milano, 2016.

Strand M.,Edward Hopper, Donzelli editore S.r.l., Pomezia (Roma), 2016.

Omero, Iliade - Odissea, Newton Compton editori s.r.l, Roma, 2021.

Platone, Simposio, Edizione speciale su licenza per Corriere della Sera, 2012 RCS MediaGroup S.p.A. / 1986-2012 RCS Libri S.p.A., Milano.

 

Banchetto nuziale - P. Bruegel il Vecchio: https://it.wikipedia.org/wiki/Banchetto_nuziale#/media/File:Pieter_Bruegel_d._%C3%84._011.jpg

 

I bari - Caravaggio:

https://it.wikipedia.org/wiki/I_bari#/media/File:The_Cardsharps_by_Caravaggio.jpg

 

La colazione dei canottieri - Renoir:

https://it.wikipedia.org/wiki/La_colazione_dei_canottieri#/media/File:Pierre-Auguste_Renoir_-_Luncheon_of_the_Boating_Party_-_Google_Art_Project.jpg

 

Gente al sole - E. Hopper:

https://americanart.si.edu/artwork/people-sun-10762

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]