[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

197 / MAGGIO 2024 (CCXXVIII)


ambiente

UNA NUOVA TEORIA COSMOLOGICA
UN UNIVERSO DA "RIDATARE"?
di Francesco Cappellani

In un recente articolo pubblicato su questa rivista (Cappellani 2023) si descriveva il nuovo telescopio Euclid lanciato nello spazio nell’estate del 2023 che, date le sue caratteristiche tecnologiche altamente sofisticate per la rivelazione di radiazione galattica nel visibile e nell’infrarosso, “permetterà di misurare con alta precisione il redshift cosmologico delle galassie, cioè lo stiramento della lunghezza d’onda della luce emessa dovuto alla velocità di allontanamento della sorgente luminosa, causato dall’espansione in progressiva accelerazione dell’universo a partire, sembra, da 5 miliardi di anni fa, quando una misteriosa energia oscura prende il sopravvento sulla attrazione gravitazionale. La misura del redshift permette di calcolare il tasso di espansione dell’universo e la forza dell’energia oscura che ne provoca l’accelerazione. In particolare si spera che le misure effettuate da Euclid riferite a migliaia di galassie di ogni età ci possano dire se questa energia repulsiva del vuoto cosmico sia rimasta con una densità costante negli ultimi 10 miliardi di anni”.

Lo scopo di Euclid e altre complesse ricerche è quello di tentare di risolvere il misterioso problema della materia e dell’energia oscura che costituirebbero, dalle più recenti stime del 2022, rispettivamente il 26,8% e il 68,3% di tutta la materia ed energia dell’universo. La materia ordinaria, detta barionica in quanto costituita principalmente da barioni, cioè neutroni e protoni, sarebbe il rimanente 4,9% ed è tutto ciò che noi riusciamo a vedere nel cosmo in quanto la materia oscura non emette né assorbe o riflette luce a qualsiasi lunghezza d’onda ed è quindi invisibile per i nostri sistemi di osservazione, ma influisce in modo determinante per i suoi effetti gravitazionali sulle masse presenti nell’universo.

Proprio questi effetti, inspiegabili con la sola massa visibile, ha “costretto” a immaginare una nuova forma di materia distribuita in tutto l’universo che però, a oggi, malgrado un grande numero di esperimenti sempre più sofisticati in corso, non si è riusciti a decifrare, manca cioè una qualsiasi prova sperimentale che certifichi in modo inappellabile che la materia oscura sia realmente presente.

Non siamo riusciti a rivelare particelle, ammesso che sia composta di particelle, di questa materia, si è semplicemente assunto che esiste, arrivando, dopo decenni di affannosi studi, a definire il Modello Cosmologico Standard, denominato
ɅCDM, Lambda Cold Dark Matter, che, anche se non perfetto, riesce a spiegare ragionevolmente le dinamiche cosmiche, cioè il comportamento di stelle e galassie.

Si tratta di un modello matematico della teoria del Big Bang con tre componenti principali: la costante cosmologica Lambda che dipende dall’accelerazione dell’espansione dell’universo ed è associata all’energia oscura, la materia oscura e la materia ordinaria. In questo modello la materia oscura ha un ruolo fondamentale nella formazione ed evoluzione delle galassie estendendosi non solo nelle regioni attorno alle galassie, ma anche diffondendosi come una sottile ragnatela ovunque nel cosmo di cui ne costituisce, a larga scala, la struttura. Le recenti simulazioni dell’assemblaggio delle galassie ci presentano infatti un universo pervaso da una rete di materia oscura filamentosa di bassa densità che si estende negli spazi intergalattici e connette gli aloni molto densi di materia oscura dove si trovano gli ammassi galattici.

Ma esistono davvero massa ed energia oscura? Il dibattito è in corso da anni, al momento non ci sono risposte definitive, forse, per evitare il ricorso alla dark matter, le leggi sulla gravitazione generale dovrebbero essere riviste o modificate, e poi confermate con le osservazioni astronomiche, ma nulla di tutto ciò finora è stato portato a termine.

In questo dibattito si è inserito Rajendra Gupta, professore di Fisica nella facoltà di Scienze dell’Università di Ottawa, con due recentissime pubblicazioni, una del 2023 (Gupta 2023) e l’altra del 15 marzo 2024 (Gupta 2024), dove l’autore dimostra che l’età dell’universo è di 26,7 miliardi di anni, cioè circa il doppio di quella di 13,797 miliardi di anni stimata col modello
ɅCDM e che “ci sono diversi articoli che mettono in dubbio l’esistenza della materia oscura, ma il mio è il primo, per quanto ne so, che elimina la sua esistenza cosmologica pur essendo coerente con le principali osservazioni cosmologiche che abbiamo avuto il tempo di confermare”.

Una autentica bomba nel mondo dell’astrofisica. Il modello cosmologico di Gupta si basa sulla combinazione di due teorie: TL “tired light” (luce stanca), e CCC, “covarying coupling constants” (costanti di accoppiamenti covariabili). È noto che la luce proveniente da oggetti cosmici lontani subisce uno spostamento verso il rosso (redshift) dovuto all’espansione dell’universo che provoca uno stiramento della lunghezza d’onda (effetto Doppler) della radiazione luminosa. Maggiore è il redshift maggiore è l’età dell’oggetto cosmico da cui proviene, perché significa che arriva da una zona più lontana e ha viaggiato per un tempo più lungo prima di raggiungere i nostri strumenti di misura.

Da misure sperimentali sempre più accurate di questo fenomeno si è arrivati, risalendo a ritroso, a determinare la data dell’origine dell’universo pari a 13,7 miliardi di anni fa. Una spiegazione alternativa alla connessione tra il redshift e la distanza spazio-temporale fu proposta nel 1929 dall’astronomo svizzero Fritz Zwicky, il fisico che per primo aveva ipotizzato l’esistenza della materia oscura, che introdusse la teoria TL basata sulla possibilità che sulle immense distanze cosmiche i fotoni di luce perdano energia, nel caso di un universo statico, interagendo con particelle, campi di forze o altro; alla perdita di energia corrisponde un allungamento della lunghezza d’onda e quindi un redshift crescente con la distanza della sorgente.

Questa teoria non ebbe molto credito e negli anni fu abbandonata, ma Gupta nel suo modello cosmologico ha riconsiderato la TL agganciandola all’espansione dell’universo spiegando che le due teorie sul redshift non si escludono a vicenda ma possono integrarsi per suggerire la spiegazione di fenomeni non chiariti dal modello cosmologico standard attuale, reinterpretando “il redhift come un fenomeno ibrido, piuttosto che solamente legato all’espansione”.

Il secondo pilastro della teoria di Gupta si basa su un’ipotesi formulata dal fisico teorico Paul Adrien Maurice Dirac, uno dei padri della fisica quantistica, che proponeva che alcune costanti fisiche fondamentali che governano le interazioni tra particelle potrebbero variare in modo correlato nel tempo. Gupta ha calcolato che l’evoluzione di queste costanti, non più immutabili ma “covarianti”, porta a un indebolimento delle forze della natura su una scala di tempi cosmici; ciò provocherebbe l’espansione accelerata dell’universo causato dalle mutevoli interazioni tra particelle conosciute, senza ricorrere all’ipotesi dell’energia oscura, inoltre estende il periodo di formazione delle galassie primordiali, come quelle scoperte nel cosmo profondo dal JWST, il telescopio spaziale James Webb.

Infatti le osservazioni del JWST hanno fornito nuovi dati sulla struttura di questi oggetti formatisi circa 300 milioni di anni dopo il Big Bang, che presentano spostamenti verso il rosso molto elevati, e appaiono più vecchi rispetto all’età oggi calcolata del cosmo, analogamente a stelle come Methuselah e altre, con dimensioni e masse incompatibili col modello attuale dell’universo che potrebbe essere molto più antico.

Queste incongruenze e l’attenta considerazione di alcuni parametri cosmologici hanno portato Gupta a formulare il suo modello CCC+TL e a testarlo con varie osservazioni recenti, ottenendo un buon accordo anche sulla distribuzione delle galassie e su come si sia modificata la radiazione proveniente dall’universo primordiale, il fondo cosmico a microonde.

Gupta, riferendosi ai risultati ottenuti, conclude con le due affermazioni fondamentali citate all’inizio, e cioè che “nella cosmologia standard si dice che l’espansione accelerata dell’universo sia causata dall’energia oscura, ma in realtà è dovuta alle forze della natura che si indeboliscono mentre si espande, non all’energia oscura” e che “i risultati del suo studio (quello del 2024), confermando il lavoro precedente sull’età dell’universo di 26,7 miliardi di anni, ci ha permesso di scoprire che l’universo non ha bisogno della materia oscura per esistere”.

Attualmente la teoria di Gupta rimane in competizione col modello cosmologico convenzionale dell’universo, in quanto andrà validata nel tempo confrontandola con dati sperimentali sempre più accurati grazie allo sviluppo di telescopi e rivelatori più sensibili che avranno un ruolo cruciale nel testare il nuovo modello e supportarlo o rifiutarlo. La teoria di Gupta, dunque, non sembra in grado di dare una spiegazione corretta, al contrario del modello standard, su alcuni fenomeni come le rotazioni delle galassie e la formazione degli ammassi di galassie, ma sicuramente ha aperto nuove possibili vie per la comprensione delle proprietà fondamentali dell’universo.

Se il modello di Gupta verrà confermato, magari con aggiunte, revisioni e modifiche in base a nuove evidenze, avrà conseguito l’incomparabile merito di avere eliminato l’enigma, da decenni irrisolto, della smisurata presenza nel cosmo di massa ed energia oscura, teorizzate per spiegare il comportamento gravitazionale dei corpi celesti, ma finora mai rivelate, da cui sembrava impossibile affrancarsi.


Riferimenti bibliografici:

Francesco Cappellani, Euclid, un telescopio spaziale, la materia e l’energia oscura, in “InStoria”, n. 192, dicembre 2023.
Rajendra P. Gupta, JWST early Universe observation and
ɅCDM cosmology in “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”, Vol. 524, Issue 3, September 2023.
Rajendra P. Gupta, Testing CCC+TL Cosmology with Obeserved Baryion Acoustic Oscillation Features in “The Astrophisical Journal”, Vol. 964, Number 1. March 15, 2024.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]