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ANTICA


N. 134 - Febbraio 2019 (CLXV)

Il senso effimero di una necropoli scomparsa

Rituali funerari in un sito di frontiera: il caso di Poggio Montano

di Sabrina Colacicco

 

L’altura di Poggio Montano s’innalza sulla destra del cosiddetto “Fossatello”, situato 4 km a nord-ovest di Vetralla (Viterbo), presso la strada che conduce alla necropoli di Norchia. L’altura s’individua attualmente nel foglio Castel d’Asso-137 III S.O. della Carta d’Italia 1:25.000 dell’I.G.M. alle coordinate 55-92, e il toponimo adesso designa una vasta area compresa tra la località Mangani, Doganella e Casalino, che include le zone dette di Ucciano e Fossatello.

 

La necropoli fu scoperta nell’aprile del 1903, scavata nel tufo emerso in una delle tante depressioni che solcano il Poggio. L’area occupata dal complesso sepolcrale è di circa 900 mq, le tombe sono concentrate, fittamente accomodate e a poca distanza le une dalle altre. Atipica è la tomba L, a fossa, unica eccezione giacché disposta a circa 30 m. verso ponente, a partire dall’estremità occidentale della necropoli, isolata dal gruppo principale.

 

Può dividersi cronologicamente in tre zone, caratterizzate dalle differenti specie di tombe che le componevano e dalle suppellettili che caratterizzavano i seppellimenti. La necropoli è composta da 59 tombe; la prima zona si apriva nel punto più alto dell’insenatura, in tal luogo si trovarono le tombe più antiche a pozzetto, con o senza ziro, di seguito le fosse a incinerazione, frammiste alle fosse a inumazione.

 

Il primo nucleo, distinto e raggruppato, occupava uno spazio esposto in pieno mezzogiorno, il cui asse maggiore, da nord a sud, misurava circa m. 35, e l’asse minore, da est a ovest, m. 25. Pozzetti e fosse si scoprirono nello stesso livello e nel medesimo strato di terreno, senza pietra e/o cippo alcuno che ne indicasse la postura.

 

Le fosse a inumazione più antiche erano tutte di un solo tipo, in spazio pieno, deposizione caratterizzata dalla sepoltura del cadavere direttamente nel terreno, che lo ricopriva interamente insieme alle suppellettili depostevi.

 

A contatto delle fosse sorsero le tombe a corridoio, costituenti una seconda zona e scavate su più linee, le une vicine alle altre, seguendo nella direzione l’andamento tortuoso del terreno. Piccole grotticelle lavorate con una certa cura; possedevano volta molto arcuata, con alte panchine laterali, su cui erano deposti i defunti, e fossette di scolo nel mezzo. Si accedeva attraverso un angusto corridoio e per una ristretta porticina la quale, quando il sepolcro era inviolato, si trovava chiusa da un grande lastrone di tufo.

 

Alle tombe a corridoio succedevano le camere sepolcrali di maggiori dimensioni, con il soffitto a guisa di tetto a due spioventi e con trave imitata a rilievo nel mezzo. Di seguito, verso ponente vi erano alcune grotte sepolcrali rozzamente lavorate a volta quasi piana, alcune con rialzi per sarcofagi o per urne cinerarie, altre con loculi scavati sul piano della grotta stessa normalmente a una fossetta centrale, che tagliava la tomba longitudinalmente. Infine, alcune fosse a pianta trapezoidale, coperte probabilmente da tegoloni, appartenenti a un’età recente.

 

Le dinamiche topografiche individuate per Poggio Montano sono condivise da molte necropoli dell’Italia medio-tirrenica, in genere delimitate naturalmente da un pendio, un fossato o da un corso d’acqua, che ne condiziona lo sviluppo. Nel caso specifico, la direttrice seguita nel corso dell’ampliamento del sepolcreto può essere definito in parte radiale. Intorno a un nucleo centrale rappresentato dalle tombe a pozzetto più antiche, si scavarono le posteriori tombe a fossa, dal principio in almeno due settori differenti e in seguito maggiormente verso sud secondo l’andamento dell’area di occupazione, anche se talune tombe trovarono spazio fino all’epoca più tarda nella zona inizialmente utilizzata. Sviluppo confermato dall’evidenza che in almeno due casi le tombe a fossa hanno disturbato i pozzetti, più superficiali, anche ammettendo una volontarietà di connessione tra queste sepolture.

 

Cinque sono i casi in cui due sepolture furono consapevolmente collegate, a indicare ed enfatizzare rapporti parentali: le tombe 1 e 51, affiancate e senza alcun setto di divisione, ipoteticamente relative a una coppia di sposi. Le tombe 15 e 18 separate da piccolo tramezzo: si tratta di un capo-guerriero di prestigio dell’ultima fase e di una donna adulta, tra le capostipiti della comunità, collocata fra le tombe più antiche, identificabile forse con la progenitrice del “princeps” della tomba 15, rilevando in tal modo il rapporto matrilineare.

 

La tomba 25, coeva alla 15 e simile a essa per corredo, collegata alla tomba a fossa 3, posta a ovest di essa e apparentemente identificava una donna a cui fu riservato il rituale incineratorio. Le tombe 43 e 45, relative a un adulto e a un giovane, dato rilevato dalle dimensioni delle fosse, il sesso resta indefinito.

 

L’istmo che le congiungeva si apriva dall’angolo nord del lato breve orientale, angolo settentrionale della fossa 45, disposta obliquamente; le tombe 55 e 57 associate a una giovane donna e forse a una fanciulla, collegate con un canale scavato dal centro del lato breve orientale, presso l’angolo sud della tomba femminile. La tomba 55 è l’unica nel sepolcreto a possedere uno dei lati brevi arcuato, fattore che ricorderebbe l’aspetto di una culla.

 

Evidenze che lasciano presagire quanto la necropoli fosse suddivisa per settori riservati a membri della stessa famiglia, che enucleavano i loro legami privati nella disposizione delle unità tombali.

 

Le strutture tombali facenti parte della prima fase del sepolcreto sono tre pozzetti, semplici cavità ovoidali scavate nel terreno in cui fu inserito l’ossuario contenente i resti dell’incinerazione. Non si rinvenne oggetto alcuno, unica eccezione è rappresentata dalla tomba 22 contenente una fibula ad arco semplice non conservatasi.

 

Contemporaneamente, o in un momento di poco successivo, furono allestite un’ulteriore tomba a pozzetto semplice e cinque tombe a fossa. Pare configurarsi già in questa fase due-tre nuclei distinti. Il primo caratterizzato dalle tombe a pozzetto al centro, nucleo originario della necropoli.

 

I pozzetti, più superficiali, alterati probabilmente dalle arature, apparvero al momento della scoperta, sconvolti e mutili, fatta eccezione per la tomba 34 possedente un dolio con urna e corredo al suo interno. Il secondo comprende alcune tombe a fossa rettangolare nell’area settentrionale, di cui una maschile e tre femminili.

 

A una fase successiva appartiene un gruppo di circa dieci sepolture a fossa in cui si evidenzia l’esclusivo uso del rituale inumatorio, disposte intorno alle più antiche incinerazioni in pozzetto semplice, e collocate presso l’estremità nord-occidentale del sepolcreto. Si riconoscono sei tombe maschili, membri della comunità connotati come guerrieri, a causa della lancia disposta al fianco del corpo, e in cui appare costante la presenza del rasoio, di una-due fibule serpeggianti, un’olla, spesso di stile italo-geometrico, o di un’anfora, grandi contenitori di liquidi, all’interno dei quali sono disposte tazzine.

 

Non si può asserire con certezza un gruppo parentale in dato settore, anche se l’identificazione di altri gruppi di sepoltura lascerebbe spazio a questa interpretazione. Evidente è l’intenzione di ricollegarsi al nucleo delle sepolture dei capostipiti della comunità.

 

Un secondo nucleo di tombe a inumazione appartiene a donne e giovani individui, si dispone verso sud-est. L’unico uomo deposto in quest’area appartiene a una fase successiva della necropoli. Sepoltura più antica nella sequenza è la tomba 12, ricca di corredo personale e ceramico, quest’ultimo caratterizzato da tratti arcaicizzanti discordanti con la datazione generale della tomba, composta anche da due skyphoi d’imitazione greca, oggi perduti. A est di questa sepoltura si colloca una serie di tombe a fossa quasi esclusivamente femminili.

 

Un’ulteriore area separata dalle altre s’individua a sud-ovest con le tombe 9, a inumazione, e 10, forse incinerazione in grande fossa. Queste sepolture contengono i reperti forse più interessanti di ceramica in argilla depurata: nella tomba 9 la brocca con cerchi concentrici, probabilmente di origine greca, e nella tomba 10 l’olla con ricca decorazione a cerchi concentrici e altri motivi tipici del repertorio geometrico ellenico.

 

Le tombe 11 e 26, realizzate nel corso della fase successiva in quest’area, mostrano segni particolari: nella 11 fu deposta l’oinochoe ispirata al repertorio tardo-geometrico corinzio; per la 26, da annoverare la posizione anomala del corpo femminile, deposto di fianco e con le gambe rannicchiate entro una sorta di approfondimento ricavato sul fondo della fossa.

 

Nell’ultima fase d’uso della necropoli si sviluppano diciassette sepolture di particolare ricchezza, disposte in tutti i settori a occupare spazi vacanti. fatta eccezione forse per le tombe 1,3,11, incinerazioni in grandi fosse, e le tombe a pozzetto quadrangolare o circolare con incinerazione in dolio, tombe 21 e 37, rituale tipico adottato per personaggi maschili. Nel settore primordiale nord-occidentale del sepolcreto sono scavate nuove tombe, nei pressi delle precedenti a fossa più antiche. A sud delle più antiche tombe 9 e 10, cinque nuove deposizioni sfruttano progressivamente un’area in precedenza libera da sepolture: trattasi, in ordine topografico da nord verso sud, delle tombe 3, 25, 26, 2 e 40, femminili, tranne la 25. Nel settore “femminile” sud-orientale è deposto l’unico uomo presente nell’area, tomba 1, probabile si tratti del consorte della donna sepolta nella tomba 51.

 

L’unica tomba distante dal resto della necropoli, tomba 50, si data a questo periodo, collocandosi al suo termine, forse inaugurava una nuova area, che non ebbe seguito per la cessazione dell’esistenza di questa comunità. Anche in questo caso si tratta di una donna, per la presenza di fermatrecce ai lati del cranio.

 

Osservando e analizzando l’organizzazione spaziale della necropoli, si denotano quattro gruppi forse di natura familiare. Il primo dà origine alla comunità riflessa nella necropoli, lega i suoi defunti al nucleo originario di alcuni individui incinerati, sottolineando un legame diretto con i fondatori della comunità stessa. Una seconda “famiglia”, quella dell’area nord-orientale, più esigua, costituisce il proprio spazio intorno a un importante elemento femminile incinerato nella fossa 46. Il settore sud-orientale sembra destinato ad accogliere deposizioni femminili e giovani della comunità, almeno in un primo momento. In ultimo l’area più recente della necropoli accoglie elementi anomali: oltre alla singolare posizione della sepolta nella tomba 46, sono presenti alcuni oggetti d’importazione significativi.

 

Circa il sesso degli incinerati, si nota che le tombe a pozzetto con dolio erano riservate a uomini, mentre nel caso delle tombe a fossa con rito incineratorio, considerando i casi in cui è stato possibile definire con certezza il sesso, il bilancio è di cinque donne contro una sola deposizione maschile, proporzione evidentemente indicativa se si considera che quest’ultima sia stata inserita tra le sepolture incineratorie in via del tutto dubitativa. Si tratterebbe quindi di un trattamento rituale riservato solo a donne di rango elevato o appartenente a una stessa fascia d’età.

 

Per quel che concerne le tombe a inumazione si possono evidenziare alcuni gruppi sulla base della struttura o dell’orientamento delle fosse o delle classi dimensionali delle stesse. Notiamo almeno quattro tipi di strutture tombali. Maggiormente rappresentata, è la categoria della semplice fossa rettangolare a fondo piano; sei tombe a fossa rettangolare presentavano il fondo concavo; quattro una banchina risparmiata nel tufo lungo il perimetro e il fondo concavo. Si può ipotizzare che la banchina fornisse l’appoggio a una lastra di copertura rettangolare unica a custodire la sepoltura. Due fosse presentavano andamento trapezoidale. Rispetto all’orientamento si nota un sostanziale allineamento all’andamento est-ovest, anche se non mancano anomalie.

 

La posizione geografica di Poggio Montano, su una delle possibili direttrici delle vie di comunicazione interna che collegavano l’area tiberina da un lato con i centri campani e con l’area bolognese, rende possibile ipotizzare il suo inserimento nei flussi commerciali di quest’area. Ruolo primario per la comunità di Poggio Montano è senz’altro l’agricoltura, ma a emergere è l’importanza dello scambio con le altre comunità dell’entroterra, vicine e lontane, evidenti dall’analisi dei corredi.

 

Il materiale d’influenza greca, il vasellame metallico, quasi onnipresente, l’abbondanza dei corredi personali sono indicatori della volontà dei membri della comunità di connotarsi in questo senso. L’ideologia del banchetto, attestata dalla presenza di ceramiche tardo-geometriche, che costituiscono il servizio da simposio, manifesta l’accoglimento di un modello culturale che godeva di prestigio nell’Etruria protostorica e che è appannaggio esclusivo di una precisa classe sociale. Poggio Montano fa propria questa ideologia ellenizzante, a indicare con quale forza l’impatto con il mondo greco abbia modificato e influenzato, in un volgere del tempo relativamente breve, il mondo etrusco-italico, mutandone radicalmente il volto.

 

La connotazione aristocratica, anche se si tratta di un’aristocrazia minore, di provincia, appare chiara dalla fattura e composizione delle suppellettili funebri. I corredi poveri sono in realtà tali a causa di predazioni e manomissioni antiche o, in alcuni casi, perché relativi a membri di minor peso.

 

La breve durata del sito, sessant’anni circa, può forse trovare nuova luce interpretativa in quest’ottica. Con il progressivo decadimento di questo itinerario commerciale interno a favore di quello costiero, gestito da centri di maggiore respiro e più ampia solidità demografica e militare, viene meno la sua ragion d’esistere, gli individui presenti nelle società saranno stati riassorbiti o da una comunità limitrofa, tra quelle da poco sorte, o da Tarquinia, il maggiore della zona.

 

L’interesse nei confronti del sito archeologico di Poggio Montano nasce dalla precisa volontà di comprendere le dinamiche sociali, presenti in un centro periferico, attraverso uno studio metodico del rituale funerario.

 

Esso, infatti, enuncia l’espediente simbolico per affermare lo status caratterizzante gli individui nella struttura sociale, evidenziando le variazioni antropologiche, culturali e materiali sviluppatesi in tale comunità. L’importanza del complesso appare rilevante poiché fornisce una consistente documentazione della fase finale della prima età del ferro (VIII sec. a.C.), in un centro interno dell’Etruria meridionale.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Colini, G., Necropoli di Poggio Montano in “Notizie degli Scavi di antichità”, 9, Vetralla 1914, pp. 297-362.

Cristofani Martelli, M., La tomba XXX di Poggio Montano (Vetralla), in Nuove letture di monumenti etruschi, Catalogo della mostra, Firenze 1971, pp. 17-24.

Emiliozzi, A., La collezione Rossi Danielli nel Museo Civico di Viterbo, Roma 1974, pp. 29-38.

Martini, F., Archeologia del Paleolitico, Roma 2008, p.69.

Piergrossi, A., Ricerche in corso sulla necropoli di Poggio Montano, in L. Mercuri-R. Zaccagnini, Etruria in progress. La ricerca archeologica in Etruria meridionale, Roma 2015, pp. 48-54.

Piergrossi, A., Una comunità di frontiera: Poggio Montano, in “Archeologia Classica, LIII (202), 2018, pp. 1-63.



 

 

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