Pittura degli elementi
Turner, Ajvazovskij e Hokusai tra
cielo, mare ed eternità
di Fabrizio
Mastio
Un
itinerario artistico percorribile
fra le pieghe temporali del XIX
secolo può portare alla scoperta
della rappresentazione pittorica di
elementi naturali quali terra, acqua
e aria, in una dimensione sensoriale
ed escatologica. Il percorso non ha
una destinazione finale, ma tappe,
da Occidente a Oriente o viceversa,
in una linea disegnata su tela:
dall’Inghilterra romantica di
Joseph
Mallord William Turner
(Londra, 23 aprile 1775 - Chelsea,
19 dicembre 1851), passando per la
Russia zarista di Ivan
Konstantinovič Ajvazovskij
(Feodosia, 17 luglio 1817 -
Feodosia, 5 maggio 1900), fino al
Giappone isolazionista di
Katsushika Hokusai (Edo, ottobre
o novembre 1760 - Edo, 10 maggio
1849), in un trittico ideale di
pittura atmosferica, tellurica e
metafisica.
Nei tre pittori è possibile
esplorare un tragitto artistico
basato sulla visione dicotomica
Occidente-Oriente, costituita da una
componente apollinea e dionisiaca,
in un’analisi scevra da cesure o da
linee di demarcazione nette, ma
caratterizzata da una polarità
archetipica e simbolica che pervade
in modo costante l’intera umanità e
ogni singolo individuo nella propria
interiorità. In ognuno dei tre
autori è presente un nodo di Gordio
da sciogliere.
Turner e la pittura atmosferica
William Turner visse
nell’Inghilterra del periodo
compreso tra il Romanticismo e
l’epoca vittoriana: una fase di
transizione caratterizzata
dall’avvento
dell’industrializzazione e da
rilevanti mutamenti socio-economici,
con una profonda rivalutazione del
rapporto fra uomo e natura.
Tra le opere del celebre artista
inglese, Pioggia, vapore e
velocità (olio su tela di 91
× 122 cm), realizzato nel 1844 e
custodito alla National Gallery di
Londra, rappresenta a pieno titolo
il rapporto complesso fra l’uomo
dell’epoca e la natura, in una
compenetrazione tra dimensione
artificiale, elementi fisici e
atmosferici.

Il dipinto, pre-impressionista nella
raffigurazione di un paesaggio en
plein air, può essere suddiviso
orizzontalmente in due parti. La
parte superiore presenta una grana
morbida nei toni del giallo, con
estese zone di un bianco luminoso,
spezzate da sfumature grigiazzurre,
in un’alternanza che pare conferire
una vorticosa dinamicità.
Nella parte inferiore dell’opera
prevale un’astrattezza compensata da
chiari elementi urbanistici, come il
ponte ad archi sulla sinistra, una
piccola barca sul Tamigi e il ponte
ferroviario sul quale un treno
sfreccia verso l’osservatore. Vapore
e pioggia precipitano in un
abbraccio indistinto, mentre la
velocità di una locomotiva, simbolo
del progresso ottocentesco, squarcia
il tempo e lo spazio.
Nel dipinto è presente la forza
della natura e la potenza
industriale, la storia che va
incontro all’essere umano,
simboleggiata dal treno in corsa che
avanza verso lo spettatore.
L’atmosfera presenta un aspetto
pulviscolare: è densa,
significativa, in costante movimento
e, dalla cromaticità vibrante del
cielo, emerge appieno
l’imprevedibilità della natura,
mentre dal ferro delle rotaie
irrompe la razionalità del
progresso.
Nonostante nel dipinto siano
presenti elementi architettonici e
manufatti industriali, la natura, e
in questo traspare appieno la
tensione verso l’infinito, sembra
sovrastare la scena, anche
attraverso la rappresentazione della
morbidezza di luce e colori in
contrapposizione alla solidità
ferrosa.
Turner è apollineo nell’ordine
compositivo e nella rappresentazione
della luce come un elemento di
equilibrio, seppur dinamico. È
dionisiaco nel dipingere la
dissoluzione delle forme nella luce
e nel colore. Il pittore inglese
manifesta magnificamente la sua
concezione artistica, grandiosamente
visionaria nella rappresentazione
lucente e abbagliante tramite le sue
pennellate, ma mai pregna di
armonica quiete, bensì di tumultuosa
dinamicità.
Ajvazovskij e la pittura tellurica
Ivan K. Ajvazovskij condivide con
Turner la pittura di paesaggi
marini, oggetto principale della sua
produzione artistica. Visse nella
Russia degli Zar e la sua opera
venne particolarmente apprezzata
dalle corti imperiali. Il pittore
russo, dotato di spirito vulcanico e
carattere riservato, viaggiò in
Europa, Turchia e Asia Minore,
lasciando in eredità un numero
cospicuo di dipinti.
L’opera che, tra le altre, trasmette
la sua concezione artistica è
La nona onda (olio su tela
di 22 × 33 cm), realizzato nel 1850
e custodito nel Russian Museum di
San Pietroburgo. Il dipinto ritrae
la scena successiva a un naufragio
in mare aperto, dove un gruppo di
sopravvissuti resta aggrappato ai
resti dell’albero maestro del
relitto, simbolicamente la residua
speranza di vita.

Nella pregevole rappresentazione è
svelato il sublime romantico,
rinvenibile nei gesti imploranti dei
naufraghi di fronte alla feroce
violenza della nona onda, quasi in
ascesa verticale verso il cielo
ambrato dell’alba. La nona onda, la
più nefasta e violenta secondo
ancestrali tradizioni marinaresche,
sembra manifestarsi in tutta la sua
furia sui fragili resti di
un’umanità che cerca di resistere
alla tempesta e vede nella luce
tiepida del sole nascente una
speranza di sopravvivenza.
Il gruppo di naufraghi sembra
allineato verticalmente con la
cresta dell’onda schiumante rabbia.
Il naufrago con il braccio alzato e
un drappo rosso in mano sembra
indicare l’onda e, nell’opera, si
rinviene una struttura piramidale,
topos presente, peraltro, anche in
altre opere romantiche, come nella
Zattera della Medusa (1819) di
Théodore Géricault e nella
Libertà che guida il popolo
(1830) di Eugène Delacroix.
Stilisticamente, il dipinto esprime
la luce eterea con tonalità di
giallo nella sezione superiore e
l’oscurità dell’abisso con tonalità
scure nella parte inferiore, a
testimonianza del dualismo degli
elementi: la ferocia inarrestabile
dell’acqua e lo spirito di
resilienza dell’uomo, che si piega
ma non si spezza. Le creste delle
onde, di colore verde chiaro,
assumono un aspetto cromatico viola
scuro nelle profondità marine,
esplicitando in modo evidente la
natura contrastante degli elementi.
Ajvazovskij esprime una visione
monumentale e drammatica del mare. È
apollineo nel dipingere con cura dei
dettagli, quasi accademicamente, il
mare e i suoi protagonisti, con una
chiara volontà di dominio sulla
rappresentazione. È dionisiaco
nell’esaltare la forza tellurica e
bruta della natura, in una
dimensione primordiale. L’albero
maestro, alla deriva fra le acque
tempestose, rappresenta un
crocifisso: un’ancora di salvezza e
speranza per l’essere umano di
fronte alla rovina imminente.
Hokusai e la pittura metafisica
Katsushika Hokusai visse in Giappone
nel periodo Edo (1603-1868),
un’epoca contrassegnata da pace e
stabilità e dall’affermazione di un
sistema politico e sociale
gerarchico che ha influenzato anche
l’arte e la cultura. Il Paese si
caratterizzò per l’isolazionismo,
che sembra contraddire
l’apprezzamento riscosso dalle opere
di Hokusai nel mondo.
L’artista nipponico, pur dedito alle
stampe ukiyo-e, è riuscito a
trasmettere con originalità e
unicità un’arte spirituale, in una
visione mistica e metafisica di vita
e natura. Noto per la serie Le 36
vedute del Monte Fuji, composta in
realtà da 46 stampe e intrisa di
sacralità, è ne La grande onda
di Kanagawa (xilografia
policroma di 25,7 × 37,9 cm), in
stile ukiyo-e, risalente al
1830/1831 circa, che è possibile
rinvenire la sintesi del suo
pensiero artistico, intriso di
equilibrio fluttuante e
spiritualità.

L’opera, leggibile da sinistra a
destra o viceversa secondo l’uso
orientale, diviene raffigurazione
della fragilità umana davanti
all’immanenza della natura. Tre
piccole imbarcazioni, durante il
rientro verso il porto dopo la pesca
in mare aperto, s’imbattono
nell’imponenza della grande onda.
Se osservato da sinistra, il dipinto
diviene interpretazione dell’onda
che, brutalmente, si accanisce sui
fragili destini umani. Se osservato
da destra, lo stesso assurge a
manifestazione di un ruolo attivo
dell’uomo, che affronta il fato
andando incontro all’abbraccio
tentacolare delle onde.
C’è vita nelle onde, con la cresta
congelata all’apice dell’altezza
prima della catastrofica caduta
sulle barche. I picchi dell’acqua,
somiglianti ad artigli che stanno
per ghermire fragili vite, assumono
quasi un aspetto teriomorfico, nel
fragore dell’onda che contrasta con
la serenità emanata dal Monte Fuji
sullo sfondo.
La schiuma cadente sul mare si
trasforma in neve cadente sulla cima
innevata della montagna, in una
sinfonia della natura che manifesta
melodicamente il tuonare delle onde
marine e la liricità del lieve
nevischio: mare e terra, ciclicità
dell’esistenza in una danza di calma
apparente.
Il mutamento traspare anche nel
sottile cambio di colore del cielo,
generante un incombente effetto
atmosferico intorno al Monte Fuji,
ottenuto eliminando parzialmente il
colore dal blocco di legno prima
della stampa con la tecnica bokashi.
Hokusai è apollineo nel
rappresentare il disegno con
equilibrio, stilizzazione formale e
cura del dettaglio. È dionisiaco nel
dipingere un’immersione nell’energia
vitale delle onde marine, alternata
alla maestosità del Monte Fuji,
irradiante calma interiore e
connessione spirituale.
L’arte non conclude
Così, come le pennellate di Turner
dissolvono la forma nella luce, come
Ajvazovskij trasforma il mare in una
metafora della sfida umana, e come
Hokusai scolpisce l’eternità nelle
onde oceaniche, anche questo
itinerario non trova una risposta
definitiva.
L’arte di questi maestri non disegna
confini, ma apre varchi tra epoche,
sensibilità e tensioni emotive.
Parafrasando Pirandello, non
conclude: si rinnova, si espande e
si disperde fra Apollo e Dionisio,
fra la contemplazione estatica e
l’irrequietezza del divenire, tra le
onde del mare e la sabbia del tempo.
Riferimenti bibliografici:
Gombrich, E.H., La storia
dell’arte, Phaidon, 2008.
Farthing S., Arte. La storia
completa, Atlante Srl,
Valsamoggia (Bo), 2018.
Mazzocca F., Romanticismo, Art e
Dossier, inserto Dossier n°360 -
dicembre 2018, Giunti Editore,
Firenze.
Mettais V., Turner. Coffret l’essentiel,
Éditions Hazan, 2021.
Jünger E. - Schmitt C., Il nodo
di Gordio, Adelphi Edizioni
S.p.A.,Milano 2023.
Sciolla G.C., Studiare l’arte.
Metodo, analisi e interpretazione
delle opere e degli artisti,
UTET, De Agostini Editore, Milano
2025.