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                          N. 18 - Novembre 2006 
                                    
                                    
                                    
                                    IL 
                                    SIGNIFICATO DELLE PAROLE DI BENEDETTO XVI A 
                                    RATISBONA 
                                    
                                    
                                    Una 
                                    libera interpretazione 
                          
                          di 
                          Daniel Arbib Tiberi 
                          
                            
                          
                          Il rapporto teologico 
                          nell’Islam tra pace e guerra è estremamente complesso. 
                          Se Sant’Agostino legittimava la guerra, in quanto gli 
                          Stati, essendo di natura terrena, rappresentavano 
                          solamente una “magna latrocinia”, con l’avvento 
                          del profeta Maometto l’intero globo venne diviso in 
                          due semplici sfere: la “Casa dell’Islam” (dar 
                          al-Islam) e la “Casa della Guerra” (dar al-Harb). 
                          
                            
                          
                          Tra le due realtà 
                          persisteva una costante “guerra fredda” (che spesse 
                          volte si trasformava in “calda”), in cui l’obbiettivo 
                          della pace perpetua era rappresentato dalla 
                          conversione totale degli infedeli attraverso il 
                          cosiddetto Jihad, ovverosia una “guerra santa” 
                          intesa come il tentativo o la lotta che il fedele 
                          compie per diffondere il credo, una lotta che, sebbene 
                          di natura teologica, in caso di resistenze può (anzi, 
                          ancora oggi, nelle interpretazioni radicali deve) 
                          prevedere l’aspetto del combattimento radicale. 
                          
                            
                          
                          Tale è 
                          stato il periodo dell’espansione araba del VIII secolo 
                          (fermata da Carlo Martello a Poitiers nel 732) e 
                          quello successivo ottomano del XVI-XVII secolo 
                          bloccato prima a Lepanto (1571) e poi alle porte di 
                          Vienna (1683). 
                          
                            
                          
                          Il discorso del Papa a 
                          Ratisbona si inserisce propriamente all’interno di 
                          tale contesto. Richiamando alla memoria un vecchio 
                          dialogo tra l’imperatore bizantino Manuele II 
                          Paleologo e un dotto persiano, Benedetto XVI non ha 
                          usato giri di parole per ricordare una risposta 
                          dell’imperatore sul rapporto tra religione e violenza. 
                          Manuele II provocava il suo interlocutore dicendo: “mostrami 
                          pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi 
                          troverai solo cose cattive e disumane, come la sua 
                          direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede 
                          che egli predicava”. 
                          
                            
                          
                          La citazione, è palese, era 
                          molto dura. Le conseguenze del fatto sono a tutti note 
                          come i successivi chiarimenti del Santo Padre nei vari 
                          Angelus domenicali. Quello che interessa a me in 
                          questo piccolo spazio è di sottolineare come, al di là 
                          della infelice citazione, il vero senso della lezione 
                          tenuta in Germania il 12 settembre sia stato 
                          frainteso. 
                            
                          
                          Tanto per cominciare una 
                          reale comprensione dovrebbe portare il critico ad una 
                          lettura completa dei fatti e non parziale. Esulare un 
                          dato riferimento dal discorso completo significa 
                          snaturarne volutamente il senso. 
                          
                            
                          
                          Se Papa Ratzinger non 
                          si è fatto scrupoli a ricordare un passo così duro di 
                          Manuele II, poco prima allo stesso modo aveva messo in 
                          luce come nella sura 2,256 lo studioso poteva 
                          ritrovare il vero senso dell’Islam leggendo testuali 
                          parole “Nessuna costrizione nelle cose di fede”. 
                          Chiaro che a questo aspetto si aggiungevano ulteriori 
                          considerazioni legate all’attualità e, a mio modo di 
                          vedere, coraggiose e, se vogliamo, anche 
                          rivoluzionarie. 
                            
                          
                          Nessuna giustificazione 
                          può esistere per la violenza in nome di Dio. Nessun 
                          Jihad armato può essere accettato nel XXI secolo e 
                          nessun uso delle parole dei profeti può essere 
                          anteposto come giustificazione per l’eliminazione del 
                          prossimo. Dio è solo nella Ragione, un riferimento 
                          quasi Spinoziano, con un altissimo valore teologico. 
                          
                            
                          
                          La fede è nell’irrazionalità che ci ha generato (per i 
                          credenti ovviamente), ma si mostra nella vita 
                          quotidiana attraverso la Ragione, intesa come ricerca 
                          della migliore convivenza con il prossimo. Questo 
                          passo del discorso non può essere dimenticato. Esso 
                          rappresenta una lezione che non è propria dell’ebreo, 
                          del cristiano o del musulmano, ma del fedele, ovvero 
                          di colui che, per motivazioni che esulano da ogni 
                          possibili esplicazione verbale, ha sentito in sé la 
                          presenza del Trascendente. 
                            
                          
                          Ovviamente la spada nel 
                          passato si inseriva in una storia di “crescita” e 
                          “scoperta”. L’Islam, religione universalista come il 
                          Cristianesimo, ha ricercato il suo sviluppo in una 
                          lotta che legava terrenamente la religione alla 
                          politica (d’altronde non avevano la stessa natura 
                          anche le Crociate?). Ma oggi questo periodo è lontano 
                          e nulla ne autorizza una sua nuova rinascita. 
                            
                          
                          Il Cristianesimo per 
                          comprenderlo ci ha messo secoli e non si è sottratto 
                          anch’esso ad azioni riprovevoli. Ci sono volute guerre 
                          fratricide, divisioni interne e uno storico Concilio 
                          per arrivare ad una radicale riforma. Ora spetta 
                          all’Islam. Spetta al mondo mussulmano comprendere ciò 
                          che va lasciato indietro (il costante e pericoloso 
                          richiamo a termini del passato) e ciò che, attraverso 
                          un vero processo di fede, rappresenta un indirizzo per 
                          il presente. 
                            
                          
                          Al mondo Occidentale 
                          sta’ il compito di ricercare il suo Romanticismo 
                          (troppo spesso dimenticato) e, soprattutto, di dare la 
                          parola a chi crede nel dialogo e non solamente a chi, 
                          con il suo estremismo, produce la notizia. Il mondo 
                          dell’Islam moderato, o meglio la reale comunità dei 
                          credenti islamici, esiste, basta solo avere il 
                          coraggio di ricercarla e proteggerla.  |