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N. 132 - Dicembre 2018 (CLXIII)

LA NASCITA DEL PAPATO

storia della "costruzione" del potere temporale

di Francesco Giannetti

 

Si parla spesso di “età della Chiesa imperiale” quando la comunità religiosa dei cristiani inizia a negoziare i propri valori per integrarsi negli apparati del potere e orientarne le scelte, grazie a Costantino che concede alle affermate gerarchie ecclesiastiche una serie di privilegi che costituiranno l’ossatura del potere esercitato in seguito, ma anche una legittimazione stessa per esercitare questo potere.

 

Il diritto a incamerare bona testamentari, la giurisdizione civile dei vescovi, concorrenziale rispetto a quella magistratuale, costituiscono dei punti per l’attività sociale e politica della Chiesa. I vescovi, spesso eletti dal popolo e provenienti soprattutto dai ranghi del senato in Occidente, o dalla nobiltà periferica in Oriente, gestiscono immensi patrimoni.

 

A partire poi dal III secolo le Chiese cittadine si attribuiscono il diritto di acquisire beni immobili e i cospicui lasciti convertiti. Viene istituzionalizzata l’attività assistenziale e caritativa svolta dalla Chiesa su territori devastati dalla crisi economica e delle migrazioni barbariche.

 

Papa Damaso (304 ca. - 384) è il primo ad attuare una “politica pontificia”, a mediare tra poteri e a svolgere attività diplomatiche. La decadenza delle scuole fa poi dei vescovi i più validi detentori della cultura greco-romana, i cui valori giuridici e teoretici vengono trasmessi ai barbari. Dove l’interazione tra l’istruzione dei vescovi e i nuovi dominatori si realizza pacificamente e durevolmente, i regni occidentali prosperano, come nel caso dei Visigoti e dei Franchi, dove invece questa fusione non si attua, il regno entra in crisi. Anche se in Italia è colpa della vocazione e la pretesa universalistica di Roma che impedisce all’Italia di costituirsi come “nazione romano-germanica”.

 

Nel VI secolo, durante il regno di Teodorico, si verifica un episodio con conseguenze importanti, il cosiddetto “scisma laurenziano” che mette in risalto tutte le contraddizioni della Chiesa romana, impegnata anche in un serrato conflitto dottrinale e politico con Bisanzio.

 

Nel 498, Simmaco, candidato dell’aristocrazia cattolica e Lorenzo, antipapa, candidato filo-bizantino dell’aristocrazia laica romana, vengono eletti simultaneamente. Teodorico rimane neutrale ed evita ingerenze. Ma avvengono violenti scontri che turbano l’ordine pubblico fino al 506, quando l’ennesimo concilio stabilisce che Simmaco debba essere considerato il papa legittimo.

 

Sarà Gregorio Magno (540 ca. - 604), il papa che, sotto la pressione dei Longobardi, creerà un vero e proprio “Stato Pontificio”, su cui i successori eserciteranno la loro sovranità. I vari assedi, stragi e conflitti, insieme all’impotenza dell’esarca di Bisanzio, nell’Italia riconquistata da Giustiniano ma non governata, forzano il papa a surrogare il potere statale, a svolgere funzioni amministrative, a negoziare per gli approvvigionamenti, trasformando la sede vescovile romana in un’entità politica di pieno diritto.

 

Il cosiddetto Patrimonium Petri durante il suo pontificato diventa fonte di sostentamento unica per Roma e i territori circostanti. Gregorio riceve e controlla i conti dei vasti fondi siciliani, campani e calabresi; escogita strategie per aumentare la produttività e finanziare opere di assistenza, restauro ed evangelizzazione. Serve la sua Chiesa a livello materiale, dottrinale e disciplinare.

 

La sua azione non è solo reattiva rispetto al cesaropapismo bizantino: immette i barbari nel disegno provvidenziale della storia e si dispone a iniziarli alla fede. Un esempio Teodolinda, moglie dei sovrani Autari e Agilulfo, si converte nel 603, battezzando il figlio Adoloaldo, anche se sul trono si susseguiranno ancora sovrani ariani e persecutori.

 

Il re Longobardo Liutprando, approfittando del clima di tensione determinato dalla lotta iconoclasta, avanza nei territori italici, ma alle porte di Roma viene affrontato da Gregorio II che lo induce a restituire le terre. Il castello di Sutri, in quella circostanza, viene però donato ai “beati Pietro e Paolo” cioè alla Chiesa, costituendo il primo nucleo dello Stato Pontificio e la base concreta del potere temporale dei papi.

 

In realtà le donazioni erano già state numerose in precedenza; il rilievo che si assegna a quella di Sutri è dovuto al fatto che ad essa si accompagna il riconoscimento politico del diritto papale all’amministrazione di un territorio. Non maturano però le condizioni perché nasca un regno a carattere nazionale, a motivo della “universalità” della missione della Roma cristiana, restia a circoscrivere la propria azione al solo territori italico.

 

Il ruolo di Roma come caput ecclesiae è il principale motivo dell’intervento dei Franchi in Italia, sollecitato prima da papa Stefano II contro Astolfo e poi da papa Adriano I contro Desiderio. I Franchi non erano più devoti dei Longobardi, per cui la richiesta di aiuto dei papi si configura come un atto esclusivamente politico-strategico, in vista della preservazione ovvero dell’affermazione dell’egemonia di Roma.

 

Pipino, figlio di Carlo Martello e suo successore, si fa ungere dal santo missionario Bonifacio, che avrebbe trovato il martirio presso i Frisoni, e da papa Zaccaria rimettendo a loro, ufficialmente, l’elezione del sovrano franco.

 

Con questo gesto simbolico, il regno dei Franchi si candida a divenire il braccio secolare della Chiesa, ottenendo in cambio l’investitura come monarca per diritto divino. Il papa Stefano II, poi, unge anche Carlomanno e Carlo Magno, figli di Pipino, nello stesso incontro in cui viene richiesto l’aiuto militare contro i Longobardi.

 

Si dice che Pipino si sia impegnato a consegnare al papa le terre a sud della linea Luni-Monselice; pare poi, che in quella circostanza sia stato redatto il celebre Constitutum Constantinii, che fa risalire la donazione di Sutri a Costantino il Grande, per evitare che si attribuisse al papa l’accettazione di un territorio da parte degli stessi barbari che cercava di debellare. L’inautenticità del documento verrà svelata e dimostrata dal grande umanista e filologo Lorenzo Valla, nel ‘400, a partire da una rigorosa analisi linguistico-stilistica.

 

Dopo la sconfitta di Astolfo, con l’ascesa al trono di Desiderio, molto più incline al dialogo del suo predecessore, la situazione sembra stabilizzarsi. Carlo sposa la figlia del re longobardo, ma la ripudia alla morte del fratello Carlomanno, sposo dell’altra figlia del re, che viene rimandata in Italia con i figli. In seguito all’attacco sferrato da Desiderio, Adriano I invoca l’intervento di Carlo, che sconfitto il longobardo, colonizza il territorio con la sua aristocrazia e inserisce in Italia quei rapporti vassallatico-beneficiari che danno origine a quello che si definisce comunemente come sistema feudale.

 

Nell’800, il discusso papa Leone III incorona Carlo Magno imperatore dei Romani, sancendo la nascita del Sacro Romano Impero. La Chiesa dunque si conferma unica fonte legittimante dei poteri ecumenici. Nei decenni successivi, le funzioni civili svolte dai vescovi verranno a comprometterne la missione e la funzionalità dei compiti, garantita dal carisma di Carlo e dalle sue lungimiranti politiche culturali, volte a istruire ed educare vescovi e funzionari, si tradurrà in feroce lotta per il predominio ideologico e politico tra rappresentanti del potere imperiale ed esponenti dell’alto clero.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Piccinni G., Il Medioevo, Mondadori, Milano 2004;

Schimmelpfenning B., Il papato. Antichità, medioevo, rinascimento, Viella, Roma 2006;

Gasparri S., Italia longobarda. Il regno, i franchi, il papato, Laterza, Bari 2016;

Duffy E., La grande storia dei papi. Santi, peccatori, vicari di cristo, Mondadori, Milano 2001.



 

 

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