N. 135 - Marzo 2019 
                          
                          (CLXVI)
																						sTORIA DEI PAPI MEDIEVALI FINO ALL'ANNO MILLE
																						PARTE VII - Niccolò I
																						di Vincenzo La Salandra
																						 
																			
																			
																			Niccolò 
																			I 
																			(858-867) 
																			nacque 
																			a 
																			Roma 
																			intorno 
																			all'810/820, 
																			fu 
																			suddiacono 
																			alla 
																			corte 
																			pontificia 
																			di 
																			Sergio 
																			II 
																			(844-847), 
																			godette 
																			successivamente 
																			i 
																			favori 
																			di 
																			Leone 
																			IV 
																			(847-855) 
																			e, 
																			introdotto 
																			al 
																			governo 
																			da 
																			Benedetto 
																			III 
																			(855-858), 
																			gli 
																			succedette 
																			senza 
																			contrasti 
																			e 
																			con 
																			il 
																			favore 
																			dell'imperatore 
																			Ludovico 
																			II, 
																			inaugurando 
																			un 
																			pontificato 
																			sistematicamente 
																			rivolto 
																			al 
																			consolidamento 
																			del 
																			primato 
																			del 
																			papa 
																			su 
																			tutte 
																			le 
																			chiese 
																			e 
																			dell'autorità 
																			pontificia 
																			sui 
																			potentati 
																			laici.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Significativo 
																			in 
																			proposito 
																			fu 
																			il 
																			suo 
																			atteggiamento 
																			nei 
																			confronti 
																			dell'arcivescovo 
																			di 
																			Ravenna 
																			Giovanni 
																			VIII 
																			che, 
																			sostenuto 
																			politicamente 
																			e 
																			militarmente 
																			dal 
																			fratello 
																			Guido 
																			duca 
																			dell'Emilia, 
																			arrogava 
																			in 
																			nome 
																			del 
																			trascorso 
																			prestigio 
																			esarcale 
																			della 
																			città, 
																			un 
																			presunto 
																			diritto 
																			all'autocefalia.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Poiché 
																			questi 
																			usurpava 
																			anche 
																			beni 
																			e 
																			prerogative 
																			della 
																			Chiesa 
																			di 
																			Roma, 
																			Niccolò 
																			I lo 
																			citò 
																			in 
																			giudizio: 
																			e 
																			poiché 
																			Giovanni 
																			VIII 
																			si 
																			appellava 
																			all'imperatore, 
																			Niccolò 
																			lo 
																			scomunicò 
																			nell'861 
																			e, 
																			recatosi 
																			a 
																			Ravenna 
																			di 
																			persona, 
																			lo 
																			costrinse 
																			ad 
																			accettare 
																			il 
																			ripristino 
																			della 
																			gerarchia.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Una 
																			simile 
																			granitica 
																			fermezza 
																			esercitò 
																			con 
																			Incmaro, 
																			arcivescovo 
																			di 
																			Reims, 
																			che 
																			aveva 
																			fatto 
																			scomunicare 
																			e 
																			rinchiudere 
																			in 
																			convento 
																			Rotado, 
																			il 
																			vescovo 
																			di 
																			Soisson 
																			l'anno 
																			861. 
																			E 
																			poiché 
																			Rotado 
																			si 
																			era 
																			appellato 
																			direttamente 
																			a 
																			Noccolò 
																			I, 
																			il 
																			pontefice 
																			convocò 
																			entrambi 
																			a 
																			Roma. 
																			Ma, 
																			poiché 
																			Incmaro 
																			tergiversava, 
																			egli 
																			riassunse 
																			il 
																			giudizio 
																			e 
																			fece 
																			riaccompagnare 
																			Rotado 
																			a 
																			Soisson 
																			da 
																			un 
																			proprio 
																			legato.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			fatto 
																			storico 
																			coincise 
																			con 
																			l'introduzione 
																			dalla 
																			Francia 
																			in 
																			Roma 
																			delle
																			
																			Pseudo-decretali,
																			
																			definite 
																			anche
																			
																			Decretali 
																			psuedo-isidoriane,
																			
																			ovvero 
																			dei 
																			testi 
																			apocrifi 
																			volti 
																			a 
																			confermare 
																			la 
																			supremazia 
																			della 
																			Chiesa 
																			di 
																			Roma 
																			sul 
																			potere 
																			dei 
																			vescovi 
																			locali.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			frattempo 
																			Lotario 
																			II 
																			re 
																			di 
																			Lotaringia 
																			aveva 
																			ripudiato 
																			la 
																			regina 
																			Teutberga 
																			per 
																			sposare 
																			una 
																			sua 
																			favorita, 
																			l'avvenente 
																			Valdrada. 
																			Un 
																			sinodo 
																			convocato 
																			dal 
																			re 
																			ad 
																			Aquisgrana 
																			nell'862 
																			aveva 
																			già 
																			pronunciato 
																			il 
																			divorzio 
																			in 
																			base 
																			a 
																			una 
																			confessione 
																			di 
																			adulterio 
																			incestuoso 
																			estorta 
																			con 
																			la 
																			forza 
																			alla 
																			regina, 
																			allorquando 
																			Niccolò 
																			I 
																			(sollecitato 
																			da 
																			Carlo 
																			II 
																			il 
																			Calvo, 
																			re 
																			di 
																			Francia, 
																			presso 
																			la 
																			cui 
																			corte 
																			Teutberga 
																			si 
																			era 
																			rifugiata) 
																			accolse 
																			il 
																			ricorso 
																			della 
																			regina.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Le 
																			parti 
																			vennero 
																			dunque 
																			riconvocate 
																			davanti 
																			al 
																			sinodo 
																			di 
																			Metz 
																			dell'863, 
																			alla 
																			presenza 
																			di 
																			due 
																			legati 
																			pontifici, 
																			ma 
																			Lotario 
																			riuscì 
																			a 
																			corrompere 
																			il 
																			giudizio 
																			e a 
																			far 
																			confermare 
																			il 
																			divorzio. 
																			Quando 
																			però 
																			gli 
																			arcivescovi 
																			Guntero 
																			di 
																			Colonia 
																			e 
																			Teutgardo 
																			di 
																			Treviri, 
																			convocati 
																			a 
																			Roma, 
																			gliene 
																			motivarono 
																			la 
																			sentenza, 
																			Niccolò 
																			I 
																			riassunse 
																			una 
																			volta 
																			di 
																			più 
																			la 
																			questione, 
																			annullando 
																			le 
																			decisioni 
																			dei 
																			sinodi 
																			precedenti 
																			e 
																			scomunicando 
																			gli 
																			arcivescovi 
																			oltre 
																			allo 
																			stesso 
																			Lotario 
																			(863).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Fronteggiò 
																			poi 
																			con 
																			irriducibile 
																			fermezza 
																			la 
																			ribellione 
																			di 
																			Guntero 
																			e 
																			Teutgardo, 
																			oltre 
																			alla 
																			minaccia 
																			dell'imperatore 
																			Ludovico 
																			II 
																			(fratello 
																			di 
																			Lotario), 
																			giunto 
																			a 
																			Roma 
																			in 
																			armi 
																			dal 
																			beneventano, 
																			dove 
																			era 
																			impegnato 
																			a 
																			combattere 
																			i 
																			musulmani 
																			che 
																			imperversavano 
																			nell'Italia 
																			meridionale.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Poco 
																			felici 
																			furono 
																			le 
																			relazioni 
																			con 
																			Bisanzio, 
																			per 
																			le 
																			quali 
																			si 
																			avvalse 
																			del 
																			tramite 
																			di 
																			Anastasio 
																			Bibliotecario 
																			(antipapa 
																			nell'anno 
																			858 
																			ma 
																			perdonato 
																			e 
																			reintegrato 
																			da 
																			Niccolò 
																			I di 
																			cui 
																			divenne 
																			anche 
																			il 
																			segretario).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			corso 
																			dell'intero 
																			pontificato 
																			si 
																			trovò 
																			a 
																			dover 
																			contendere 
																			con 
																			Fozio, 
																			un 
																			dignitario 
																			laico 
																			investito 
																			in 
																			pochi 
																			giorni 
																			di 
																			tutti 
																			gli 
																			ordini 
																			sacri 
																			e 
																			sostituito, 
																			nell'858 
																			e 
																			forte 
																			del 
																			pieno 
																			favore 
																			della 
																			corte 
																			bizantina, 
																			al 
																			patriarca 
																			Ignazio.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tale 
																			contrasto 
																			sfociò 
																			anzi 
																			in 
																			aperta 
																			rottura 
																			con 
																			la 
																			chiesa 
																			d'Oriente, 
																			che 
																			sotto 
																			la 
																			guida 
																			di 
																			Fozio, 
																			inutilmente 
																			scomunicato 
																			e 
																			dichiarato 
																			deposto 
																			da 
																			Niccolò 
																			I, 
																			mirava 
																			ad 
																			assicurarsi 
																			il 
																			primato 
																			sulla 
																			Bulgaria. 
																			Qui 
																			il 
																			principe 
																			Boris, 
																			battezzato 
																			nell'864 
																			da 
																			Fozio 
																			con 
																			il 
																			nome 
																			di 
																			Michele, 
																			ambiva 
																			al 
																			titolo 
																			di 
																			zar 
																			e 
																			all'autonomia 
																			dalla 
																			propria 
																			chiesa, 
																			e 
																			Niccolò 
																			I, 
																			interpellato, 
																			gli 
																			promise 
																			la 
																			nomina 
																			di 
																			un 
																			arcivescovo 
																			alle 
																			dirette 
																			dipendenze 
																			da 
																			Roma 
																			e 
																			gli 
																			fece 
																			pervenire 
																			– 
																			tramite 
																			i 
																			legati 
																			pontifici 
																			Formoso 
																			di 
																			Porto 
																			e 
																			Paolo 
																			di 
																			Populonia 
																			– le 
																			famose
																			
																			Responsiones 
																			ad 
																			consulta 
																			bulgarorum.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tuttavia 
																			Michele 
																			gli 
																			preferì 
																			le 
																			analoghe 
																			controproposte 
																			di 
																			Fozio, 
																			di 
																			modo 
																			che 
																			la 
																			Bulgaria 
																			entrò 
																			sin 
																			da 
																			allora 
																			nella 
																			zona 
																			d'influenza 
																			della 
																			chiesa 
																			d'Oriente 
																			e 
																			nella 
																			sfera 
																			religiosa 
																			e 
																			culturale 
																			di 
																			lingua 
																			greca.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Durante 
																			il 
																			suo 
																			pontificato 
																			i 
																			saraceni 
																			avevano 
																			stabilito 
																			in 
																			Puglia 
																			l’emirato 
																			di 
																			Bari 
																			che 
																			venne 
																			governato 
																			da 
																			Sawdàn, 
																			feroce 
																			razziatore 
																			delle 
																			campagne 
																			e 
																			dei 
																			borghi 
																			dell’Italia 
																			centro-meridionale, 
																			dal 
																			856 
																			e 
																			fino 
																			al 
																			871.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			I 
																			saraceni 
																			saccheggiarono 
																			anche 
																			il 
																			monastero 
																			di 
																			San 
																			Vincenzo 
																			al 
																			Volturno 
																			(861): 
																			il 
																			papa 
																			fu 
																			tra 
																			i 
																			sostenitori 
																			delle 
																			successive 
																			campagne 
																			antisaracene 
																			di 
																			Ludovico 
																			II, 
																			che 
																			mirava 
																			a 
																			riprendere 
																			Bari 
																			dai 
																			musulmani, 
																			e ci 
																			sarebbe 
																			riuscito 
																			solo 
																			alcuni 
																			anni 
																			dopo.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Niccolò 
																			I fu 
																			sepolto 
																			nella 
																			basilica 
																			di 
																			San 
																			Pietro 
																			ed è 
																			un 
																			Santo 
																			della 
																			Chiesa 
																			di 
																			Roma.
																							
																							
																			 
																			
																			
																			