.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

contemporanea


N. 139 - Luglio 2019 (CLXX)

Operazione Valchiria

storia di un’operazione militare

di Salvatore Ferla

 

Il 20 luglio 1944, nel quartier generale tedesco di Berghof, sulle Alpi Bavaresi, una bomba ad alto potenziale esplose, devastando l’intera sala delle conferenze e seminando terrore e morte fra i presenti. Hitler, contro cui l’attentato era diretto, si salvò miracolosamente, riportando solo lievi ferite.

 

Intorno ad Adolf Hitler aleggia una specie di leggenda che lo identifica come un uomo capace di sfuggire alla morte. Sbrigativamente definito nei libri di storia come “mito di incolumità”, garantiva ai commilitoni una certa tranquillità, era infatti noto che, durante la Prima Guerra Mondiale, nei campi di battaglia, pur combattendo in prima linea, il Führer riuscì sempre a sottrarsi, forse con la complicità del destino, ai massacri della guerra.

 

Un destino benevolo che lo preservò anche la mattina del 20 luglio 1944 alle ore 12:42 nel quartier generale di Hastenberg, in sala riunioni, quando esplose un ordigno: le fiamme inghiottono la stanza ma il Führer si salva, miracolosamente.

 

L’operazione Valchiria prevedeva un colpo di Stato e l’instaurazione di un nuovo governo che negoziasse una pace separata con gli Alleati. Eliminare Hitler era la condizione imprescindibile e un gruppo di ufficiali, guidati dal Tenente-Colonnello Klaus Von Stauffenberg, cercò di attuare il progetto.


Tornato nel 1944 in Germania dalla campagna d’Africa, durante la quale fu ferito gravemente, Von Stauffenberg che aveva già maturato una profonda avversione verso i metodi hitleriani, si unì alla Resistenza ed entrò a far parte dell’Operazione Valchiria.

 

Egli assumerà un ruolo centrale nel piano: sarà proprio lui ad assumersi l’incarico di uccidere di sua mano il dittatore.
 

A capo della congiura vi furono alti ufficiali e borghesi, di orientamento sia conservatore che socialista, uniti dalla convinzione che il regime nazista stesse portando la Germania alla rovina. Sfruttando la possibilità che offriva il piano Valchiria ossia la mobilitazione della milizia territoriale, opportunatamente modificata da Von Stauffenberg, venne allora pianificato l’attentato a Hitler.

 

Non tutti i tedeschi erano nazisti e fedeli a Hitler: esistevano infatti molto gruppi che, più o meno segretamente si opponevano al regime sin dal 1933. C’erano gruppi di studenti come i membri della Rosa Bianca, che sacrificarono la loro vita per distribuire volantini in cui condannavano il governo nazista e chiedevano che fosse rovesciato. C’erano gruppi religiosi e tanti gruppi politici, come i socialisti e i comunisti, che resistettero all’ascesa del Nazismo, andando in contro al carcere e alle condanne a morte

 

Quando l’ambizione di Hitler di espandere la Germania e il suo apocalittico progetto dell’Olocausto vennero messi in atto, alcuni coraggiosi resistettero e si opposero, nascondendo e aiutando gli Ebrei nella fuga, fornendo informazioni agli Alleati oppure rifiutandosi di cooperare con i Nazisti. Uomini come Oskar Schindler e Pastor Niemoller sono diventati eroi.

 

La congiura del 20 luglio contro il Führer rappresenta il culmine e il simbolo della resistenza militare fallita. L’idea di un attentato ai danni del Führer nacque durante un incontro avvenuto nel settembre del 1943 tra il feldmaresciallo Günter Von Kluge, il generale a riposo Ludwige Beck, il dottor Carl Friedrich Goerdeler e il generale Olbricht, riunitisi presso l’appartamento di quest’ultimo.


Goerdeler fu sindaco di Lipsia e fu uno dei maggiori oppositori alla politica del Führer nonché promotore di una nuova forma di governo nella quale egli stesso avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di cancelliere. Il generale Beck, ex Capo di Stato Maggiore dell’esercito, che non condivideva la politica aggressiva di Hitler dai tempi dell’annessione dell’Austria, sarebbe dovuto diventare il nuovo Capo di Stato.

 

La riunione nasceva dalla richiesta del Feldmaresciallo Von Kluge, comandante sul fronte orientale, di un incontro con il generale Beck per esprimere la sua preoccupazione sull’andamento della guerra, sull’impossibilità di proseguirla su due fronti, e sulla necessità di prendere una decisione per eliminare Hitler dalla scena politica e militare, ritenendo che questo avrebbe impedito la distruzione del paese e l’invasione sovietica della Germania.

 

Le condizioni per la realizzazione di un attentato peggioravano sempre di più poiché Hitler non appariva quasi più in pubblico e raramente si recava a Berlino. Egli infatti dopo due soli giorni dall’inizio dell’Operazione Barbarossa aveva spostato il suo quartier generale a Rastenburg, allontanandosi solo occasionalmente nella sua residenza estiva. La Gestapo di Himmler inoltre nutriva sospetti sulla possibilità di un complotto contro Hitler, temendo un coinvolgimento degli ufficiali dello Stato Maggiore.


Nel 1943, Tresckow incontrò per la prima volta il giovane ufficiale Claus Schenk von Stauffenberg, con cui condivise il pensiero largamente diffuso fra gli ufficiali dell’esercito che il proseguimento della guerra avrebbe portato la Germania al disastro e che Hitler avrebbe dovuto essere rimosso dal potere. Così, dopo avere ricevuto la nomina di capo di Stato Maggiore dell’esercito territoriale sotto il diretto comando del generale Olbricht, rielaborò insieme a Tresckow e al maggiore Hans la strategia del colpo di Stato.

 

La scelta di chi dovesse compiere l’attentato cadde proprio sul Colonnello Stauffenberg in virtù dell’opportunità che questi aveva di avvicinare il Führer durante le riunioni alla “Tana del Lupo” nome in codice del covo segreto di Hitler.

 

Il mattino del 20 luglio 1944 Von Stauffenberg si recò alla Tana del Lupo dove era stato convocato allo scopo di riferire sulle divisioni che la milizia territoriale stava creando in previsione dell’avanzata sovietica e avrebbe dovuto presentare il suo rapporto a Hitler durante la riunione quotidiana che egli teneva insieme all’Alto Comando. In compagnia del Colonnello c’erano il generale Stieff e il tenente Von Haften, che, insieme a Staunfebberg, portavano una bomba nelle rispettive borse.

 

Ognuno dei due ordigni era composto da circa un chilogrammo di esplosivo al plastico, avvolto in una carta di colore marrone, e avrebbero dovuto essere innescati a tempo attraverso un detonatore formato da una sottile molla di rame, che sarebbe stata progressivamente corrosa da un acido.

 

Giunti a destinazione, gli ufficiali furono ostacolati durante la preparazione degli inneschi dell’esplosivo. Hitler infatti anticipò di trenta minuti la riunione poiché, di lì a poco, si sarebbe dovuto incontrare con Mussolini, che era stato convocato dallo stesso Führer. Per questo motivo, i due congiurati riuscirono a preparare solo uno dei due chilogrammi di esplosivo preparati per l’attentato.

 

La fretta nella preparazione fu fatale: l’ordigno, di potenza dimezzata rispetto al previsto, non riuscì neanche a ferire gravemente Hitler, il quale si trovava distante dall’esplosione e fu protetto dal massiccio tavolo da conferenza in legno di quercia; inoltre, a causa dell’intenso caldo, la riunione era stata spostata dall’abituale bunker, quindi l’esplosione risultò meno devastante del previsto.

 

 

Rimasero uccise quattro persone, tutti i presenti riportarono ferite ma Hitler ne uscì quasi illeso. Stauffenberg apprese del fallimento solo in seguito, a Berlino, dove era riuscito a fuggire per via aerea grazie ai complici all’interno del Ministero della Guerra del Reich.

 
Dopo il fallimento del colpo di Stato, la notte stessa, il colonnello Klaus Von Stauffenberg, il generale Olbricht, il colonnello Mertz e il tenente Von Haften vennero catturati e fucilati.

 

La famiglia di Von Stauffenberg venne smembrata: i suoi quattro figli furono messi sotto falso nome in un orfanotrofio, la moglie Nina fu tenuta prigioniera in provincia di Bolzano e il fratello maggiore del Colonnello venne giustiziato. Solo all’arrivo delle truppe alleate furono liberati e poterono riunirsi dopo la fine della guerra.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.