[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 152 / AGOSTO 2020 (CLXXXIII)


medievale

Pax Mongolica

L'IMPERO MONGOLO E La rinascita dei contatti fra Occidente e Oriente

di Domenico Samela

 

Con la frammentazione in khanati dell’impero mongolo, i territori a esso appartenuti beneficiarono di un periodo di relativa tranquillità e sicurezza, noto con il nome di Pax Mongolica. In questo lasso di tempo si inaugurò una fase di importanti scambi tra Occidente e Oriente, di cui beneficiarono ambo le parti.

 

In Europa si diffusero prodotti di provenienza cinese, quali la carta e le armi da fuoco, mentre nel Gran Khanato trovarono spazio novità tecniche e scientifiche del mondo arabo e persiano, come quelle nel campo dell’astronomia, della medicina e della matematica. Infine, obiettivi diplomatici, strategici e religiosi spinsero alcuni sovrani occidentali a inviare ambasciatori e missionari in Oriente al fine di stabilire relazioni militari, commerciali o religiose con i Mongoli.

 

Al fine di analizzare i principali contatti intercorsi in questo periodo fra i due estremi dell’Eurasia è necessaria una breve digressione sulla dottrina del nestorianesimo. Condannata come eretica dal Concilio di Efeso, i suoi praticanti furono espulsi dai territori associati a Costantinopoli, per poi trovare protezione presso l’Impero Sasanide. Dopo aver riscosso ampi consensi in Mesopotamia e in Persia, la dottrina iniziò a diffondersi anche in India e in Asia centrale, grazie all’opera di conversione dei suoi missionari.

 

Nel 635 un monaco nestoriano, Alopen (VII secolo), giunse nella cinese Chang’an e vi si stabilì permanentemente. Di probabile origine centroasiatica, ottenne il riconoscimento ufficiale della sua religione e fondò un monastero nella capitale della dinastia Tang. Di lì a poco ne sarebbero sorti altri, come quello di Luoyang e quello di Zhouzhi, indice del fatto che la dottrina godeva della tolleranza imperiale. Tale situazione perdurò almeno fino all’845, anno in cui venne lanciata una campagna governativa contro i monasteri buddhisti che coinvolse anche le istituzioni nestoriane.

 

La situazione mutò nuovamente con l’ascesa al potere dei Mongoli, tolleranti dal punto di vista religioso. Qubilai Khan (1215-1295) desiderava profondamente ottenere il supporto e l’assistenza della piccola popolazione nestoriana ancora presente nel regno, al fine di consolidare maggiormente la sua posizione di sovrano della Cina. In questa prospettiva, la presenza del nestorianesimo e la sua conoscenza in Oriente semplificò l’arrivo dei cristiani occidentali.

 

Come espresso in precedenza, la Pax Mongolica garantì scambi sempre più assidui tra Occidente e Oriente. Si trattava di contatti consapevoli, avvenuti tramite sforzi di singoli individui o di piccoli gruppi, perlopiù membri del clero. In questa fase anche prigionieri di guerra, artigiani e inviati diplomatici raggiunsero la Cina e la Mongolia, seppur in minor numero. La loro presenza contribuì a rendere il periodo storico culturalmente ricco.

 

Il primo fra i missionari che si recarono in Oriente fu Giovanni da Pian del Carpine (1182-1252 ca). Con lo scopo di raccogliere informazioni sui Mongoli e di sondare la possibilità di un’alleanza con essi in funzione anti-turca, venne incaricato di recarsi presso la corte del khan dal papa avignonese Innocenzo IV (1195- 1254).

 

Dopo aver accolto Giovanni da Pian del Carpine e aver ricevuto i messaggi del suo mandante, il sovrano mongolo Güyük Khan (1206-1248) ritenne di non esser stato trattato con l’opportuno riguardo. Infatti, gli venne richiesto non solo di evitare l’uccisione di cristiani, ma persino di battezzarsi. Il sovrano mongolo non prese neppure in considerazione tali pretese e dal canto suo, invece, richiese che Innocenzo IV si recasse personalmente al suo cospetto.

 

Nonostante il fallimento diplomatico, il missionario raccolse un’enorme quantità di informazioni di natura geografica e militare e si convinse della possibilità di fondare comunità cristiane presso i Mongoli. Il ricco resoconto di viaggio, l’Historia Mongalorum, venne realizzato da Giovanni da Pian del Carpine al momento del proprio ritorno dalla spedizione. Suddivisa in nove capitoli, l’opera tratta temi quali il territorio, le usanze, la storia e la politica dei Mongoli.

 

Nel 1253 il missionario fiammingo William di Rubruck (1220 ca-1293 ca) venne inviato dal re di Francia Luigi IX (1214-1270) a Karakorum, dove trascorse alcuni mesi, con lo scopo di cercare di convertire Mongoli e Tatari. Anche in questo caso la missione evangelizzatrice fu un fiasco totale, ma quantomeno William di Rubruck riuscì a consegnare a Luigi IX un resoconto di viaggio estremamente preciso e dettagliato, grazie anche alle informazioni fornitegli da Boucher Guillaume (XIII secolo), un abile artigiano francese che venne rapito dai Mongoli durante una scorreria.

 

Deportato a Karakorum, Boucher Guillaume introdusse alcune tecniche di oreficeria presso la corte del khan. Quando William di Rubruck giunse nella capitale mongola, l’aiuto dell’artigiano francese, ai fini della raccolta di informazioni sul luogo, fu preziosissimo. Dal titolo Itinerarium fratris Willielmi de Rubruquis de ordine fratrum Minorum, Galli, Anno gratia 1253 ad partes Orientales, l’opera del missionario fiammingo presenta una descrizione scientifica dell’Asia centrale e mostra le peculiarità delle tribù mongole. Anche in questa circostanza si tratta di un resoconto di viaggio scritto dopo il ritorno del missionario dalla spedizione.

 

Anche i mercanti, soprattutto quelli genovesi e veneziani, si dimostrarono particolarmente interessati all’Estremo Oriente. Relazionarsi con il mondo mongolo risultava infatti essenziale se si intendeva accedere ai mercati delle preziose sete e stoffe. Con lo scopo di recarsi dal khan, Niccolò (1230-1294) e Matteo Polo (1252-1309) lasciarono Venezia nel 1252. Attraversando prima Costantinopoli e in seguito la Crimea, giunsero nel 1265 alla corte di Qubilai Khan.

 

Il sovrano, fortemente intenzionato a consolidare il suo potere, desiderava assicurarsi l’assistenza e il supporto della piccola popolazione nestoriana che abitava il suo impero. Dopo aver accolto con grandi onori i mercanti veneziani, a tal proposito consegnò loro un messaggio ufficiale da recapitare al papa. All’interno di esso si richiedeva l’invio a corte di un corposo numero di dotti cristiani, il cui scopo sarebbe stato quello di guidare i suoi sudditi verso la cristianità.

 

In realtà tale decisione fu mossa da intenzioni strategiche, e non da un sincero interesse verso la religione occidentale. I due mercanti fecero così ritorno in patria, convinti del fatto che si potesse adempiere alla richiesta del khan, ma vennero a conoscenza della morte del papa. Il suo successore, comunque, non si dimostrò affatto intenzionato a soddisfare il desiderio di Qubilai.

 

Nel 1272 la famiglia veneziana intraprese un nuovo lungo viaggio verso l’Asia e questa volta ai due mercanti si aggiunse il giovane Marco (1254-1324), figlio di Niccolò. Nel 1275, percorrendo la Via della Seta, i tre veneziani raggiunsero la Cina e trascorsero oltre due decenni in loco, dove vennero probabilmente impiegati come funzionari di basso livello dall’amministrazione Yuan.

 

Al loro arrivo Qubilai rimase sgomento: nessun dotto cristiano era infatti stato inviato a corte dal papa. A prescindere da ciò, il khan nutriva comunque il desiderio di fare un’ottima impressione sugli occidentali, rappresentanti della cristianità. A conferma di ciò, il più giovane dei Polo rimase molto colpito e, infatti, descrisse Qubilai come il più grande signore mai nato sulla terra.

 

Le cronache della spedizione vennero racchiuse nel celebre Milione, il resoconto che narra i viaggi e la permanenza in Estremo Oriente della famiglia Polo. Poco dopo il ritorno in patria, a seguito di una battaglia navale, Marco venne catturato dai Genovesi. Durante la prigionia conobbe Rustichello da Pisa (XIII secolo), anch’egli incarcerato, il quale si dedicò a trascrivere il resoconto di viaggio.

 

Agli occhi di molti studiosi contemporanei, tuttavia, l’autenticità delle informazioni fornite da Marco Polo è fortemente dubbia. La descrizione poco realistica di alcune città e l’assenza di riferimenti ad alcuni fra gli elementi più caratteristici della Cina, quali la Grande Muraglia, i caratteri cinesi e l’arte della calligrafia, sembrerebbe confermare le ipotesi secondo cui il resoconto di viaggio sia più tendente alla fantasia che alla realtà. Inoltre, la mancata menzione del veneziano nello Yuan Shi, opera storiografica in cui sono elencati numerosissimi ospiti stranieri alla corte mongola, conduce gli storici a trattare il testo con diffidenza.

 

In direzione opposta, risulta di particolare rilievo il viaggio del mongolo Rabban Sauma (1220-1294 ca). Monaco di fede nestoriana originario di Khanbaliq, intraprese un lungo pellegrinaggio verso il Santo Sepolcro con il suo discepolo Rabban Markos (1245-1317). Giunti nei pressi del lago di Urmia e impossibilitati a proseguire verso Gerusalemme a causa di scontri militari, vennero accolti da Abaqa (1234-1282), secondo Ilkhan di Persia. Alla morte di quest’ultimo, suo figlio Arghun (1258-1291) inviò i due monaci in Europa occidentale con lo scopo di formare un’alleanza strategica contro i Mamelucchi musulmani che occupavano il Vicino Oriente.

 

Nonostante gli incontri con papa Onorio IV (1210-1287), Andronico II Paleologo di Bisanzio (1259-1332), Filippo IV di Francia (1268-1314) e Edoardo I d’Inghilterra (1239-1307), le missioni non portarono all’accordo tanto sperato, tuttavia dimostrarono la totale tolleranza religiosa dei Mongoli. Il resoconto del viaggio di Rabban Sauma rappresenta una testimonianza unica: mostra il mondo europeo da occhi esterni.

 

Veri e propri contatti religiosi vennero avviati con l’arrivo del francescano Giovanni da Montecorvino (1247-1330) a Khanbaliq. Come espresso in precedenza, Qubilai khan più volte richiese l’invio di missionari cattolici e questo favorì enormemente l’impulso evangelizzatore. Recatosi nella Persia meridionale, Giovanni da Montecorvino continuò il suo viaggio via mare per poi giungere nella Cina meridionale. Al suo arrivo a corte venne immediatamente informato della morte del sovrano. Fortunatamente, il suo erede Temür Khan (1265-1307) non ostacolò l’avanzata del cristianesimo, né la missione del francescano. Elevato dal papa alla carica di arcivescovo, fece costruire la prima chiesa cattolica a Khanbaliq e visse in Cina sino alla sua morte.

Nel 1318 ebbe inizio il viaggio di Odorico da Pordenone (1286-1331 ca). Giunto a Khanbaliq nel 1325, venne accolto dall’imperatore Yesün Temür Khan (1293-1328). Nel 1328, dopo appena tre anni, il francescano dovette far ritorno in Italia per riferire al papa lo stato delle missioni in Estremo Oriente. Di estrema importanza e preziosità è la sua relazione sul viaggio in Cina.

 

Anche il francescano Giovanni de’ Marignolli (1290-1359 ca) si recò presso la corte Yuan con l’intento di espandere in Oriente il cattolicesimo. Inviato dal papa avignonese Benedetto XII (1285-1342) in risposta a un’ambasciata mongola, il suo viaggio durò dal 1339 al 1357. Questa missione, così come le precedenti, portò alla creazione di piccole comunità cattoliche in alcuni centri dell’Impero Yuan.

 

La Pax Mongolica rappresenta nel complesso un periodo estremamente ricco dal punto di vista culturale. Sotto l’egemonia mongola infatti venne ripristinata la Via della Seta, rimasta impraticabile per gli occidentali sin dall’ascesa degli arabi. Tale avvenimento produsse uno scambio culturale senza precedenti, il quale portò allo sviluppo di numerosi settori, quali medicina, commercio, agricoltura, geografia, astronomia e arte militare.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Bernardini Michele, Guida Donatella, I Mongoli, Einaudi, Torino 2012.

Jean-Paul Roux, Storia dei Turchi, Argo, Lecce 2010.

Herbert Franke, Denis Twitchett, The Cambridge History of China, vol. 6, Alien regimes and border states 907-1368, Cambridge University Press, Cambridge (Mass.) 1994.

Sabattini Mario, Santangelo Paolo, Storia della Cina, Laterza, Bari 2009.

Sabattini Mario, Scarpari Maurizio, La Cina, vol. 2, L’età imperiale dai Tre Regni ai Qing, Einaudi, Torino 2010.

Vogelsang Kai, Cina. Una storia millenaria, Einaudi, Torino 2014.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]