[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 154 / OTTOBRE 2020 (CLXXXV)


moderna

SULLA PESTE DEL 1656
GLI EFFETTI DELL'EPIDEMIA NELL’ALTA VALLE DEL VOLTURNO

di Alfredo Incollingo

 

La peste aveva iniziato a flagellare Napoli tra marzo e aprile del 1656. Il paziente zero dell’epidemia era probabilmente un passeggero di una delle tante navi che attraccavano quotidianamente al porto, proveniente dalla Sardegna o dalla Spagna. Lì, infatti, il morbo aveva già causato migliaia di vittime.

 

La peste, scrive la storica Idamaria Fusco, «proveniva da Algeri, in territorio africano, e, prima di raggiungere il suolo napoletano, il male aveva già visitato la Spagna tra il 1647 e il 1648 e la Sardegna nel 1652»

 

Nel giro di pochi giorni le strade di Napoli erano disseminate di cadaveri e di moribon-di abbandonati disperatamente dai loro familiari. Lo scrittore napoletano Nino Leone ha scritto a riguardo che il «terribile flagello coi suoi centocinquantamila cadaveri mise davvero in ginocchio la capitale. Dove non erano riusciti il Vesuvio né l'anno di rivolta, riuscì invece il morbo pestilenziale».

 

Nonostante fosse stato istituito un cordone sanitario intorno alla città per limitare il contagio, molti napoletani erano riusciti a fuggire nelle campagne limitrofe sperando di non contrarre il virus. In realtà, buona parte dei profughi era già infetta o era portatrice sana del morbo, contribuendo inevitabilmente a diffonderlo in tutto il regno. Le autorità sanitarie avevano dichiarato Napoli finalmente libera dalla peste l’8 dicembre 1656, ma nel frattempo l’epidemia si era ormai sviluppata nell’Italia centrale e meridionale.

 

È considerata dagli storici l’ultima grande pestilenza che ha colpito il Mezzogiorno d’Italia. Si sono registrate altre recrudescenze del morbo nel tempo, ma di minore portata nel numero delle vittime e nell’estensione geografica.

 

La Terra di Lavoro era stata la prima provincia napoletana ad essere colpita dalla peste tra i mesi di maggio e giugno del 1656. Gli ultimi contagi, invece, erano stati segnalati due anni dopo, a febbraio del 1658. In totale, si è stimato che quasi la metà degli abitanti del Regno di Napoli era deceduta a causa della peste. L’Alta Valle del Volturno, nonostante fosse un’area piuttosto pe-riferica della provincia di Terra di Lavoro, non era stata risparmiata dall’epidemia.

 

Secondo la Descrittione del Regno di Napoli diuiso in dodeci provincie (1671), scritto da più autori, si era registrata una netta flessione del numero delle famiglie residenti nell’Alta Valle del Volturno. Ciò emergeva confrontando due «numerazioni dei fuochi fatte d’ordine Regio» nel 1652 e nel 1670.

 

Si riportano tra due parentesi tonde i dati demografici relativi ai borghi volturnensi di nostro interesse. I numeri a sinistra indicano i nuclei familiari censiti nel 1652, mentre quelli a destra le famiglie registrate nel 1670. La freccia tra le cifre, invece, sta a segnalare il calo demografico causato dalla peste.

 

I paesi maggiormente colpiti dal morbo erano Castel San Vincenzo (83 à 40), Colli a Volturno (86 à 69), Pizzone (74 à 48), Rocchetta a Volturno (97 à 38) e Scapoli (114 à 66). La popolazione di questi borghi era stata dimezzata o, addirittura, erano stati parzialmente spopolati dalla peste.

 

Altre località, invece, non sembrano aver subito pesanti perdite. A Castelnuovo a Volturno, per esempio, erano state censite 67 famiglie nel 1652, mentre nel 1670 se ne contavano 62. A Cerro a Volturno, invece, erano state registrate 289 famiglie nella numerazione dei fuochi precedente l’epidemia, mentre nel secondo censimento ne erano state rilevate 272.

 

Il quadro demografico dell’Alta Valle del Volturno delineato dalla Descrittione del Regno di Napoli è certamente poco esaustivo, poiché non si possiedono altre fonti docu-mentarie che possano confermare o meno quanto riportato nel testo. Inoltre, tra la fine dell’epidemia di peste (1658) e la numerazione dei fuochi del 1670 erano trascorsi molti anni. In quel frangente, i paesi potevano aver accolto nuovi abitanti, colmando in parte le perdite umane patite. Di conseguenza, i dati riportati dalla Descrittione del Regno di Napoli potrebbero risultare effettivamente inutili per ricostruzione la demografia dell’Alta Valle del Volturno subito dopo la fine dell’epidemia di peste del 1656.

 

Nuove ricerche archivistiche potrebbero un giorno risolvere questi dubbi e quanto fi-nora descritto può essere il punto di partenza per indagare su pagine di storia poco conosciute dell’antica Terra di Lavoro.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Descrittione del Regno di Napoli diuiso in dodeci provincie, Napoli, Arnaldo Forni Editore, 1671.

I. Fusco, La peste del 1656-58 nel Regno di Napoli: diffusione e mortalità, in «Popolazione e storia», anno III, n. 1, pp. 115-138.

I. Fusco, Il ruolo dei fattori antropici e fisici nella diffusione dell’epidemia di peste del 1656-58 nel Regno di Napoli, in «Popolazione e storia», anno IX, n. 2, pp. 95-113.

N. Leone, La vita quotidiana a Napoli ai tempi di Masaniello, Milano, BUR, 1994.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]