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N. 27 - Agosto 2007

i 33 giorni di papa luciani

Il Vaticano tace...

di Leandro Cecconi

 

E quanto a lei signor Patriarca, la Corona di Cristo

e i giorni di Cristo.

(Suor Lucia ad Albino Luciani, Coimbra, 11 luglio 1977)

 

La storia di Papa Giovanni Paolo I è rimasta nel cuore di molti fedeli, e anche in coloro che tutto sommato non credono. Con Albino Luciani si è aperta e chiusa una delle pagine più tristi e malinconiche della Chiesa cattolica romana. Un uomo, prima di tutto, che non desiderava divenire Papa, e che una volta eletto, ha dovuto lasciare tale incarico sulla base di decisioni prese da altre persone, e non certo dal Dio in cui Luciani credeva fermamente, tanto da accogliere serenamente la propria fine.

 

Si, perché Albino Luciani, già prima di essere eletto pontefice, sapeva già quale sarebbe stato il suo destino.

 

Un uomo ed un pontefice che avrebbe potuto realmente cambiare il volto della Chiesa, e riportare vicino al Signore tutti coloro che progressivamente avevano abbandonato, in un angolo del proprio cuore, la fede.

 

Il Vaticano, sebbene siano trascorsi ben 29 anni dalla morte del pontefice, non ha mai mostrato la minima intenzione di andare a fondo nella ricerca di una verità che a molti sta veramente a cuore. La sua opera di copertura, omertà ed insabbiamento degli eventi accaduti, è continuata in tutto questo tempo, e niente ci fa sperare che non sia la stessa cosa in futuro.

 

La morte di un pontefice è sempre qualcosa di eccezionale, anche se naturale come evento. Quando però manca l’aspetto “naturale” di tale morte, le cose prendono una strada del tutto diversa.

 

Che la Chiesa cattolica continui a dire che Papa Luciani sia morto di un infarto del miocardio è una cosa falsa, oltre che vergognosa. Il primo a dire tale stupidaggine, senza ancora l’opinione dei medici, fu il camerlengo e segretario di stato Jean Marie Villot. Fu un maestro nell’occultare tutte le possibili prove a conferma dell’assassinio di Luciani, perché di questo si è trattato: un omicidio portato a termine da persone appartenenti a qualche organizzazione che riteneva Luciani pericoloso, con l’ausilio, l’appoggio e l’aiuto di membri della Curia.

 

I documenti emersi ultimamente, forse dagli ultra segreti archivi Vaticani, per mano di qualcuno che ha a cuore la verità, non fanno che confermare tutte le ipotesi già menzionate sull’uccisione di Albino Luciani la mattina del 29 settembre 1978.

 

Si è avuta la conferma del coinvolgimento, diretto o indiretto, di personaggi particolarmente importante nel quadro politico economico del periodo.

 

Fare nomi non è mai stato così facile, anche perché sono sempre gli stessi. Il coinvolgimento della P2 (Propaganda 2) è quanto mai scontato, in special modo nella figura del suo Gran Maestro (così gli piaceva farsi chiamare), Licio Gelli. Ovviamente Gelli non era l’unico elemento della sua setta segreta ad essere, in qualche modo coinvolto, nell’omicidio Luciani: abbiamo anche i tristemente famosi Roberto Calvi e Michele Sindona, deceduti in circostanze “particolari”.

 

Lo stesso camerlengo Jean Marie Villot era un membro della massoneria, e a quanto pare colui che, sebbene avesse tentato di far desistere Luciani dal procedere nei numerosi cambiamenti all’interno del Vaticano, ha dato il nulla osta per procedere all’eliminazione del “problema”.

 

Paul Marcinkus, a capo dello IOR, e coinvolto in numerose operazioni poco pulite, come il riciclaggio di denaro sporco proveniente dal mercato delle armi, dalla prostituzione, dal traffico di droga e molto altro, è stato uno dei personaggi ad acquisire una maggiore tranquillità dopo la morte del Papa. Sarebbe stato il primo ad essere cacciato dal Vaticano, dato che Papa Luciani era venuto a conoscenza di tutto quello che aveva combinato e che continuava a compiere insieme agli amici di sempre: Calvi, Sindona, Gelli ed alcuni ecclesiastici della Banca Vaticana.

 

Papa Giovanni Paolo I aveva ricevuto dei documenti sulla situazione all’interno dello Stato Pontificio, corredati da una lunga lista degli appartenenti alla P2. Il mittente era il giornalista di OP, Mino Pecorelli, che venne assassinato da dei killer professionisti. E a quanto pare il mandante è stato l’attuale senatore a vita Giulio Andreotti, condannato a 24 anni di carcere in prima istanza, assolto in via definitiva. Non c’è da meravigliarsi, dato che la P2 è ancora oggi esistente, e mantiene un grande potere nelle proprie mani (Gelli, dopo tutto quello che ha fatto, oggi è agli arresti domiciliari nella sua villa di Arezzo).

 

Papa Luciani si rese conto che molti dei più influenti membri della Curia romana era dei massoni ed appartenevano alla P2.

 

In tutto questo giro di vite, che condusse alla morte di Albino Luciani, c’era di mezzo anche la mafia, con le sue famiglie più importanti: Inzerillo, Spatola, Gambino e per finire i Provenzano (amici di Sindona). Inoltre la stessa CIA appoggiava la politica del Gran Maestro Gelli.

 

Nella P2 c’erano anche elementi essenziali della politica italiana di quel periodo, fra i quali lo stesso ministro del consiglio, ed altri personaggi altolocati.

 

Non è un mistero che anche Craxi, ed in un periodo successivo Berlusconi, i Savoia, Costanzo, Gervaso e molti altri, facessero parte delle liste segrete della loggia.

 

Come poteva Papa Albino Luciani sopravvivere ad un tale schieramento di forze...

 

Il nome dell’assassino ancora non è noto, ma verrà fuori presto...

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

David Yallop: “In nome di Dio”

Luis Miguel Rocha: “La morte del Papa”

David Yallop: “Habemus Papam”

 

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