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N. 114 - Giugno 2017 (CXLV)

BREVE STORIA DELLA MUSICA ARABA MEDIEVALE
DALLE ORIGINI AL SECOLO XIV - PARTE II

di Vincenzo La Salandra

 

Con la dinastia omàyyade, assieme all’impulso generale che ottenne la più pura cultura araba in generale, anche la musica iniziò a fiorire come vera arte, e a essere coltivata non più solo dagli schiavi, ma anche da personaggi di libera e nobile nascita, financo nelle città sante di Mecca e Medina.

 

E iniziano così a risuonare i nomi dei primi grandi musicisti come Ibn Misgiah e Màlik at-Tà’ì, di celebri cantanti come Salàmah al-Qàss Habbàbah e Giamìlah, ma anche di innovatori della musica del calibro di Ibn Surayg e Ma’bad, fino ad arrivare al primo "letterato musicale", anticipatore diretto di al-Isfahànì: Yùnus al-Kàtib, che raccolse una gran mole di materiale biografico e storico-musicale. Yùnus scrisse alcune opere sulla musica che furono, per la parte più antica, le fonti dirette del Kitàb al-aghànì.

 

Nell’epoca abbàside la musica, come tutte le altre scienze e arti, raggiunse il suo massimo splendore. E sorsero delle vere accademie-scuole musicali da Oriente a Occidente: le più celebri rimasero quella di Ibràhim al-Mawsilì a Baghdàd e quella di Ziryàb a Cordova. In queste accademie venivano insegnate la musica, dal punto di vista pratico e teorico, ma anche letteratura e le scienze. In questo periodo aureo si dedicarono alla musica anche gli stessi membri delle famiglie regnanti e gli aristocratici.

 

Si occuparono di musica, oltre al nostro protagonista Abù l-Farag al-Isfahànì, anche i grandi filologi classici, come Khalìl ben Ahmad, i medici, come nel caso di Hunayn ibn Ishàq, e i filosofi, tra i quali Ya’qùb ibn Ishàq al-Kindì, Ibn Sìnà e Ibn Rushd. E studiarono la musica persino gli scienziati, come nel caso di Nàsir ad-Dìn at-Tùsì. In tale vivace contesto proliferarono scritti, saggi e trattatelli speciali, abbondanti in notizie storiche e aneddotiche sui musicisti, i cantanti e i mecenati della musica araba.

 

Spicca su tutta questa abbondante produzione, il vero grande teorico della musica islamica medioevale, il vero fondatore del tecnicismo musicale, delle definizioni e della terminologia araba sulla musica: Muhammad ibn Tarhàn al-Fàràbì. Val la pena inoltre ricordare i nomi delle grandi cantanti e musiciste islamiche Basbas, ‘Ubaydah at-Tunbùriyyah e Mahbùbah, tutte e tre dotate di grande cultura letteraria e simbolo di una pletora, una vera pleiade di colleghe che ebbero a vario titolo fama e ricchezze.

 

È interessante notare che se per i primi anni abbàsidi tutta la vita e la cultura araba furono potentemente influenzate e contaminate dalla civiltà persiana sàsànide, dal canto suo la musica si mantenne invece quasi interamente originale. A ben vedere, fu solo la nomenclatura musicale persiana a essere generalmente accettata.

 

Il Farmer affermava che i musicisti formavano all’epoca una classe ben distinta, piuttosto chiusa e tendenzialmente conservativa, e questo fenomeno fu alla base dell’autonomia originaria della musica araba, che solo in tempi di decadenza generale dell’impero arabo, perderà la sua originalità indigena per subire le influenze straniere.

 

Con alcune citazioni sparse da Ibn Khaldùn, il quale dedica una sezione alla musica e al canto nel più ampio capitolo della Muqaddimah sui Vari modi di guadagnarsi da vivere, è suggestivo concludere questo contributo. Dopo aver parlato in generale sulla produzione tecnica della musica Ibn Khaldùn giunge alle concezioni generali sul bello e la bellezza e sull’armonia, che confluiscono in una pagina sulla musica di questo filosofo arabo che ci sembra illuminante e modernissima:

 

L’oggetto che è più adatto all’uomo e nel quale egli più facilmente percepisce la perfetta armonia, è la forma umana. Di conseguenza è più congeniale a lui percepire la bellezza e l’amabilità nelle linee e nei suoni della forma umana. Quindi, ogni uomo desidera la bellezza negli oggetti della visione e dell’udito, come un requisito della sua natura. La bellezza negli oggetti dell’ascolto è l’armonia e la mancanza di disamonia/disaccordo nei suoni. I suoni hanno determinate qualità. Possono essere sussurrati o alti, delicati o forti, vibranti o costretti, e via di seguito. L’armonia tra essi e ciò che conferisce loro bellezza. Una tale armonia può essere semplice. Molte persone sono dotate dalla natura per raggiungerla. Non hanno bisogno di speciali istruzioni o allenamento, ed esistono persone naturalmente dotate per il metro della poesia, per il ritmo e la danza, e simili. L’armonia può anche risultare dalla composizione. Non tutti gli esseri umani sono simili nella conoscenza dell’armonia, e nemmeno sono tutti ugualmente abili per natura di praticarla, se la conoscono. Ed è questa la musica melodica della quale la scienza della musica deve occuparsi...”.



 

 

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