[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

185 / MAGGIO 2023 (CCXVI)


turismo storico

A PROPOSITO DI VILLA TAMAGNIN-LATTES

Storia di una casa-museo
di Filippo Vedelago

 

Il territorio trevigiano è ricco di ville venete, pregevoli testimonianze artistiche e architettoniche del periodo di dominio della Repubblica di Venezia, e il Settecento è, per definizione, l’età dell’oro di queste residenze, utilizzate dai veneziani non solo per amministrare le rendite dei propri possedimenti terrieri, ma anche per ozio, svago e divertimento, secondo quella che, all’epoca, assunse i caratteri di una vera e propria moda: la villeggiatura.

 

A Istrana, in provincia di Treviso, è presente una piccola villa veneta con una chiesetta adiacente, l’elegante villa Tamagnin-Lattes, spesso citata in testi e saggi di storia dell’arte e dell’architettura, recentemente restaurata nel corpo centrale e valorizzata con la riapertura al pubblico come casa-museo dell’automa e del carillon.

 

Visitando oggi questo museo, il visitatore viene accompagnato nella dimora del suo ultimo proprietario privato, l’avvocato Bruno Lattes (1877-1953), colto avvocato della Treviso dei primi del Novecento, un uomo dalla personalità eclettica e originale, un abile violoncellista, un grande viaggiatore e un appassionato collezionista di opere d’arte, mobilio d’epoca e automatismi. Una visita che stimola notevolmente la curiosità e l’osservazione, nel cercare di cogliere e comprendere le tante passioni che si sono accumulate nella vita dell’avvocato.

 

Ma chi furono i primi proprietari di questa residenza? Perché a Istrana venne edificata una villa? Quale architetto la costruì? E come arrivò in proprietà a Lattes?

 

Domande banali, ma davvero complesse nella risposta, tanto che, per capire appieno la storia di questa villa, è necessario fare un salto a ritroso nel tempo, sino ai primi del XVIII secolo, quando Istrana era solo un piccolo villaggio della Podesteria di Treviso, abitato prevalentemente da braccianti e da poche famiglie signorili locali e veneziane. In particolar modo, l’area dove oggi sorge la dimora (località Ai Casoni), si caratterizzava per la presenza di un gran numero di umili abitazioni contadine, descritte nelle fonti come case con tetti coperti di coppi e di paglia (casoni veneti).

 

Il committente fu Paolo Tamagnin (1653-1734), un borghese e agiato mercante veneziano, probabilmente inserito in vari settori della mercatura in laguna, tra i quali, forse, anche il commercio di piccoli quadri e opere d’arte. Nel 1698 Paolo aveva contratto matrimonio con Pisana Bianconi (1678-1751), una dama di venticinque anni più giovane, la cui famiglia aveva una possessione terriera di oltre 60 campi nella campagna istranese. Possiamo ipotizzare che questo matrimonio servisse alla famiglia della sposa a imparentarsi con il ricco mercante, mentre per Tamagnin la convenienza stava, probabilmente, nella possibilità di legarsi a un casato con rilevanti capitali agricoli nell’entroterra veneto. In effetti, osservando il contratto nuziale dei due, si deduce come il mercante, attraverso alcune precise clausole della dote nuziale, riuscì a entrare gradualmente in possesso delle terre dei parenti della moglie, risultando, ai primi del Settecento, uno dei più importanti possidenti terrieri di Istrana.

 

La costruzione di una villa di campagna divenne, forse, un’impellente necessità per Paolo Tamagnin, interessato non solo ad assicurarsi l’amministrazione diretta del fondo agricolo, ma anche una nuova e prestigiosa posizione sociale, nonché potenti e influenti amicizie con altre eminenti famiglie locali (i Bianchi a Padernello, i Celsi a Istrana, i Pola a Barcon, i Badoer a Badoere, i Loredan a Paese, i Corner a Sant’Andrea di Cavasagra), che certamente sarebbero state cementate attraverso la costruzione di un’elegante residenza di villeggiatura, quale chiara ostentazione di ricchezza, come pure di rivalità, nei confronti delle élite presenti in loco.

 

Datare con precisione il complesso della villa di Istrana risulta particolarmente difficile. Per la villa possiamo ipotizzare il 1712, in quanto un documento del XVIII secolo, conservato all’Archivio di Stato di Treviso, che attesta un contratto di permuta avvenuto nel 1711, lascia intuire l’avvio di un cantiere per la costruzione della barchessa di ponente (ovest), delle case coloniche e di un cortile. Nel 1713, nella mappa d’estimo del villaggio di Istrana, compare la “Casa Dominical” del mercante, accompagnata dal disegno stilizzato di un edificio padronale dotato di barchesse. L’adiacente e piccola chiesetta dedicata alla Madonna Immacolata venne sicuramente completata nel 1715, mentre nel 1717-1718 Tamagnin provvide, con un’ulteriore permuta, a espandere il retro della proprietà per la creazione di un brolo (un orto, frutteto, vigneto), oggi il parco della villa.

 

Per quanto concerne l’architetto che probabilmente la progettò, si propone il nome di Giorgio Massari (1687-1766), importante autore di altre notevoli ville (villa Giovannelli a Noventa Padovana, villa Cordellina a Montecchio Maggiore), chiese e palazzi a Venezia (Ca’ Rezzonico, Palazzo Grassi, la chiesa di Santa Maria del Rosario alle Zattere). Parliamo però di un’attribuzione, perché a oggi non esiste alcuna fonte capace di chiarire inequivocabilmente che la villa venne realizzata da Massari. Possiamo comunque proporre il suo nome, non solo attraverso l’analisi delle linee e delle forme della dimora, ma anche per gli stretti rapporti che l’architetto aveva con il committente. Nel 1734, alla morte di Tamagnin, Massari si trovò infatti a essere dichiarato suo erede universale e quindi secondo proprietario della villa di Istrana.

 

Probabilmente per consolidare le rendite e far fronte alle numerose clausole testamentarie imposte, l’architetto arrivò, nel 1735, a sposare Pisana Bianconi, la moglie del defunto mercante, dichiarata nel testamento usufruttuaria dell’intero capitale. Un secondo matrimonio che permette di ipotizzare un antico e segreto amore tra i due, felicemente concluso con le nozze, ma che, nella realtà storica, doveva verosimilmente servire a tenere uniti i capitali di famiglia garantendo maggiori vitalizi all’erede. Altra interessante ipotesi vede l’anziano mercante pienamente d’accordo con Massari per queste seconde nozze, utili a garantire una valida sistemazione alla vedova Tamagnin, rimasta sola e senza figli.

 

Alla morte dell’architetto la villa di Istrana passò, sempre per volere testamentario di Paolo Tamagnin, al nobile casato dei Negri di Venezia, che non ne ebbero gran cura. Abbiamo infatti notizia che quando i Lattes comprarono la dimora nel 1842, questa era senza porte e finestre, con l’attigua chiesetta dell’Immacolata ridotta a deposito di derrate agricole. Presumibilmente i Negri consideravano secondaria la villa di Istrana rispetto alla grande tenuta che possedevano a Pederobba (oggi villa Berengan), poiché la residenza di Tamagnin era stata ottenuta attraverso una lontana eredità.

 

I Lattes erano una famiglia ebraica originaria da Savigliano (provincia di Cuneo), dove Abramo Lattes (1800-1880), il nonno dell’avvocato Lattes, era nato. Ancora in giovane età si era trasferito a Venezia, dove aveva messo su famiglia e aperto un negozio di stoffe, in Mercerie San Salvatore, destinato ad avere grande successo. Abramo divenne infatti non solo fornitore di tessuti del Gran Teatro La Fenice, ma anche impresario teatrale per alcune stagioni. Con i guadagni ottenuti arrivò ad armare un veliero, lo “Zaccaria”, che affondò purtroppo nel corso del viaggio inaugurale, e a comprare, nel 1842, dalla contessa Anna Negri, la villa di Istrana, che recuperò dall’abbandono e dal degrado per installarvi, nelle adiacenze, una filanda per la lavorazione della seta.

 

Alla morte di Abramo la dimora passò in proprietà al figlio Cesare (1842-1913), importante imprenditore agrario che, dopo le nozze con Lucia Levi, si era trasferito da Venezia a Treviso forse per meglio seguire la tenuta istranese e i relativi terreni. Dal matrimonio nacquero due figli, Bianca e Bruno.

 

Quando nel 1913 il padre Cesare venne a mancare, Bruno Lattes (1877-1953) divenne nuovo proprietario della villa che, durante la Grande Guerra, dopo la rotta di Caporetto, venne utilizzata come ospedale militare da campo prima italiano e successivamente inglese. Nei primi anni Trenta, al culmine di una brillante carriera come avvocato, Lattes decise di lasciare la professione per dedicarsi alle cure della dimora, che dotò di mobilio d’epoca, opere d’arte, automi, carillon, e per iniziare una serie di lunghi viaggi in Medio Oriente e Asia, motivo per acquistare altri oggetti e insolite curiosità per arricchire la residenza di Istrana. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’avvocato fu costretto a rifugiarsi a Venezia e successivamente a Lugano, in Svizzera, per sfuggire alla deportazione nazi-fascista. Tornato a Istrana continuò a dedicarsi con passione al collezionismo.

 

Nell’ottobre 1953, quando Lattes venne a mancare, colto da un improvviso infarto, la villa passò, per suo espresso volere testamentario, al Comune di Treviso che, nei primi anni, la intese come lussuosa dépendance per alloggiare ospiti illustri, come i Presidenti della Repubblica Gronchi, Segni e l’onorevole Saragat in visita alla città. La villa del resto era dotata di ogni confort per l’epoca, come luce, acqua corrente e un lussuoso bagno, e la vicinanza all’aeroporto militare di Istrana (realizzato nei primi anni ’50), la rendeva perfetta per questo scopo.

 

Divenne successivamente terza sede dei Musei Civici di Treviso, accanto al Museo Bailo e a Ca’ da Noal. Negli anni Novanta, con aperture sempre più intermittenti, la villa venne definitivamente chiusa, sino all’acquisto, nel 2004, da parte del Comune di Istrana che, avviato un lavoro di restauro nel corpo centrale, l’ha riaperta al pubblico, nel maggio 2018, come Museo Villa Lattes, la prima casa-museo in Italia dedicata all’automa e al carillon.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Aa.Vv., Villa Lattes. Casa del carillon, Comune di Istrana, 2019.

Dematté A., Bruno Lattes, un trevigiano ottimista, Canova Editore, Treviso 2001.

Manzato E., Villa Lattes, Federico Garolla Editore, Milano 1990.

Vedelago F., Dai Tamagnin ai Lattes, Edizioni del Faro, Trento 2022.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]