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N. 25 - Giugno 2007

COME VIVONO I PALESTINESI IN ITALIA

A colloquio con Jamal Moh'd Jadallah, giornalista palestinese

di Leila Tavi

 

La Palestina, uno Stato, una regione, una nazione o un campo di rifiutati? Una terra che presenta un'estensione a macchia di leopardo e che, ad oggi, non sappiamo quando e come diverrà un vero e proprio Stato. Come vivono questa condizione i palestinesi residenti in Italia?

 

Con dolore e speranza: dolore per quello che subiscono in nostri familiari sotto l’occupazione militare israeliana ogni giorno e ogni momento della loro vita e  speranza che finisca questa occupazione militare illegale e nascano due stati che vivano in pace e uguaglianza nel rispetto della legalità internazionale.

 

Quanti sono i cittadini palestinesi residenti in Italia?

 

Non c’è un numero preciso, perché c’è un ricambio continuo della presenza palestinese in Italia  determinato dal fatto che la maggior parte di noi sono presenti per motivo di studio.

 

Sono concentrati in alcune regioni o sono distribuiti in modo omogeneo sul territorio?

 

C’è una presenza palestinese in quasi tutte le città italiane.

 

Come giudica il grado di integrazione dei Palestinesi in Italia?

 

Viviamo in Italia da tanti anni e posso dire che abbiamo tante cose in comune oltre il fatto che il popolo italiano è un popolo solidale.

 

Quale difficoltà incontrano i Palestinesi come singoli cittadini e come comunità?

 

I problemi d’ogni giorno sono niente davanti alla costante preoccupazione e paura che viviamo, quando i carri armati israeliani con i buldozar attaccano le nostre città e i nostri villaggi.

 

Il riconoscimento ufficiale da parte dello Stato italiano nei confronti della Rappresentanza permanente in Italia dell'Autorità palestinese è avvenuto solo di recente? Perché?

 

È un fatto politico, ci sono talvolta accordi tra gli stati che richiedono tempi lunghi di attuazione; faccio presente che lo stato di Israele è nato di recente.

 

Parliamo del dialogo tra comunità israeliana e comunità palestinese in Italia. Quali sono stati i passi fatti sul piano informale della convivenza civile? E' corretto dire che tra i giovani appartenenti alle due comunità è più facile il dialogo che non tra adulti?

 

La comunità palestinese in Italia convive e dialoga con tutte le persone e le comunità che partono dal principio che la legalità internazionale e i diritti dell’uomo sono sacrosanti.

 

Come vive la comunità dei Palestinesi in Italia l'esodo? Quanti tornerebbero in Palestina e quanti invece ormai si trovano bene in Italia?

 

Il nostro sogno è quello di poter tornare e poter uscire dalla nostra terra senza il permesso dell’esercito d’occupazione israeliano. Insomma come qualsiasi altra persona in qualsiasi altro paese libero. Solo così potremmo consapevolmente scegliere se tornare in Palestina o rimanere in Italia.  

 

Riguardo alla questione dei profughi e del "diritto al ritorno" cosa pensa Lei sia meglio: restare e ottenere il "diritto alla residenza" o il diritto di poter rientrare nei territori occupati? Come pensa si risolverà tale questione in Giordania?

 

Penso che il diritto al ritorno è sancito dalla stessa ragione che ha sancito la nascita dello stato di Israele : i palestinesi che sono stati cacciati dalla loro terra e dalle loro case  hanno il diritto di tornare alle loro terre e alle loro case, è un diritto di tutti i popoli specialmente il popolo palestinese ovunque sia.

In ogni caso deve essere consentito ai palestinesi di scegliere il proprio destino.

 

La nuova storiografia israeliana fa partire il fenomeno dell'esodo palestinese dal massacro di Deir Yassim. Lei si trova d'accordo con questa teoria?

 

La storia dei massacri israeliani contro i civili palestinesi per mano dei gruppi terroristi israeliani inizia prima e dopo la nascita dello stato israeliano e questo non è teoria ma è la verità che non può essere  cancellata.

 

L'ultima proposta di pace del re giordano Abdullah Il incontra il favore sia del presidente palestinese Abu Mazen che del premier israeliano Ehud Olmert, ma gli incontri tra il re e i due rappresentanti si sono svolti separatamente. Quali prospettive ha secondo Lei questo piano di pace? Cosa ha di diverso rispetto agli altri? O è il contesto a essere diverso?

 

Per noi l’ultima proposta di pace araba, alla quale erano favorevoli tutti gli stati arabi e non solo la Giordania, è stata ignorata dal governo israeliano che fino ad ora rifiuta di definire i suoi confini e continua a costruire il muro sulle terre palestinesi e non sui confini legittimi. Le faccio presente che negli ultimi sei mesi lo stato israeliano ha distrutto più di 500 siti e luoghi archeologici  nelle città palestinesi di Nablus e  Hebron.

 

Tra un'alternativa "due popoli-due Stati" e "uno Stato binazionale" quale è la migliore e quale quella realizzabile nel breve periodo?

 

La migliore soluzione, ipotizzata dalla Comunità internazionale è due popoli e due stati, ma temo che nel breve periodo, se non vi sarà un impegno concreto da parte della Comunità Internazionale stessa, la situazione non potrà che peggiorare per il popolo palestinese, che continua a subire la prepotenza unilaterale dello stato israeliano.

 

 

Una delle cause degli arresti da parte dei soldati israeliani dei miliziani palestinesi potrebbe essere la minaccia di attentati suicidi in Libano delle brigate indipendenti di fatah al Islam legate ad al-Quaeda?

 

Gli arresti che opera l’esercito israeliano, in realtà, sono indiscriminati e rivolti costantemente contro le popolazioni civili, mascherati con l’arresto (comunque illegale) di miliziani. Per quanto concerne la minaccia di attentati, sino a quando non ci sarà uno stato palestinese, a cui spetta il competo di impedire qualsiasi forma di violenza e illegalità, la questione non sarà risolta con la violenza repressiva esercitata da uno stato occupante.

In ogni caso tengo a evidenziare che non esiste alcun legame tra la causa del popolo palestinese e i gruppi criminali  delle brigate indipendenti di fatah al Islam legate ad al-Qaeda che perseguono tornaconti propri certamente contrari agli interessi palestinesi.

 

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