[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

163 / LUGLIO 2021 (CXCIV)


arte

CONQUISTA DELLO SPAZIO E INFLUENZE SULLA MODA
КОСМИЧЕСКАЯ ГОНКА IN URSS / PARTE I

di Denisa Kucik & Leila Tavi

 

Il presente articolo è il primo di una serie in cui sarà analizzato il rapporto tra moda e film di fantascienza sovietici nel periodo dello space race, ovvero della corsa alla conquista dello spazio tra U.S.A. e U.R.S.S. La Космическая гонка (kosmičjeskaja gonka) in Unione Sovietica era legata a doppio filo con la propaganda, che ha contribuito a creare il mito dello spazio tra i cittadini sovietici, soprattutto attraverso opere d’arte e prodotti dell’audiovisivo che avevano come scopo l’idealizzazione delle gesta dei cosmonauti. 

 

In una sorta di escapismo, le rappresentazioni culturali sovietiche dell’era spaziale erano intrise da un senso di irrealtà, così come la moda che allo spazio si ispirava e che prendeva spunto dai romanzi e dai film di fantascienza, le cui ambientazioni, in una realtà lontana e a dimensione personale, permettevano alla mente di spaziare al di là del razionalismo, alla ricerca di se stessi, in una dimensione priva di un linguaggio autorevole e statico o di una ricerca della conoscenza scientifica. Per poter comprendere questo aspetto originale, straordinario e diverso dalla quotidianità, legato alla moda futuribile e al genere Фанта́стика (fantástika), è utile analizzare cosa la moda rappresentasse nella vita di tutti i giorni nella società sovietica degli anni Sessanta del XX secolo.

 

Lo scrittore Nikolaj Vasil’evič Verzakov (Николай Васильевич Верзаков, 1932-2000) si interrogò, in un articolo pubblicato nel 1962 nel quotidiano Златоустовский рабочий (Zlatoustovskij rabočij, che possiamo tradurre come Il lavoratore di Zlatoustovsk, una cittadina della Russia estremo-orientale, situata nella oblast’ dell’Amur.), se fosse possibile paragonare il progresso nel campo della moda al progresso in ambito scientifico e tecnologico, arrivando alla conclusione che non bisognasse dare troppa importanza al taglio di un pantalone o alla forma di un bottone su una giacca, poiché la moda doveva essere razionale, espressione della cultura e dell’etica di una società. L’opinione di Verzakov si rifaceva alle principali teorie sulla moda in voga nell’Unione Sovietica negli anni Sessanta del secolo scorso. Né gli stilisti sovietici né la gente comune avrebbero dovuto seguire ciecamente la moda del momento, prediligendo la sobrietà e la semplicità a qualsiasi tipo di stravaganza e di capriccio nel modo di abbigliarsi. In Unione Sovietica si guardava con sospetto ai repentini cambiamenti nella moda, perché avrebbero potuto rappresentare un sovvertimento dell’ordine costituito.

 

Dall’altra parte della Cortina di Ferro, invece, avveniva un cambiamento radicale negli usi e nei costumi sociali: la televisione faceva il suo ingresso nelle case, si diffondeva la musica pop tra i giovani, che potevano sfruttare i metodi contraccettivi per prolungare il periodo di formazione e di spensieratezza prima di mettere su famiglia. I cambiamenti sociali in corso in Occidente di quell’epoca crearono terreno fertile per le contestazioni giovanili, così una nuova attenzione alla moda dedicata ai giovani distinse questo periodo, che guardavano alla Gran Bretagna come esempio a cui ispirarsi. Anche i couturier di Parigi sostituirono il concetto di “classico” con quello di “contemporaneo”, che si ispirava alla conquista dello spazio e all’abbigliamento del futuro, come i Go-go boots di André Courrèges o gli abiti a righe dai tagli trapezoidali di Pierre Cardin.

 

Il rapido cambiamento nel gusto di vestire in Occidente in quegli anni dimostrò che la moda era un fenomeno della modernità che non poteva attecchire nella società socialista, in assenza di solide norme e standard di comportamento, perché il cittadino socialista aveva la possibilità, secondo i teorici del regime, di esprimere meglio la sua individualità in altri campi della vita sociale, meno frivoli della moda, utilizzata in Occidente per esprimere un personale diritto all’autonomia attraverso una serie di simboli esterni e distintivi.  In controtendenza, i filosofi sovietici che hanno analizzato il fenomeno della moda negli anni Sessanta del secolo scorso non hanno fatto esplicito riferimento al maggiore grado di uguaglianza tipico del socialismo, che potrebbe portare a limitare il bisogno di distinguersi dagli altri attraverso la moda, come teorizzato dal sociologo Georg Simmel, per il quale le donne sarebbero state più attratte e dipendenti dalla moda rispetto agli uomini di quel tempo, perché con meno possibilità di distinguersi tramite altri mezzi e in altri ambiti sociali.

 

Nel volume del 1973 Мода–за и против (Moda-za i protiv, tradotto come La moda: i pro e i contro) pubblicato a Mosca, a cura di Valentin Ivanovič Tolstȳkh (Валэнтин Ивановичх Толстй̄kх), il filosofo non attribuisce una vera funzione sociale alla moda, nella convinzione che la società socialista il rapporto tra l’individuo e la collettività fosse privo di tensioni o contrasti, a differenza di quanto, invece, sosteneva Simmel, per il quale le tensioni potevano, tuttavia, essere risolte solo provvisoriamente nella società moderna, anche attraverso la funzione che la moda ricopriva all’interno della società occidentale. Secondo Simmel una soluzione permanente per la risoluzione dei conflitti sociali non era possibile e, quindi, l’individuo moderno avrebbe dovuto imparare a vivere con l’ambivalenza della modernità. 

 

Gli anni Sessanta del XX secolo furono contraddistinti dalla contrapposizione anche in termini culturali tra comunismo e capitalismo. In politica internazionale la costruzione del muro di Berlino nel 1961 fu la tangibile espressione della “guerra fredda” tra Est e Ovest, ma allo stesso tempo la politica della massive retaliation nei confronti dell’URSS, inaugurata nel 1954 dal conservatore John Foster Dulles (1888-1959), fu ammorbidita già nel 1957 e, quando le tensioni diplomatiche tra URSS e USA sfociarono nella crisi dei missili di Cuba del 1962, il presidente statunitense John F. Kennedy (1917-1963) abbandonò la politica della rappresaglia massiccia in favore di una flexible response, nel tentativo di evitare una guerra nucleare. Nel 1968 una nuova crisi diplomatica tra le due superpotenze fu provocata dall’invasione sovietica della Cecoslovacchia del 1968. 

 

La competizione tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica non era soltanto a livello militare, ma tecnologica per la conquista dello spazio. Nel 1961 il cosmonauta sovietico Jurii Gagarin (Юрий Алексеевич Гагарин, 1934-1968) riuscì nell’impresa di orbitare intorno alla terra in un satellite, diventando il primo uomo nello spazio. Per un decennio la “corsa allo spazio” fu uno dei terreni di scontro tra le due superpotenze, fino a che la navicella statunitense Apollo 11 effettuò l’allunaggio nel 1969, con Neil Armstrong (1930-2012) che fu il primo uomo a posare piede sulla superficie della Luna. La competizione tra URSS e USA nella conquista dello spazio ispirò una serie di film cult di science-fi, tra cui ricordiamo il capolavoro di Stanley Kubrick 2001: A Space Odyssey (1968). Michele Infante descrive tale Science Fiction’s imaginary come “able to create a new mass aesthetic based on the Benjamin «concept of sex-appeal of inorganic», that we can call the cybercamp aesthetic” (Infante, 2015, p. 9).

 

In Occidente la Science Fiction’s fashion fu immediatamente commercializzata e rappresentò negli anni a venire la base con cui sottoculture e movimenti artistici connotarono il loro peculiare modo di vestirsi. In particolar modo, il glam rock, gli skinheads, i rude boys, i greasers, e i mods hanno influenzato la moda punk, esplosa negli anni Settanta e molti stilisti affermati, tra i quali Vivienne Westwood e Jean Paul Gaultier, hanno usato il cyberpunk ed elementi tecnologici nella loro produzione, così l’abbigliamento punk, che era stato proposto per la prima volta sulle passerelle dell’alta moda e quindi con un’accurata manifattura, divenne un prodotto di fast fashion che si poteva trovare nei mercatini londinesi o nei negozi di dischi fino a tutti gli anni Ottanta, grazie anche alla rilevanza che questo stile alternativo ebbe nelle riviste di moda e sui media in generale.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]