Una volta che i giochi gladiatori (munera)
si affrancarono dal contesto
funerario e divennero una vera e
propria forma d’intrattenimento,
s’impose la necessità di avere un
edificio la cui struttura
rispettasse tutti i criteri per
ospitare il pubblico delle grandi
occasioni. La prima documentazione
riguardo a un edificio per
spettacoli gladiatori in muratura è
stata rinvenuta a Pompei, e narra
che durante l’anno 80 a.C. i duoviri
quinquennales finanziarono la
costruzione di un edificio per
spettacoli, come omaggio alla
cittadinanza. I loro nomi erano C.
Quinctius Valgus e M. Porcius, ed in
quell’anno ricoprivano la carica di
magistrati addetti al censimento;
una pratica che di norma veniva
svolta ogni cinque anni.
Nell’iscrizione, però, il termine
con cui viene chiamato l’edificio è
“spectacula”, dato che la parola
“anfiteatro” ancora non esisteva. Fu
l’architetto Vitruvio a coniare
questo termine per definire una
costruzione destinata a spettacoli,
con gli spettatori disposti
tutt’intorno all’arena. A Roma la
situazione era diversa rispetto alla
città campana; nell’Urbe costruire
teatri stabili era vietato per legge
fin dal 154 a.C., poiché si riteneva
che gli spettacoli fossero nocivi
per i valori che fondavano la
società romana (mos maiorum).
Per avere il primo anfiteatro in
muratura si dovette attendere fino
al 29 a.C. Purtroppo, però,
l’edificio voluto da Statilio Tauro
andò distrutto con l’incendio del 64
d.C. e non ne rimase più traccia.
Qualche anno più tardi, la capitale
dell’impero venne finalmente
omaggiata della sua grandezza con la
costruzione dell’anfiteatro Flavio,
meglio noto come Colosseo.
Ci
vollero solo otto anni per
completare il più grande anfiteatro
mai esistito, un capolavoro
d’ingegneria che poteva ospitare
fino a cinquantamila spettatori.
Ancora oggi, le sue maestose rovine
sono in grado di attrarre milioni di
visitatori da tutto il mondo. Una
moltitudine di turisti che, prima
della pandemia, ha fatto sì che
diventasse il quarto sito culturale
più visitato al mondo dopo il
Louvre, la Grande Muraglia Cinese ed
il Museo di Pechino. L’anfiteatro
era, dunque, il “tempio” dello
spettacolo gladiatorio. Comprese le
provincie, gli archeologi ne hanno
conteggiati più di duecento sparsi
un po’ ovunque. Di norma venivano
costruiti fuori dalle mura
cittadine, in modo da agevolare
l’afflusso e il deflusso degli
spettatori, e non congestionare le
viabilità interna. Tra quelli più
famosi c’è sicuramente l’Arena di
Verona, uno dei pochi ancora
utilizzati per spettacoli di musica
e teatro. Tra i meglio conservati,
vanno annoverati quelli di Nimes in
Francia e di El Jem in Tunisia. La
struttura dell’anfiteatro è molto
simile in tutti i suoi esemplari: ha
una pianta ellittica con al centro
uno spazio per le esibizioni
chiamato arena, parola latina che
significa “sabbia”. Era questo il
materiale usato per ricoprire le
travi di legno che formavano il
pavimento sottostante, e che era in
grado di dare maggiore aderenza ai
combattenti, assorbire il sangue e,
una volta rivoltato, coprire gli
escrementi degli animali. La sabbia
si legherà così profondamente al
destino degli spettacoli, che il
termine “arena” verrà usato per
definire lo stadio tout court, dagli
edifici per la Corrida in Spagna
fino ai grandi stadi di calcio e
football in tutto il mondo.
L’arena degli anfiteatri aveva una
forma ellittica. Il motivo è molto
semplice: ricalcava quella
dell’edificio che la ospitava. Oltre
a questo, però, doveva avere anche
una funzione “drammatica”: senza
angoli in cui trovare riparo, i
combattenti erano costretti a
muoversi costantemente, aumentando
la spettacolarità delle esibizioni.
Intorno all’arena erano disposti gli
spalti (cavea), a loro volta divisi
in settori orizzontali (maeniana)
e verticali (cunei). Alcuni
edifici, come il Colosseo e
l’anfiteatro di Capua (il secondo
per grandezza), erano dotati anche
di un hypogeum: una rete di
gallerie poste al di sotto
dell’arena, dove si trovavano quei
macchinari che servivano a manovrare
le scenografie e sollevare le gabbie
in cui erano rinchiusi gli animali
selvatici. Il sistema era molto
ingegnoso ma efficace: dai
sotterranei le gabbie venivano
innalzate fino ad un livello
leggermente più basso dell’arena, da
qui gli animali balzavano fuori
attraverso botole nascoste nella
sabbia, creando un effetto scenico
di grande impatto per gli
spettatori. La perfetta
coordinazione era indispensabile per
armonizzare le squadre di schiavi,
che lavoravano nella penombra dei
sotterranei, il vero e proprio
motore dello spettacolo.
In
qualsiasi anfiteatro di una certa
importanza era previsto un posto
d’onore, una tribuna “VIP” riservata
esclusivamente all’imperatore e alla
sua famiglia. Se per i circhi (gli
edifici destinati alle corse dei
carri), risulta più facile
individuarne la posizione, per gli
anfiteatri il discorso risulta più
complesso. Sappiamo, infatti, che
molto spesso il pulvinar, o palco
dell’imperatore, era connesso con il
Palazzo Imperiale, quindi ubicato
sul lato che dava verso di esso.
Esempi del genere si possono trovare
a Roma, Milano e Aquileia.
Riguardo gli anfiteatri, invece, non
abbiamo simili dettagli e, a
peggiorare la situazione, va detto
che molti edifici sono ormai ridotti
a scheletri. Un importante passo
avanti riguardo il Colosseo è stato
fatto pochi anni fa, quando gli
archeologi hanno scoperto il
cosiddetto “passaggio di Commodo”:
un tunnel sotterraneo decorato con
stucchi e bassorilievi, che
collegava il palco imperiale con la
zona del Celio. Progettato per
consentire all’imperatore di
raggiungere il suo posto a sedere in
tutta sicurezza, il percorso però
presentava un unico punto debole:
una curva a gomito molto stretta.
Secondo un aneddoto, fu Commodo a
ordinare che fosse installato uno
specchio di bronzo prima della
curva, in modo da avere una visuale
migliore e prevenire possibili
attentati. Così, quando il tunnel fu
scoperto, sembrò naturale chiamarlo
con il nome dell’imperatore che lo
aveva reso celebre. Grazie a questa
scoperta è stato possibile collocare
il palco imperiale al centro del
lato meridionale, lo stesso che dava
verso alcuni ambienti della
residenza imperiale.
Esiste, però, un medaglione del III
sec. d.C. che nasconde un indizio
discordante. A essere raffigurato è
un combattimento tra animali offerto
dall’imperatore Gordiano III.
Nell’arena si stanno affrontando un
toro ed un elefante, cavalcato da un
inserviente. L’anfiteatro viene
mostrato dal lato Sud, se ne ha
conferma guardando sulla sinistra
(lato Ovest), dove si vede il Sol
Invictus, una statua colossale di
trentacinque metri di altezza, che
in seguito avrebbe dato il nome
all’edificio.
Sugli
spalti, al centro del lato opposto
(Nord), si erge una figura molto più
grande rispetto alla folla che lo
circonda, le cui diverse dimensioni
servono a far risaltare l’uomo più
importante tra gli spettatori:
l’imperatore.
Anche
se l’immagine mostra il palco
imperiale posizionato sul lato Nord
dell’edificio, smentendo in
apparenza quanto detto prima, in
realtà potrebbe esserci una
spiegazione molto più semplice, e
cioè che il lato scelto per il palco
d’onore variasse a seconda della
volontà del regnante. Commodo
preferiva il lato Sud, poiché da
appassionato di combattimenti
gladiatori si trovava nel posto
giusto per non avere il sole in
faccia nel pomeriggio, quando questi
spettacoli avevano luogo. Gordiano
III, invece, preferiva gli
spettacoli con animali, così poteva
sedere sul lato Nord in modo da non
trovarsi contro sole al mattino.