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N. 27 - Agosto 2007

IL MOVIMENTO DEMOCRATICO IN Unione Sovietica

Voci fuori dal coro

di Stefano De Luca

 

Il Programma del «Movimento democratico», apparso in Unione Sovietica nel 1969, era un manifesto politico che tentava di delineare una società diversa da quella presente. Lo Stato sovietico veniva considerato “un’organizzazione sociale dittatoriale profondamente anti-democratica […] nelle mani dell’élite politico-burocratica, la nuova classe sfruttatrice”.

 

Per quanto riguarda i problemi economici, il Programma spiegava come “i mezzi di produzione non sono proprietà di ogni cittadino, ma dell’élite partitico-governativa, che ne dispone come meglio crede”. Questo “capitalismo di Stato” aveva provocato bassi livelli di produttività, ed un graduale restringimento dei consumi. Il «Movimento democratico» chiedeva “un’economia regolata dalla domanda e dalle leggi di mercato” e lo sviluppo di imprese private.

 

In merito alle nazionalità, il Programma chiedeva l’autodeterminazione ed il diritto di secessione dall’Unione, al pari della cessazione delle repressioni ai danni dei tatari di Crimea, ceceni, tedeschi del Volga, ebrei.

 

A livello politico, l’obiettivo principale era la creazione di uno “Stato democratico, l’Unione delle Repubbliche democratiche, governato dai rappresentanti di tutti i partiti e raggruppamenti sociali, religiosi, di classe o nazionali”. Un “sistema partitico” sostanzialmente analogo a quello occidentale, che garantisse ad ogni gruppo politico di “condurre una campagna elettorale su basi di parità con gli altri partiti e raggruppamenti”. Le libertà civili invocate erano la libertà coscienza, di spostamento, di parola, di stampa, di associazione, di critica all’azione politica.    

 

Nel 1970 vennero pubblicati i Fondamenti tattici del Movimento democratico, dove gli autori prevedevano un Consiglio che fungesse da vertice delle forze democratiche dell’URSS perché, sostenevano, “i democratici, pur avendo accumulato forze, non hanno sviluppato un ampio movimento solo per considerazioni tattiche”.

 

I Fondamenti infatti prevedevano che negli anni Settanta il Movimento democratico sarebbe cresciuto in modo costante. Pur essendo un documento che non venne condiviso da buona parte di chi si batteva per le libertà democratiche in Unione Sovietica, è molto interessante per il carattere clandestino e cospirativo che delineava.

 

Il testo stabiliva che “ogni membro del Movimento democratico deve essere in contatto con al massimo altri tre membri […] non deve conoscere l’identità degli organizzatori dei gruppi […] e non deve svelare, neanche ai familiari, i segreti del Movimento”. Il quarto numero della Cronaca degli avvenimenti correnti riportava il testo dei Fondamenti, che venne duramente censurato in quanto rischiava di orientare “i giovani in modo scorretto e rovinoso”.

 

La clandestinità e la cospirazione erano elementi estranei al dissenso più autentico e credibile.

 

All’interno del Movimento iniziarono a differenziarsi le posizioni e a delinearsi una suddivisione dello stesso in tre “ideologie” principali: il maxismo-leninismo autentico (ritiene che il regime abbia deformato ai suoi fini propri l’ideologia marxista-leninista), l’ideologia cristiana (considera necessario l’adeguamento della vita sociale ai principi cristiani) e l’ideologia liberale (suppone il passaggio ad una società democratica di tipo occidentale).

 

A mettere tutti d’accordo, il comune desiderio di abbattere un regime che condannava alla clandestinità ogni voce fuori dal coro.

 



 

 

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