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N. 2 - Febbraio 2008 (XXXIII)

la penna e il pennello

Esperienze verbo-visuali in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento

di Ginevra Bentivoglio

 

La parola è stata da sempre un elemento fondamentale per la sperimentazione dell’avanguardia storica e la sua presenza ha accompagnato ogni significativo cambiamento delle poetiche artistiche del Novecento: per rispondere alla forte necessità di raccontare, parlare, esprimere un concetto non sono più sufficienti la forma e il colore.

 

Con alterne vicende, ora defilata, ora emergente, la scrittura ha attraversato l’arte di tutto il ventesimo secolo e tutt’oggi l’ambiguità della sua relazione con l’immagine, è più che mai al centro dell’interesse anche dei giovani artisti.

 

Le invenzioni del Futurismo, le ‘parole in libertà’ nate, durante il primo e il secondo decennio del Novecento, dalle divagazioni poetiche e dalle dissacrazione letterarie di Filippo Tommaso Marinetti, attribuiscono un nuovo ruolo alla parola scritta e finiscono con l’intrecciarsi, negli anni immediatamente successivi, con la ricerca linguistica e poetica dei Dadaisti – i quali condividono l’idea dell’implicazione diretta e continua tra arte e vita. In Francia tutto ciò diviene terreno di sperimentazione per i Surrealisti che offrono una riflessione più avanzata sulle interrelazioni tra parola, immagine e pensiero, mediante procedimenti di sostituzione, di inversione e di negazione paradossale dell’immagine con la parola.

 

Allo stesso tempo, in Russia, la forma e la composizione della parola hanno un ruolo importante recuperando, nella sperimentazione tipografica di propaganda, le straordinarie premesse dell’avanguardia costruttivista: in questo caso sono in particolare i libri e i manifesti che diventano il luogo privilegiato di questa sperimentazione.

 

Se per gli artisti della poesia concreta, operanti a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, tale indagine metterà in risalto le possibilità compositive e visive offerte dai caratteri tipografici, sarà il fenomeno artistico internazionale di Fluxus a confermare l’interdisciplinarietà dei linguaggi dell’arte: l’arte non è più specifica materialità, ma principalmente idea e pensiero.

 

Le prime sperimentazioni verbovisuali propriamente dette, nate da queste spinte avanguardistiche, fioriscono in Italia intorno agli anni Sessanta: come la Pop Art – che fa il suo ingresso sulla scena europea alla Biennale di Venezia del 1964 - seppure con una posizione più marcatamente concettuale ed ideologica in opposizione al sistema, il movimento si pone in contrasto rispetto alla massificazione culturale operata dai media, con l’intenzione di attivare anche nel pubblico la stessa capacità di critica su una comunicazione divenuta convenzionale. Attraverso l’ironica riutilizzazione di immagini e slogan di vasta circolazione, il significato dell’informazione diffusa dai media è capovolto perseguendo una ritorsione critica nei riguardi dell’ossessionante panorama di segni, simboli e figure della pubblicità: “la merce è respinta al mittente”.

 

Le poetesse visive come Ketty La Rocca, Lucia Marcucci e Mirella Bentivoglio, porteranno avanti una lucida analisi della condizione femminile in Italia evidenziando l’apparente liberazione della donna, ponendo l’accento sulla mercificazione della sua figura e sul ruolo marginale che in realtà riveste all’interno della società. Estrapolando parole e immagini dai rotocalchi femminili, compongono collage, densi di un’ironia malinconica, figlia di un femminismo consapevole.

 

Le linee di ricerca in questa direzione tendono a gettare un ponte tra scrittura e pittura: si tratta di esperimenti intersemiotici, in quanto mettono insieme il modo lineare di leggere il linguaggio e il modo avvolgente di guardare un quadro. Si è parlato di ‘scrittura verbovisiva’ e anche di ‘arte plurisensoriale’, legata alla figura retorica della sinestesia e, più in generale, a un’idea di arte totale capace di mettere in funzione tutte le facoltà dell’uomo. La costituzione, nel 1963, del Gruppo 70 a Firenze - di cui sono fondatori Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti - e del Gruppo 63 a Palermo testimoniano questo fermento e apriranno la strada a ricerche che andranno avanti durante tutti gli anni Settanta.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

R. Barilli, La Neovanguardia italiana, Il Mulino, Bologna 1995, p. 268

L. Vergine, L’arte in trincea. Lessico delle tendenze artistiche 1960-1990, Skira, Milano, 1999

A. Zevi, Peripezie del dopoguerra nell’arte italiana, Einaudi, Torino 2005

La Parola nell’arte. Dal Futurismo ad oggi attraverso le Collezioni del Mart, catalogo della mostra, Rovereto, MART, 10 novembre 2007-6 aprile 2008, Skira, Milano 2007

 



 

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