[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

167 / NOVEMBRE 2021 (CXCVIII)


antica

IL TEATRO PRIMA DEL TEATRO

ESPERIENZE TEATRALI OLTRE LA GRECIA DEL V SECOLO A.C.

di Letizia Comminiello

 

Il termine teatro, dal latino theatrum, di derivazione dal greco ϑέατρον a sua volta da ϑεομαι, ovvero “guardare, essere spettatore”, indica convenzionalmente l’edificio o il complesso architettonico costruito e attrezzato per rappresentazioni sceniche. Lo stesso termine, chiaramente, designa l’arte performativa che si svolge all’interno o meno di uno spazio costruito e designato. Questa manifestazione artistica segue dalla notte dei tempi il destino della civiltà umana, benchè la nascita del teatro inteso come tradizione teatrale occidentale sia riscontrabile solo a partire dal V secolo a.C. nelle produzioni generate nella città di Atene.

 

Data la premessa, sarebbe però erroneo ritenere che nei secoli precedenti la comparsa del teatro codificato dai greci, non esistessero comunque tutta una serie di ritualità comprendenti l’utilizzo del gesto, della voce e del canto. Si tratta di manifestazioni che hanno ben poco a che vedere con le modalità espressive, organizzative e linguistiche del teatro classico, ma che si basano sulla dimensione sociale. Sono, insomma, forme non legate all’origine del teatro, ma proposte altre, riconducibili maggiormente alle feste collettive.

 

In quelli che Cesare Molinari definisce “popoli primitivi”, con particolare riferimento alla visione del teatro auspicata dalla scuola etnologica di Rousseau, le manifestazioni teatrali coinvolgono l’intera comunità e coincidono con i cicli stagionali o con i momenti di transito tra uno e l’altro, allo scopo di celebrare il rinnovarsi della natura o delle attività umane, specie quelle agricole, e la sopravvivenza della comunità.

 

A svolgere queste attività rituali, però, non sono solo i popoli a vocazione agricola, e dunque più strettamente legati alla periodicità della natura, ma anche popolazioni cacciatrici. Due differenti esempi sono offerti dai Nahua (Aztechi, Colhua, Tepanechi, Acolhua e Toltechi), popolazioni estinte del Centro America e dagli Eschimesi stanziatisi all’estremo nord, presso il fiume Copper (Alaska centromeridionale).

 

Nel primo caso, la popolazione celebrava e propriziava la fertilità nel giorno del Solstizio d’estate con una grande festa di piazza, comprendente la rappresentazione del dio della fertilità tramite un altissimo palo sul quale veniva posta la sua effige, danze collettive svolte da soli uomini, benchè travestiti da donne, e performance acrobatiche. Nel secondo caso, un narratore presentava una vicenda complessa riguardante il furto e la liberazione della Luce, mimata da un coro di donne.

 

L’attività teatrale si rintraccia non soltanto, come visto, in periodicità fisse, ma anche in momenti scanditi dai ritmi della comunità, che possono corrispondere a feste di passaggio per i giovani uomini, matrimoni o alleanze tra popolazioni. Il teatro si pone come valido strumento per collegare i vari momenti della vita, creando legami tra passato, presente e futuro ed evocando la storia e il destino del gruppo stesso.

 

Anche in questo caso due differenti esempi sono forniti dagli Aranda dell’Australia centrale e dai Pigmei del Gabon. I primi compiono un’azione mimica stilizzata e ricca di movimenti, con il corpo dipinto e il capo adornato da un fastoso copricapo dalle forme astratte. I secondi mimano con estrema precisione le mosse della caccia che si svolgerà il giorno successivo. Se nel primo caso lo scopo è evocare la dimensione del sogno e creare identificazione con gli eroi di un’era passata, nel secondo si sta prefigurando un’azione concreta e imminente. Nel primo caso è necessaria una buona conoscenza del proprio passato, nel secondo un’acutissima visione della natura e delle mosse che si dovranno compiere, dettate anche dall’esperienza pregressa. I Pigmei, inoltre, non usano mascherarsi, il loro teatro è fatto unicamente di mimica e voce.

 

Come accade anche in altri casi, lo scopo ultimo delle rappresentazioni degli Aranda è la trasmissione del patrimonio mitico-culturale – necessario a mantenere unito il tessuto sociale – e le norme di comportamento morale.

 

La trasmissione del passato comune è un elemento riscontrabile nei riti di iniziazione, cerimonie solitimente brevi inserite in cicli della durata di anni. Questi riti si compongono di tre fasi: i giovani iniziati sono sottoposti a prove fisiche e psichiche, entrano in contratto con gli spiriti, rappresentati da maschere (manifestazione) e, una volta iniziati, incontrano i veri spiriti, impersonati da uomini (rivelazione). La cerimonia avviene al centro del villaggio e la popolazione non direttamente coinvolta funge da coro, leggittimato comunque a intervenire per esibirsi o profferire qualcosa.

 

Antonin Artaud, fautore del “teatro della crudeltà” – un’esperienza in grado di creare «una metafisica della parola, del gesto e dell’espressione, al fine di strappare il teatro alle pastoie psicologiche e sentimentali» –, nella sua raccolta di saggi Il teatro e il suo doppio (1938) si riferisce diffusamente all’esperienza del teatro Balinese.

 

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Performance del teatro balinese, Tropenmuseum, National Museum of World Cultures

 

 

È necessario precisare come il teatro Balinese non afferisca direttamente al teatro dei “primitivi” riportato da Molinari – in quanto è tutt’ora praticato in Indonesia –, ma indubbiamente è ben distante dal teatro codificato in Grecia e sviluppatosi poi in Occidente. Lo spettacolo Balinese è fatto di danza, canto e pantomima e, secondo Artaud, riporta il teatro a una dimensione pura.

 

Attori in abiti geometrici assumono posizioni spigolose e compiono gesti bruscamenti interrotti al fine di trasmettere vicende vaghe e astratte. Benchè a prima vista possa non sembrare, i gesti sono attentamente calibrati, nulla è lasciato al caso. Allo stesso modo la vocalità, che non compone parole, ma modulazioni di gola che talvolta si spezzano per lasciare spazio a suoni evocanti animali o fenomeni naturali.

 

Questo teatro è di natura popolare, ma caratterizzato dalla sacralità di un rito: in esso non esistono quelli che in Occidente sono chiamati regista e attore, bensì è la Natura stessa a risuonare attraverso i gesti.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

C. Molinari, Storia del teatro, Editori Laterza, Roma-Bari 2007.

A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino 2000.

P.A. Clancy, Artaud and the Balinese Theatre, Modern Drama, University of Toronto Press, Vol. 28, N. 3, Fall 1985.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]