[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

174 / GIUGNO 2022 (CCV)


contemporanea

NESTOR IVANOVIČ MACHNO

L’ANARCHICO UCRAINO CHE SFIDÒ I BOLSCEVICHI

di Enrico Targa

 

Nato a Huljajpole il 7 novembre 1888, Nestor Machno fu il quinto figlio di una famiglia di ex servi della gleba, contadini poveri dell’Ucraina orientale, culla dei cosacchi zaporoghi. Suo padre morì quando lui aveva solo dieci mesi, di conseguenza la sua infanzia fu segnata da una grande miseria tanto che all’età di sette anni lavorò come pastore; non riuscendo a frequentare la scuola la abbandonò definitivamente all’età di dodici anni. Successivamente lavorò a tempo pieno nelle terre della nobiltà e nelle fattorie dei kulaki (contadini benestanti) spesso coloni tedeschi di religione mennonita, ma si rese subito conto dell’ingiustizia di cui è vittima il popolo: all’età di tredici anni assistette a una correzione muscolare impartita dai suoi giovani padroni a un garzone di scuderia, quindi corse a chiedere aiuto al primo stalliere, Batko Ivan, che si precipita verso i due uomini. I contadini chiederanno poi conto al padrone delle violenze impartite al giovane garzone. Questa prima rivolta lasciò un segno profondo nel giovane Machno.

 

Durante la rivoluzione russa del 1905, fu attivo a livello locale a Huljajpole, dove il regime inviò un distaccamento di gendarmi a cavallo con lo scopo di reprimere gli assembramenti popolari. La gendarmeria fedele al regime zarista compì numerose violenze: le manifestazioni furono sciolte a colpi di frusta e i prigionieri picchiati con il calcio dei fucili.

 

All’età di 16 anni aderì all’Unione dei lavoratori poveri, un gruppo di giovani rivoluzionari che rivendicavano il comunismo libertario in opposizione all’autoritarismo attraverso l’azione diretta in particolare mediante le espropriazioni e la ridistribuzione dei beni confiscati ai ricchi. Come molti altri anarchici libertari dell’impero russo opposero alla repressione zarista con il “terrore nero”: il gruppo era guidato da Waldemar Antony (soprannominato Zarathustra), di origine ceca, che portò a conoscenza di questi giovani poco istruiti i libri di Bakunin, Kropotkin e Proudhon così come i libri di cultura generale, compresa l’astronomia, che li affascinò molto. In risposta al successo di questo gruppo, i proprietari terrieri crearono il movimento l’Unione dei Veri Russi: lo slogan «Uccidi Yid, salva la Russia» denota l’acceso antisemitismo dei suoi membri che si resero responsabili di atroci pogrom. L’Unione dei lavoratori poveri combatté i reazionari dell’Unione e lo distrusse anche fisicamente: «È stata la nostra prima vittoria» nota Machno nelle sue Memorie.

 

Tra la fine del 1906 e agli inizi del 1907 la repressione dell’autorità cadde sul gruppo: Machno venne arrestato e accusato di omicidio politico, ma fu subito rilasciato per mancanza di prove ma nel 1908, a seguito della denuncia di un informatore infiltrato nel gruppo da parte della polizia, fu nuovamente arrestato e incarcerato. Nel marzo 1910 Machno e tredici dei suoi compagni furono processati da un tribunale militare e venne condannato a morte per impiccagione. A salvarlo dalla fucilazione furono sia la sua giovane età sia gli sforzi della madre che consentirono la commutazione della pena in 5 anni di lavori forzati presso il carcere di Boutyrka, che era “a quel tempo una specie di università rivoluzionaria”. Vi studiò in particolare Bakounin, Kropotkin e sviluppò il suo concetto di mutuo soccorso.

 

Incontra Piotr Archinov con il quale parla molto, ma a causa del suo carattere poco conciliante, Machno viene regolarmente incatenato e messo in prigione: questa esperienza spiega il suo odio per le prigioni e, più tardi, durante la Guerra Civile, entrando in una città appena conquistata, il suo primo atto fu quello di liberare tutti i prigionieri e distruggere la prigione.

 

Grazie alla Rivoluzione di febbraio il 2 marzo 1917, dopo otto anni e otto mesi di carcere, Makhno riottenne la libertà insieme a tutti gli altri prigionieri politici. Alla fine di marzo 1917 tornò a Houliaïpole dove fu ben accolto. Dopo gli anni di carcere, di sofferenza, ma anche di studio, Makhno non era più un giovane militante inesperto, ma un anarchico che aveva messo alla prova la sua volontà e forgiato idee precise sulla lotta rivoluzionaria. Testimone dell’atteggiamento dominante degli intellettuali, non crede nell’onestà dei politici; ritrova i suoi vecchi compagni e li convince ad agire subito organizzando i contadini e gli operai.

 

Promuovendo la consultazione e la sensibilizzazione, durante una moltitudine di incontri ed elezioni si discusse, tra l’altro, di cosa fosse una cooperativa, un comune, un sindacato, un delegato, il ruolo di un Soviet o, cosa significasse prendere le terre. Il 29 marzo 1917 fu fondato un sindacato professionale di lavoratori agricoli, l’Unione dei Contadini: come primo atto politico i contadini si rifiutarono di pagare l’affitto ai proprietari. Machno intervenne anche nello sciopero vittorioso di una fabbrica del suo ex capo e nell’organizzazione del sindacato locale dei falegnami e dei metalmeccanici di cui viene nominato presidente. Dal 5 al 7 agosto, a Houliaïpole, sulla scia di quanto stava avvenendo in Russia un’assemblea regionale organizzò i sindacati contadini in un Soviet di delegati, contadini e operai; Machno reclutò una piccola truppa di contadini armati che si impegnò a espropriare gli aristocratici locali e a distribuire la terra ai contadini poveri. Ma il progetto fu ostacolato dall’opposizione dei proprietari terrieri e dai kulaki che si organizzarono facendo appello alle autorità provvisorie di Mosca.

 

Il 29 agosto, mentre il generale Kornilov tentava di prendere il potere a Pietrogrado, il Soviet di Houliaïpole formò un Comitato per la salvezza della Rivoluzione, di cui Machno fu nominato responsabile. Il giorno successivo, il comitato decise di abolire i privilegi e di disarmare i proprietari per preparare gli espropri e applicare il decreto sul terreno così come si discuteva da mesi a Houliaïpole. Il 25 settembre il Congresso dei Soviet e delle Organizzazioni Contadine convocò i grandi proprietari terrieri e i kulaki muniti dei loro titoli di proprietà (terreni, bestiame e attrezzature) che furono sequestrati: venne redatto un inventario e condiviso su base paritaria, anche con gli ex proprietari.

 

La proprietà fondiaria si trasformò così in proprietà sociale basata sul principio che nessuno deve possedere più terra di quella che è in grado di coltivare da solo, senza ricorrere a dipendenti. Questa azione di espropriazione e ridistribuzione delle terre, condotta in consultazione, anticipa l’altro decreto sulla terra promulgato il 26 ottobre 1917 e che il partito bolscevico, una volta al potere, imporrà con violenza. Machno desiderava costruire un nuovo ordine sociale «dove non ci sarebbe schiavitù, nessuna menzogna, nessuna vergogna, nessuna divinità spregevole, nessuna catena, dove non si può comprare né amore né spazio e ci sarebbe solo la verità e la sincerità degli uomini».

 

Su un territorio di due milioni e mezzo di abitanti liberato da ogni potere statale, gli insorti formarono comuni agrari autonomi dotati degli organi di democrazia diretta: soviet liberi e comitati di base. Terreni, fabbriche e officine vennero espropriati prima di essere collettivizzati e autogestiti: i comuni furono creati sulla base del volontariato, dell’uguaglianza e della solidarietà.

 

Nonostante quest’inizio molto promettente lo slancio rivoluzionario ucraino fu infranto il 3 marzo 1918 quando Lenin firmò il Trattato di Brest-Litovsk che riconosceva l’indipendenza dell’Ucraina (“il granaio e il cuore industriale della Russia”) ma di fatto il nuovo stato venne posto sotto il controllo economico alla Germania e all’Austria in cambio della pace: l’Ucraina fu occupata in meno di tre mesi dagli eserciti austro-tedeschi. Gli occupanti restituirono le terre ai vecchi latifondisti e iniziarono una campagna di arresti contro i rivoluzionari. Come reazione Il congresso anarchico di Taganrog, a fine aprile, decise di organizzare una guerriglia le cui azioni prevedevano l’azione armata in piccole unità da cinque a dieci combattenti e studiare la logistica per raccogliere armi e preparare una rivolta contadina generalizzata. Decise inoltre di inviare una delegazione a Mosca, e tra i nomi dei delegati non poteva mancare Machno.

 

Nel giugno 1918 Machno era a Mosca per «consultare alcuni vecchi militanti anarchici sui metodi e le tendenze da seguire nell’opera libertaria rivoluzionaria tra i contadini dell’Ucraina». Durante il soggiorno moscovita Conobbe Piotr Archinov e Pëtr Alekseevič Kropotkin, di cui disse “apprezzò molto alcuni consigli”. Ad aprile però la Ceka (corpo di polizia politica sovietico creato da un decreto del 20 dicembre 1917 da Lenin e Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij per combattere i nemici del nuovo regime russo) perseguitò il movimento libertario espellendolo dalle sue sedi, vietandone le pubblicazioni e imprigionando i militanti. Per Machno, proveniente da un’area in cui la libertà di parola e di organizzazione era ancora viva, la debolezza degli anarchici moscoviti fu uno shock; ora Mosca gli appare come “la capitale della rivoluzione di carta”, capace di produrre solo vuote risoluzioni e slogan mentre il partito bolscevico instaura una dittatura con la forza e con l’inganno.

 

Un po’ per caso incontra Lenin al Cremlino e il dibattito che ne scaturì verté su “tre punti”: la mentalità dei contadini in Ucraina; le prospettive immediate per questo paese e la necessità per i bolscevichi di creare un esercito regolare (Armata Rossa); il disaccordo tra bolscevismo e anarchismo. La sua conversazione, sebbene di un certo interesse, era troppo breve e superficiale per trasmettere qualcosa di reale importanza, affermò Machno che tornò immediatamente in Ucraina per liberare Huljajpole. Nel settembre 1918 si alleò con Fedir Shchus, un ex marinaio ucraino comandante di un piccolo distaccamento di resistenti.

 

Nonostante il loro piccolo numero (appena una dozzina), entrarono in città, spararono sull’occupante e scatenarono la rivolta degli abitanti che riuscirono a liberare Huljajpole: sarà l’inizio dell’organizzazione per la liberazione dell’Ucraina coordinata da Machno, ora soprannominato “Batko” (il padre) posto a capo dell’esercito anarchico chiamato Esercito insurrezionale rivoluzionario d’Ucraina, o Machnovščina o Esercito Nero (il nero è il colore della bandiera anarchica).

 

All’occupazione straniera si aggiunse la guerra civile tra i bolscevichi ei controrivoluzionari “bianchi” guidati da Denikin che prese il posto di Kornilov ucciso nei pressi di Krasnodar. È in questo quadro che si colloca la rivolta avviata da Machno, che dopo aver combattuto i tedeschi e i bianchi in Ucraina resiste al potere accentratore dei bolscevichi. Forte del suo successo a Huljajpole, la sua reputazione crebbe: «Presto Machno divenne il punto di raccolta per tutti gli insorti», scrive Volin (Vsevolod Mikhailovich Eichenbaum, fu uno scrittore, poeta e un anarco-sindacalista russo molto influente del movimento anarchico russo e internazionale).

 

A Machno si unì il più importante gruppo di resistenza, quello del ferroviere Victor Belaš, e a quest’ultimo Machno affidò la responsabilità di federare l’esercito Machnovščina e di esserne il capo di stato maggiore. Sotto il comando congiunto di Machno e di Belaš l’esercito insurrezionale composto in maggioranza da contadini praticò la tattica della guerriglia dimostrando una straordinaria mobilità durante le operazioni militari con continui attacchi e fughe che misero in difficoltà contemporaneamente austro-tedeschi, i controrivoluzionari bianchi e l’esercito della Repubblica popolare ucraina guidato dal presidente Symon Petljura (il quale, dopo aver perso Kiev fu costretto a soggiornare in Polonia in rappresentanza del governo ucraino in esilio, di allearsi con la Polonia e stipulare con essa un trattato, l’operazione Kiev o Trattato di Varsavia del 1920, con il quale cedeva ai polacchi la Galizia e la Volinia e garantiva i diritti dei possedimenti polacchi in Ucraina contro eventuali espropriazioni).

 

In conseguenza del Trattato di Varsavia (rispondente al disegno del generale polacco Piłsudski cioè creare una “Grande Polonia” o Federazione Międzymorze comprendente Ucraina, Lituania e Bielorussia) i circa 5.000 sopravvissuti dell’esercito ucraino della Galizia preferirono poi arruolarsi nell’Armata Rossa.

 

L’esercito Machnovščina fu organizzato sulla base specificamente libertaria del volontariato: tutti gli ufficiali erano eletti dai soldati e la disciplina fu dura ma molto più accomodante rispetto al modello zarista. Dopo la vittoria contro i Bianchi, l’Armata Rossa, che aveva stretto un’alleanza militare temporanea con Machno riuscì a cacciare da Kiev i polacchi e gli ucraini guidati da Petljura nel giugno del 1920 e ora aveva mano libera per reprimere il movimento anarchico.

 

Nell’agosto del 1921, dopo mesi di aspri combattimenti contro i bolscevichi, Machno sconfitto lasciò l’Ucraina e attraversò il confine rumeno: per i comunisti libertari fu un duro colpo, l’Esercito insurrezionale rivoluzionario ucraino combatté con onore e fu il simbolo della lotta per l’instaurazione del comunismo non autoritario e libertario contro il comunismo totalitario instaurato fin dal 1918 dai bolscevichi.

 

Secondo uno dei tanti manifesti propagandistici dell’Esercito insurrezionale: «La Machnovščina non è anarchismo. L’esercito machnovista non è un esercito anarchico, non è formato da anarchici. L’ideale anarchico della felicità e dell’uguaglianza generale non può essere raggiunto attraverso lo sforzo di nessun esercito, anche se fosse formato esclusivamente da anarchici. L’esercito rivoluzionario, nel migliore dei casi, potrebbe essere utilizzato per la distruzione dell’odiato vecchio regime; per il lavoro costruttivo, l’edificazione e la creazione, qualsiasi esercito, che, logicamente, può contare solo sulla forza e sul comando, sarebbe del tutto impotente e persino dannoso. Perché la società anarchica diventi possibile, è necessario che gli stessi lavoratori nelle fabbriche e nelle imprese, gli stessi contadini, nei loro paesi e villaggi, si uniscano per costruire una società antiautoritaria, senza aspettarsi decreti-legge da nessuna parte. Né gli eserciti anarchici, né gli eroi solitari, né i gruppi, né la Confederazione anarchica creeranno una vita libera per i lavoratori e i contadini. Solo i lavoratori stessi, attraverso sforzi coscienti, potranno costruire il loro benessere, senza uno stato o signori».

 

Accanto alle attività militari Machno contribuisce alla creazione, su una regione di trecento chilometri di diametro che va dal Mar Nero al Donbass, di un embrione di una società rurale libertaria basata sull’autogestione. Per diversi mesi i contadini ucraini ebbero la sensazione di vivere, secondo le testimonianze dell’epoca, “senza alcun potere politico”; liberi comuni si organizzano sulla base del mutuo soccorso materiale e morale e dei principi non autoritari ed egualitari. Ogni comune si dotò di un perimetro di terreno corrispondente ai bisogni dei suoi membri.

 

Nonostante una difficile situazione militare il movimento insurrezionale anarchico riuscì a organizzare tre congressi regionali il 23 gennaio 1919, il 12 febbraio e il 10 aprile 1920. I congressi riunirono delegati, contadini e soldati, coordinarono gli sforzi per il rapido raggiungimento degli obiettivi economici e sociali fissati dalle masse contadine; il Terzo Congresso riunì i delegati di 72 distretti che rappresentano più di 2 milioni tra uomini e donne, ma incontrò la disapprovazione di Pavel Dybenko, comandante della divisione bolscevica: il congresso fu dichiarato controrivoluzionario ei suoi organizzatori fuorilegge.

 

Perché i bolscevichi contrastarono il programma anarchico? La risposta risiede nelle divisioni teoriche e programmatiche, inconciliabili, tra anarchici e bolscevichi: il movimento libertario sostenne la struttura dei Soviet (organismi di rappresentanza degli operai e dei contadini) del lavoro libero che, a differenza dei Soviet politici dei bolscevichi, furono organi di autogoverno che promuovevano la libertà di espressione, parola, stampa e associazione e favorì i legami con le forze militanti anarchiche che si stanno strutturando (la Confederazione delle organizzazioni anarchiche dell’Ucraina  nel novembre 1918 a Kursk e fin da subito i legami con il movimento della Machnovščina).

 

Il programma politico degli anarchici si può riassumere nel rifiuto nel ruolo di guida dei gruppi privilegiati (non lavoratori), nella sfiducia nei confronti di tutti i partiti, nella negazione di qualsiasi dittatura (principalmente quella di un’organizzazione sopra il popolo), nella negazione del principio di Stato, nel rifiuto di un periodo “transitorio” e l’autogestione dei lavoratori da parte dei Soviet liberi. Nell’aprile del 1919 a Yelisavetgrad l’attuale Kropyvnytskyi, gli anarchici denunciarono l’influenza e l’autoritarismo dei bolscevichi sui Soviet e l’organizzazione puramente militarista dell’Armata Rossa dichiarandosi favorevoli a un tipo di “esercito dei partigiani rivoluzionari” sul modello della Machnovščina.

 

A riprova di questi legami instaurati tra anarchici ei machnovisti, nell’agosto del 1919 Volin fu nominato capo del “Consiglio militare insurrezionale” della Machnovščina e il 28 agosto 1921 Machno insieme a 78 dei suoi seguaci si rifugiò in Romania dove risiedeva il Commissario del popolo per gli Affari esteri dell’URSS, Georgy (Yuri) Vasilyevich Chicherin che tentò invano di fare pressione sul governo rumeno per estradarlo con l’accusa di “attività terroristica” contro l’Ucraina.

 

Per fare un po’ di chiarezza, la Repubblica Comunista Ucraina che venne proclamata a Charkiv nel 1919 era conosciuta come Repubblica Popolare Ucraina, cosa che generò parecchia confusione con l’omonima Repubblica Popolare Ucraina ma con capitale Kiev fondata da Symon Petljura che era nota anche col nome di Repubblica Nazionale Ucraina per distinguersi dalla prima. Con il formarsi dell’Unione Sovietica nel 1923 il nome venne cambiato in Repubblica Socialista Sovietica Ucraina con iniziali УССР in ucraino, RSSU in italiano. Nel 1936 il nome della repubblica venne cambiato di nuovo, così come quello di tutte le altre repubbliche sovietiche, trasponendo la seconda e la terza parola: dal 1936 al 1991 la denominazione è Ucraina Sovietica Socialista Repubblica.

 

Machno dopo aver lasciato la Romania si recò in Polonia dove venne incarcerato per presunti crimini commessi in Ucraina contro gli interessi della Polonia mavenne assolto ma una volta giunto a Danzica fu comunque imprigionato. Riuscì a fuggire grazie all’aiuto dei suoi compagni che lo aiutarono a raggiungere Berlino prima di stabilirsi a Parigi nel 1925. Nel giugno 1926, su iniziativa di Nestor Makhno, Piotr Archinov e Ida Mett, il “Gruppo di anarchici russi all’estero” pubblicò in russo la “Piattaforma organizzativa dell’Unione generale degli anarchici” (Draft). In ottobre, Volin terminò la traduzione del testo pubblicato in francese nelle Editions de la Librairie internationale.

 

La Piattaforma si compone di tre parti: una parte generale, sul capitalismo e la strategia per rovesciarlo; una parte costruttiva, sul progetto comunista libertario e una parte organizzativa sul movimento anarchico. La parte generale afferma che l’anarchismo non è una “bella fantasia né un’idea astratta di filosofia” ma un movimento operaio rivoluzionario. Offre un insieme di linee guida basate sul materialismo e sulla lotta di classe come motore della storia. In una situazione rivoluzionaria, l’organizzazione anarchica deve offrire una guida “in tutte le aree della rivoluzione sociale”. La sfida è “legare la soluzione di questi problemi alla concezione generale del comunismo libertario”.

 

La parte costruttiva propone un progetto di società di transizione; la produzione industriale segue il modello dei Soviet federati mentre per quanto riguarda i consumi e la questione agraria, la Piattaforma si distingue dal “comunismo di guerra” di Lenin, che consisteva nel depredare le campagne per sfamare le città. Quanto alla difesa della rivoluzione, il modello è quello della Machnovščina: “carattere di classe dell’esercito”, “volontariato”, “libera disciplina”, “completa sottomissione dell’esercito rivoluzionario alle masse operaie e contadine”. Infine, la parte organizzativa propone quattro “principi fondamentali” per un’organizzazione anarchica: unità teorica, unità tattica, responsabilità collettiva e federalismo.

 

Nell’aprile 1927, Volin e sette dei suoi collaboratori pubblicarono un opuscolo di 40 pagine dal titolo “Risposta alla piattaforma”. Il tono è polemico, gli autori accusano gli autori della Piattaforma chiamati “piattaformisti” di avanguardia e di voler “bolscevizzare” l’anarchismo. Ogni punto della Piattaforma viene sezionato e radicalmente confutato perché stando a Volin, il carattere di classe dell’anarchismo è negato, essendo anche l’anarchismo una concezione “umanitaria e individuale”. La parte costruttiva è paragonata al “programma di transizione” leninista. I principi organizzativi sono paragonati alla disciplina da caserma. Anche la difesa della rivoluzione, ispirata alla Machnovščina, è condannata.

 

Gli autori della Risposta vedevano nel programma proposto dalla Draft la “creazione di un centro politico dirigente, di un esercito e di una forza di polizia a disposizione di questo centro, il che significa, in sostanza, l’insediamento di un’autorità politica transitoria a carattere statale”. Poche settimane dopo, Piotr Archinov pubblicò “La risposta ai confusionisti dell’anarchismo”. Nel 1928 Sébastien Faure e Volin elaborarono la sintesi anarchica che mirava a superare le divisioni interne, sia teoriche che organizzative, del movimento anarchico; Volin, in particolare, propone una sintesi delle diverse correnti del movimento allora esistenti: comunista libertario, anarco-sindacalista, individualista. Secondo Volin queste correnti sono legate e molto vicine tra loro e le differenze esistono solo per un malinteso artificiale, occorre quindi fare una sintesi teorica e filosofica delle dottrine su cui si queste tre varianti si basano dopodiché possiamo fonderle e considerare la struttura e le forme precise di un’organizzazione rappresentativa di queste tre tendenze.

 

La polemica tra sintetisti e piattaformisti continuò fino al 1931: all’accusa di “bolscevismo” di alcuni rispose quella di “dilettantismo” di altri. Machno nel pieno di questa polemica arrivò a Parigi nell’aprile del 1925 e fu ospitato da amici russi, prima a Saint-Cloud poi a Romainville fino a quando insieme alla sua famiglia si trasferì a Vincennes il 21 giugno 1926.

 

Fisicamente provato, affetto da tubercolosi e ricoperto di cicatrici: «Il suo corpo non è altro che cicatrici e pezzi di schegge circolano sotto la sua pelle», racconta Louis Lecoin. Nel 1928, un intervento chirurgico non riuscì a estrarre delle schegge di mitraglia che lo colpirono negli anni della guerra; nonostante i medici gli sconsigliassero di rimanere in piedi a lungo, lavorò come assistente di fonderia per un periodo a Vincennes, poi tornitore alla Renault di Boulogne-Billancourt, mentre il suo socio lavorava in un calzaturificio a Parigi senza che il suo attivismo politico venga meno.

 

A Parigi, Machno infatt ritrova Volin e altri esiliati russi. Insieme a Piotr Archinov e Ida Mett, forma un nuovo gruppo chiamato Dielo Trouda e iniziò a scrivere le sue Memorie con l’aiuto di Ida Mett: il primo volume da titolo La rivoluzione russa in Ucraina apparve nel 1927. (le sue Memorie, la cui storia termina nel 1918, rimangono incompiute).

 

Il 16 maggio 1927 fu oggetto di un’ordinanza di espulsione, che non fu eseguita grazie all’intervento di Louis Lecoin, purché rispettasse una rigorosa neutralità politica e nel luglio dello stesso anno incontra gli anarchici spagnoli Buenaventura Durruti e Francisco Ascaso ai quali afferma che le condizioni per una rivoluzione libertaria sono più favorevoli in Spagna che in Russia perché esiste un proletariato e una massa contadina di tradizione rivoluzionaria e che gli anarchici spagnoli hanno un senso dell’organizzazione che mancava in Russia: «È l’organizzazione che assicura il successo profondo di tutte le rivoluzioni» (anche durante la guerra civile spagnola del 1936-1939 le divisioni tra anarchici e comunisti aderenti alla Terza Internazionale  portò a un conflitto armato tra le due fazioni).

 

Dato che Machno viveva ormai in condizioni di estrema miseria, l’Unione Comunista Anarchica lanciò nel 6 aprile 1929, su Le Libertaire, un appello per “una solidarietà a lungo termine a favore di Machno”; nel 1929 con tutta la famiglia fu invitato dal gruppo anarchico di Aimargues nel dipartimento francese del Gard. La sua salute peggiorò e il 16 marzo 1934 fu ricoverato in ospedale all’ospedale Tenon morendo la mattina del 25 luglio 1934. Il 28 luglio fu cremato nel cimitero di Père-Lachaise, alla presenza di diverse centinaia di persone, tra cui Volin che pronunciò il suo elogio funebre. Le sue ceneri sono conservate nel colombario di Père-Lachaise. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]