[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 215 / NOVEMBRE 2025 (CCXLVI)


antica

RICORDANDO PERICLE
STORIA DELL’UOMO CHE PLASMÒ LA DEMOCRAZIA ATENIESE
di Alba Indiana

 

Quando si evoca l’antica Grecia, e in particolare il suo momento di massimo splendore nel V secolo a.C., è impossibile non pensare ad Atene. E quando si pensa ad Atene, la figura di Pericle emerge inevitabilmente, maestosa e complessa, al centro della scena. Statista, oratore e stratega, Pericle non fu soltanto un leader politico: fu l’architetto e il motore propulsivo di un esperimento politico senza precedenti, la democrazia radicale. Sotto la sua guida, il “governo del popolo” smise di essere un ideale astratto e divenne la linfa vitale di una città che aspirava a essere un faro di civiltà. Non a caso, il periodo della sua leadership è ricordato come la “età di Pericle”.

 

Prima dell’ascesa periclea, l’idea democratica era stata introdotta da riformatori come Clistene, che alla fine del VI secolo a.C. aveva ridimensionato il potere delle aristocrazie basate sul sangue e sulla ricchezza terriera. Le sue riforme avevano ridisegnato la struttura civica, istituendo tribù territoriali che garantivano una partecipazione più ampia e meno dipendente dai lignaggi. Tuttavia, quella di Clistene restava una democrazia giovane, ancora vulnerabile alle spinte oligarchiche e alle crisi interne.

 

Con l’emergere di Pericle, intorno alla metà del V secolo, l’esperimento democratico trovò il suo più determinato difensore. Egli comprese che la democrazia non si preserva con le sole leggi: va radicata nella società, sostenuta economicamente, alimentata culturalmente. Il suo obiettivo fu chiaro: consolidare la sovranità popolare e disinnescare le ultime resistenze aristocratiche, trasformando la democrazia in un sistema realmente operativo e accessibile.

 

Tra le innovazioni più rivoluzionarie introdotte da Pericle vi fu la misthoforia, il compenso economico destinato ai cittadini che ricoprivano incarichi pubblici. Prima di questa riforma, partecipare attivamente alla vita politica era un privilegio riservato ai più abbienti: i contadini e gli artigiani non potevano permettersi di lasciare il lavoro per giorni senza compromettere la sussistenza della famiglia.

 

La misthoforia abbatté questa barriera. Concedendo un piccolo ma significativo stipendio a chi prestava servizio nei tribunali popolari (heliaia), nell’Assemblea o nel Consiglio, Pericle rese possibile la partecipazione dei cittadini più umili, come i thetes. Non si trattava di una semplice misura assistenziale, ma di un atto politico di straordinaria lungimiranza: la democrazia smetteva di essere un privilegio di classe e diventava un diritto esercitabile da tutti.

 

L’Ekklesia, la Boulé e i tribunali popolari diventarono così istituzioni realmente rappresentative del demos. I principi di isonomia (uguaglianza davanti alla legge) e isegoria (uguale diritto di parola) trovarono la loro piena realizzazione. Pericle aveva compreso che senza strumenti concreti di partecipazione, la democrazia rischiava di essere una semplice facciata.

 

Pericle, tuttavia, non concepiva la democrazia come un mero apparato istituzionale. La vedeva come un progetto culturale totalizzante, capace di riflettersi nella vita quotidiana e nello spazio urbano. Da questa visione nacque il grandioso piano di rinnovamento dell’Acropoli, finanziato anche con i proventi della Lega di Delo, che portò alla costruzione del Partenone, dei Propilei e di altri capolavori.

 

Questi monumenti, spesso criticati dagli avversari come sprechi o come appropriazioni indebite dei tributi degli alleati, avevano un duplice valore. Da un lato celebravano la potenza di Atene, la sua vittoria sui Persiani e la protezione della dea Atena; dall’altro rappresentavano una forma di redistribuzione economica: i cantieri impiegavano migliaia di lavoratori – artigiani, scultori, muratori, carpentieri – creando lavoro e rafforzando il legame tra cittadini e polis.

 

In questo senso, Pericle elevò la bellezza a strumento politico. Atene non era solo governata dai suoi cittadini: era costruita da loro e per loro. La città diventava così un bene comune, un’opera collettiva che incarnava la forza della democrazia.

 

La visione periclea della democrazia trova la sua espressione più alta nell’Epitaffio, il celebre discorso funebre per i caduti del primo anno della Guerra del Peloponneso, riportato da Tucidide. In quelle parole, Pericle tratteggia un modello politico fondato sulla partecipazione, sulla libertà e sulla responsabilità civica: “La nostra costituzione si chiama democrazia perché il potere è nelle mani non di una minoranza, ma dell’intero popolo.”

 

Nel discorso celebra un sistema in cui la povertà non preclude l’accesso alle cariche pubbliche e in cui la libertà individuale convive con il rispetto delle leggi comuni. Il dibattito pubblico, lungi dall’essere considerato un intralcio all’azione, è visto come la condizione necessaria per decidere con saggezza: “Qui ad Atene noi discutiamo le questioni di Stato, ritenendo che la discussione non sia un ostacolo all’azione, ma un presupposto per agire bene.”

 

Queste parole racchiudono l’essenza dell’ideale democratico pericleo: la fiducia nella parola, nella persuasione (peitho) e nella capacità del popolo di autogovernarsi.

 

Celebrare Pericle come campione della democrazia richiede di non ignorarne le contraddizioni. La sua democrazia “radicale” restava infatti un sistema esclusivo, riservato ai maschi adulti nati da due genitori ateniesi dopo la legge del 451 a.C. Donne, schiavi e meteci erano esclusi non solo dal potere politico, ma anche dal concetto stesso di cittadinanza.

 

Inoltre, sebbene le istituzioni ateniesi fossero formalmente democratiche, il predominio politico di Pericle fu così duraturo – fu eletto stratego per oltre quindici anni consecutivi – da indurre alcuni storici moderni a parlare di una sorta di “democrazia guidata”, in cui la figura del leader rivestiva un ruolo quasi carismatico.

 

Malgrado queste ombre, Pericle plasmò la democrazia ateniese nella sua forma più matura e dinamica. Sotto la sua guida, Atene divenne un laboratorio politico senza precedenti, dimostrando che il governo diretto dei cittadini poteva generare una straordinaria fioritura culturale, economica e militare.

 

La lezione più profonda della sua opera è che la democrazia non vive di inerzia: ha bisogno di istituzioni inclusive, di una comunità educata alla partecipazione e di un costante impegno civico. Pericle seppe coniugare idealismo e strategia, visione e pragmatismo, costruendo un modello che, pur lontano dall’essere perfetto, continua ancora oggi a parlare alla nostra idea di società e di libertà.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]