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										arte 
										
										
										МОДА БУДУЩЕГО 
										
										LA NASCITA DELLA MODA SOVIETICA 
										ALL'INIZIO DEL XX SECOLO  
										
										di Denisa Kucik & Leila Tavi  
										
										  
										
										All’inizio del XX secolo la storia della
										moda in Unione Sovietica 
										iniziò indissolubilmente con l’arte, con 
										alcune figure di spicco delle 
										avanguardie russe, che si cimentarono 
										anche con l’ideazione di tessuti e di 
										abiti. Grazie alla sperimentazione di 
										colori, di forme, di tecniche e di 
										materiali inconsueti, ispirata alle 
										correnti del Futurismo e del Cubismo, la 
										creatività degli artisti russi 
										introdusse un approccio tecnologico, che 
										ritroveremo negli anni Cinquanta e 
										Sessanta, quando, per dimenticare gli 
										orrori e gli stenti della Seconda Guerra 
										Mondiale, analogamente al contrapposto 
										Occidente, si ritrovò nuovamente in 
										arte, e di conseguenza nella moda, 
										quella voglia pioneristica di 
										sperimentare, abolendo i confini 
										spazio-temporali.  
										
										  
										
										
										Aleksandr Rodčenko 
										(Александр Михайлович Родченко, 
										1891-1956) può essere considerato una 
										figura chiave nella vita culturale 
										dell’Unione Sovietica di quell’epoca. 
										Con i produttivisti, il primo nucleo di 
										artisti del movimento del 
										Costruttivismo (Конструктиви́зм), 
										Rodčenko cercò di incorporare il design 
										nella vita quotidiana nella nuova 
										società, creando tute che chiamava 
										“abbigliamento da produzione”. Ha anche 
										creato disegni tessili che incorporano 
										motivi geometrici e guilloché 
										intrecciati, che si ripetono con un moto 
										ondulatorio. 
										
										  
										
										Le donne ebbero un ruolo importante 
										nella storia della moda durante i primi 
										anni del socialismo russo, 
										contrassegnati da ideali utopici, che 
										hanno fortemente influenzato le designer 
										dell’epoca. Ricordiamo Ljubov’ Popova 
										(Любовь Сергеевна Попова, 1889-1924), 
										appartenente al movimento artistico del 
										Costruttivismo, che oltre ad aver 
										dipinto molti quadri, ideò tessuti, 
										costumi teatrali e capi d’abbigliamento. 
										I motivi più ricorrenti nella sua 
										produzione erano grandi quadrati di 
										tessuto, ripetuti in un semplice schema, 
										che riproducevano l’estetica del 
										Costruttivismo. Secondo i dettami di 
										questa corrente artistica, 
										l’abbigliamento come forma d’arte 
										avrebbe dovuto avere un impatto diretto 
										sulle masse (Cole & Deihl, 2015).   
										 
										
										3 
										
										
										2 
										
										Tre modelli di Ljubov’ Popova, 1923-1924 
										
										  
										
										Tra le pittrici e che si cimentarono nel
										fashion design va annoverata 
										anche la moglie di Rodčenko, Varvara 
										Stepanova (Варва́ра Фёдоровна Степа́нова, 
										1894-1958), che aveva nella creazione di 
										moda un approccio simile a quello di 
										Coco Chanel, si preoccupò principalmente 
										dell’armonia tra struttura e forma 
										nell’ideazione dei suoi capi, 
										giustapponendo i valori rivoluzionari 
										alla tradizione estetica di stampo 
										occidentale che aveva caratterizzato la 
										moda fino ad allora in Russia. Come 
										Popova, la consorte di Rodčenko aveva 
										privilegiato dal 1921 la creazione di 
										abbigliamento utilitaristico e design 
										tessile (English, 2013).    
										 
										
										
										2 
										
										Обложка журнала «Леф» № 2 (6) за 1924 
										год 
										
										  
										
										Prima ancora dei Costruttivisti russi, 
										il futurista Giacomo Balla era 
										convinto che il vestito fosse in grado 
										influenzare la psiche di chi lo indossa. 
										Nel manifesto che pubblica il 20 maggio 
										del 1914 dal titolo Le vêtement 
										masculin futuriste. Manifeste 
										utilizza le sue creazioni per rendere le 
										persone più allegre e gli abiti più 
										fantasiosi; teorizza anche il Vestito 
										Trasformabile, un abito che si può 
										trasformare attraverso l’applicazione di 
										stoffe di forme e colori diversi, con 
										bottoni pneumatici. Il pittore descrive 
										questa nuovo abito maschile come: 
										“Dinamico, aggressivo, urtante, 
										volitivo, violento, volante, agilizzante, 
										gioioso, illuminante, fosforescente”. 
										
										  
										
										3 Disegni e studi pubblicati nel 
										Manifesto di Giacomo Balla del 1814 
										
										  
										
										Nella seconda edizione pubblicata in 
										lingua italiana ampliata dell’11 
										settembre 1914 con il titolo Il 
										vestito antineutrale. Manifesto 
										futurista in cui la spinta 
										interventista per entrare nel conflitto 
										mondiale da parte dei Futuristi si fa 
										più pressante, Balla immaginava che i 
										vestiti potessero essere usati per 
										preparare psicologicamente gli uomini 
										alla guerra. 
										
										  
										 
										
										
										2 
										
										Prima pagina del Manifesto del dicembre 
										1914 
										
										  
										 
										
										
										2 
										
										Seconda pagina del Manifesto del 
										dicembre 1914 
										
										  
										
										Nonostante all’inizio degli anni Venti 
										la produzione industriale in Unione 
										Sovietica fosse a un terzo dei livelli 
										prebellici, anche causa della grave 
										situazione economica dovuta al conflitto 
										mondiale, alla rivoluzione e alla guerra 
										civile che ne era seguita, la creazione 
										di un modello standardizzato fu 
										facilitata, perché artisti come 
										Stepanova utilizzavano tecniche e 
										strumenti semplici per la progettazione, 
										come un compasso e un righello per 
										realizzare modelli bicolori basati su 
										forme quali cerchio, triangolo e 
										rettangolo. 
										
										“This form of reductionist, 
										formalistic art reflected the universal 
										rhythms found not only in the organics 
										of nature, but also in the systematic 
										workings of well-oiled machines” 
										(English, 2013, p. 50-51).  
										
										  
										
										Popova e Stepanova introdussero il 
										concetto di прозодежда, 
										abbigliamento in serie, di 
										спецодежда, abbigliamento 
										specializzato che designava vestiti 
										protettivi necessari ai chirurghi, ai 
										piloti, ai vigili del fuoco, ai 
										lavoratori delle fabbriche chimiche o 
										agli esploratori artici.  
										
										  
										
										Sebbene l’idea di un abito specializzato 
										fosse già stata sviluppata da Henry 
										van de Velde (1863-1957), che 
										parlava della necessità di diversi tipi 
										di abiti specifici per andare in 
										bicicletta, guidare l’auto o lavorare in 
										fabbrica, la prozodezhda si 
										distingueva per il suo anti-estetismo. 
										L’elemento decisivo nel suo design non 
										era la dimensione estetica, quindi, ma 
										il suo impatto sociale. Per sottolineare 
										l’aspetto funzionale e razionale 
										dell’abito “specializzato” Popova e 
										Stepanova, come fecero più tardi altri 
										designer, utilizzarono dettagli 
										costruttivi e funzionali come tasche, 
										cinture e chiusure.  
										
										  
										
										Con il termine спортодежда, 
										infine, le due stiliste progettarono 
										abbigliamento sportivo, la cui 
										caratteristica principale è quella del 
										colore, che insieme ai segni distintivi, 
										i simboli, che permette di distinguere 
										anche da lontano una squadra dall’altra. 
										Così l’estetica della divisa sportiva 
										per le due stiliste doveva basarsi una 
										determinata combinazione di colori 
										decisi, come il rosso, il nero e il 
										grigio che vediamo nei bozzetti di 
										Stepanova realizzati nel 1923 e 
										pubblicati sulla rivista artistica 
										Lef. 
										
										  
										
										Rispetto all’abbigliamento del passato, 
										la moda delle due stiliste russe non 
										presentava elementi decorativi, doveva 
										essere all’insegna dell’anonimato, della 
										semplicità, della vestibilità e della 
										praticità, per quanto riguarda invece le 
										forme, erano innovative, mentre per i 
										motivi dei tessuti si preferivamo quelli 
										geometrici. Gli abiti dovevano essere 
										anche «маркера идентичности», dei 
										marcatori identitari, associato a quello 
										di «производственного костюма», il 
										costume industriale che dava una forma 
										all’idea di creare cose pratiche che 
										potessero facilitare donne e uomini 
										nella gestione dei processi produttivi 
										di tutti i giorni.  
										
										  
										
										Tale razionalizzazione ebbe degli 
										sviluppi anche nel design stesso, che 
										entrò in sinergia con il mondo 
										produttivo e con lo sviluppo 
										tecnologico, anche grazie all’innovativo 
										e creativo apporto artistico dei 
										designer (Злотникова 
										& 
										
										Добрякова, 
										2019, ‘p. 196-197).  
										
										  
										
										Nello specifico l’abbigliamento 
										femminile ideato dalle due stiliste 
										russe era privo di ogni elemento 
										decorativo (volant, fusciacche, fiocchi, 
										fibbie, nappe, perline di vetro, pizzo, 
										pelliccia), considerati come rifiniture 
										affatto funzionali. La forma dei loro 
										abiti era definita dalla trama del 
										tessuto, mentre il taglio era 
										notevolmente semplificato. Il tessuto 
										era sottoposto a trattamenti di 
										finissage, che insieme a cuciture 
										vistose, rendevano l’abito molto 
										resistente.  
										
										  
										
										L’estro creativo dei designer, in 
										generale, fu messo in secondo piano, per 
										enfatizzare lo sforzo comune per la 
										creazione di un sistema collettivistico 
										e per accelerare l’industrializzazione.
										   
										 
										
										
										2 
										
										Schizzo per un abito sportivo, ideato da 
										Stepanova, 1923 
										
										© Журнал «Леф» 
										
										  
										
										Con l’espressione “моды 
										практичных вещей”, 
										che può essere tradotta come le “mode 
										delle cose pratiche”, due studiose russe 
										contemporanee hanno evidenziato come la 
										sperimentazione nella moda messa in atto 
										dai costruttivisti abbia connotato in 
										modo originale e creativo capi di 
										abbigliamento e accessori destinati alla 
										vita di tutti i giorni, attraverso 
										l’utilizzo di materiali nuovi e di nuove 
										tecnologie per la produzione di un 
										abbigliamento da lavoro, che con il 
										tempo acquisì una funzione prosociale.
										 
										
										  
										
										Per il Commissariato di Salute Pubblica 
										(Народный комиссариат здравоохранения) 
										la tuta da lavoro doveva soddisfare i 
										requisiti igienici, oltre a essere 
										comoda, pratica e riproducibile in 
										grandi quantità. Stepanova nel suo 
										articolo “Костюм сегодняшнего дня – 
										прозодежда”, pubblicato con lo 
										pseudonimo di Vast, affrontava il 
										problema della produzione di massa con 
										un approccio artistico, illustrando come 
										era possibile differenziare lo stesso 
										disegno per una tuta a seconda 
										dell’utilizzo, senza trascurarne la 
										funzione protettiva (Варст, 
										1923).
										 
										
										  
										 
										
										
										2 
										
										INHUK, Institute of Artistic Culture (ИНХУК,
										
										
										Институт Художественной Культуры);
										 
										
										Вкхутемас (Istituto di studi artistici e 
										tecnici superiori), Mosca 
										
										  
										
										La moda sovietica di quel periodo si 
										arricchì di alcuni capi iconici della 
										Rivoluzione di Ottobre, quali giacche di 
										pelle, berretti e sciarpe rosse 
										proletarie legate dietro la testa, 
										simboli della lotta bolscevica che aveva 
										posto le basi per una nuova società 
										egualitaria.  
										
										  
										 
										
										
										2 
										
										К. Максимов.Красногвардейцы. Карандаш, 
										сангина. 
										
										1926,  
										
										Музей революции СССР 
										
										  
										
										Negli anni Venti si sviluppò un 
										dibattito squisitamente artistico sulla 
										funzione che la moda avrebbe dovuto 
										assumere nella neonata società 
										sovietica. I produttivisti, che 
										rappresentavano l’ala radicale tra le 
										avanguardie russe, consideravano 
										l’utilità come unico criterio valido per 
										dare senso e legittimità a un concetto 
										così borghese come quello della moda.
										 
										
										  
										
										Allo stesso tempo l’arte cosiddetta 
										“pura”, come espressione di 
										individualismo eccentrico e retaggio di 
										un elitarismo borghese, non aveva più 
										ragione di esistere, come denunciò 
										Nikolai Tarabukin (Николай 
										Михайлович Тарабукин 1889-1956) in modo 
										provocatorio in occasione di una 
										conferenza tenuta all’INKhUK nel 1921, 
										che si accanì principalmente sulla 
										pittura: «La pittura è morta. 
										Rodčenko è l’assassino e il suicida. Ma 
										se la pittura è morta, è morta anche 
										l’arte?» (Rodčenko & Chan-Magomedov, 
										1986, p. 292). 
										
										  
										
										Lo scrittore socialista Osip Brik 
										(Осип Максимович Брик 1888-1945) precisò 
										allora nella rivista LEF (Левый 
										фронт искусств, Fronte di 
										Sinistra delle Arti) che era in primis 
										“la pittura da cavalletto” che andava 
										condannata come retaggio della defunta 
										società borghese (1924, p. 30). 
										 
										
										  
										
										L’ex anarchico ed esponente del 
										Costruttivismo Aleksei Gan (Алексей 
										Ган 1887 o 1893-1942), dichiarò che: «I 
										marxisti devono lavorare per chiarire 
										scientificamente la sua morte 
										[dell’arte] e per formulare nuove 
										tipologie di fenomeni artistici nel 
										nuovo ambiente storico del nostro tempo” 
										(Bahn, 1974, p. 32).  
										
										  
										
										Rodčenko si associò al pensiero degli 
										altri artisti che sposarono la causa 
										comunista dichiarando nel 1921 che: «La 
										vita secondo il Costruttivismo è l’arte 
										del futuro. L’arte che non riesce a 
										diventare parte della vita sarà 
										catalogata nel museo delle antichità 
										archeologiche. È tempo che l’arte si 
										organizzi e diventi parte della vita» 
										(Andrews & Kalinovska, 1990, p. 71). 
										
										  
										
										Tutte le citazioni riportate fanno 
										comprendere come la figura dell’artista 
										in Unione Sovietica non fu più 
										considerata come elevata rispetto alla 
										massa, ma doveva contribuire, come tutti 
										gli altri mestieri, alla stregua di 
										quelli più umili, alla costruzione del 
										nuovo modello di vita sovietico, 
										abbandonando qualsiasi approccio 
										estetico nella creazione artistica. La 
										trasformazione radicale della vita 
										doveva iniziare nel campo del design con 
										il dare una nuova forma agli oggetti.
										 
										
										  
										
										Seguendo le teorie di Balla, i 
										produttivisti erano convinti che gli 
										oggetti impiegati quotidianamente 
										avessero una grande influenza sul 
										comportamento umano e potessero, quindi, 
										essere utilizzati per modificare il modo 
										di pensare delle masse. A differenza 
										però del Movimento Futurista in Italia, 
										in Unione Sovietica gli oggetti si 
										spogliarono di qualsiasi valore estetico 
										e il loro valore era attribuito in base 
										alla capacità che avevano di influenzare 
										la psiche e di agire sulla coscienza 
										delle masse, al fine di accelerare la 
										costruzione di una società comunista. Il 
										compito di ideare questi nuovi oggetti 
										spettava agli artisti, al servizio dei 
										valori rivoluzionari. 
										
										  
										 
										
										
										2 
										
										V. Stepanova, caricatura di Alexei Gan, 
										1922   
										
										Per il costruttivista Vladimir Tatlin 
										(Владимир Евграфович Татлин 1885-1953), 
										il vestito non era un oggetto da 
										disegnare ma qualcosa da costruire, 
										proprio come si assembla un’automobile, 
										con gli stessi criteri di efficienza ed 
										efficacia.  
										
										  
										
										L’abbigliamento creato dalla Sezione di 
										Cultura Materiale dello GINKhUK (Институт 
										художественной культуры, anche 
										conosciuto come Государственный институт 
										художественной культуры, l’Istituto 
										Statale di Cultura Artistica) di 
										Pietrogrado, guidato da Tatlin, era 
										tipicamente anti-fashion. Era 
										disegnato esclusivamente in base a 
										criteri di praticità, durevolezza e 
										comodità. Il colore, per esempio, non 
										era studiato e scelto per attribuire 
										potere espressivo all’abito, ma 
										semplicemente per coprire meglio lo 
										sporco che inevitabilmente si accumulava 
										sulle tute da lavoro alla fine di una 
										faticosa giornata in fabbrica. 
										 
										
										  
										
										«Their cut had been carefully 
										calculated to accommodate all body 
										positions and to permit complete freedom 
										of movement. The placing of pockets was 
										not the result of formal research into 
										the structure of a garment; the only 
										parameter taken into account was the 
										length of the arms. The straight-cut 
										jacket, buttoned up almost to the 
										throat, had a strange trapezoidal form 
										that was broader at the shoulders and 
										narrower at the waist. The trousers were 
										also narrower at the ankles. These 
										unusual forms, which were not really 
										elegant, had many practical advantages 
										in Tatlin’s eyes. They stopped the wind 
										from entering from below, the 
										loose-fitting cut prevented the cloth 
										from sticking to the body, and the 
										trapezoidal shape trapped a considerable 
										amount of air that acted as a thermal 
										regulator» (Radu, 2004, p. 49). 
										
										  
										
										La creazione più interessante di Tatlin 
										può essere considerata un soprabito 
										dalla peculiare forma ovoidale e 
										realizzato in tessuto impermeabile. Per 
										garantire che potesse essere indossato 
										per due stagioni, Tatlin lo fornì di due 
										fodere rimovibili, una in flanella per 
										l’autunno e una in pelliccia per il 
										freddo inverno russo. Il colletto era 
										appositamente progettato in modo che 
										potesse essere abbottonato senza l’uso 
										di uno specchio. La vera innovazione di 
										questo capo fu però la tecnica con cui 
										era stato realizzato, che si basava su 
										un concetto modulare, che teneva conto 
										del fatto che alcune parti di un abito 
										si usurano più facilmente di altre. Il 
										soprabito era composto da tra moduli che 
										potevano essere sostituiti 
										singolarmente, garantendo una migliore 
										durata del capo nel tempo. Il prototipo 
										del soprabito, che per Tatlin era un 
										modello di Одежда-нормаль 
										(abbigliamento normale) non ebbe, però, 
										mai una produzione di massa. 
										
										    
										 
										
										
										2 
										
										
										Одежда-нормаль. 
										Modello di abito informale, schizzo di 
										V. Tatlin, 1923-1924 
										
										  
										
										L’abbigliamento funzionale di Tatlin fu 
										criticato anche in patria, dove molti si 
										dimostrarono scettici riguardo alle 
										creazioni di Tatlin, uno tra tutti 
										Konstantin Miklasjevskij (Константи́н 
										Миха́йлович Миклаше́вский 1885-1943), 
										che espresse un giudizio tranchant 
										sui modelli del genio construttivista: «Plus 
										ça changé plus c’est la même chose» 
										(Миклашевский, 
										1924, p. 61), 
										rimproverandogli inoltre che suoi abiti 
										avessero scarsa qualità nella 
										manifattura rispetto, per esempio a 
										quella dei sarti inglesi.  
										
										  
										
										Tatlin rispose alle critiche realizzando 
										un famoso fotomontaggio, in cui 
										l’artista stesso indossava il suo “abito 
										normale”, sullo sfondo si trovavano 
										rappresentati due signori vestiti in 
										modo elegante che erano stati gettati a 
										terra. L’abito borghese era descritto 
										come un ostacolo al movimento, come non 
										igienico e indossato soltanto per una 
										funzione estetica. L’abito di Tatlin, 
										invece, era, secondo la sua didascalia, 
										“progettato per essere caldo, per 
										facilitare la libertà di movimento, per 
										essere igienico e per durare”. 
										 
										
										  
										
										Grazie al suo forte impatto sociale 
										l’abbigliamento acquisì una grande 
										importanza all’interno della 
										trasformazione degli oggetti quotidiani. 
										Privo ormai delle caratteristiche che lo 
										avevano reso in passato un simbolo della 
										distinzione di classe, l’abbigliamento 
										subì un processo di standardizzazione, 
										che ricordava quello degli abitanti di
										Utopia di Thomas More, che 
										indossavano abiti simili, o ancora degli 
										abiti unisex dei marziani 
										comunisti del romanzo di fantascienza, 
										del 1908, Stella rossa (Krasnaja 
										zvezda, Красная звезда), 
										scritto da Aleksandr Bogdanov (Александр 
										Александрович Богданов 1873-1928).
										 
										
										  
										
										Anche nel romanzo distopico di 
										Evgenij Zamjatin (Евге́ний Ива́нович 
										Замя́тин 1884-1937) dal titolo Noi 
										(My, Мы), scritto tra il 
										1919 e il 1920, ma pubblicato nel 1924, 
										i cittadini dello Stato Unico, ridotti 
										allo stato di numeri, dovevano indossare 
										“unità” blu coordinate con il colore 
										bluastro delle celle identiche che 
										avevano sostituito le abitazioni. In 
										questa satira profetica che ha ispirato
										1984 di George Orwell 
										(1949), l’originalità è perseguitata 
										perché minaccia l’uguaglianza su cui si 
										basa la società.  
										
										  
										
										Nonostante gli sforzi dei costruttivisti 
										di creare una linea di abbigliamento 
										adatta a una società utopica ed 
										egualitaria, soltanto nella Cina maoista 
										l’uniforme unisex divenne 
										obbligatoria, ma senza gli sforzi 
										creativi che gli artisti russi fecero 
										negli anni Venti per contribuire alla 
										crescita culturale dell’uomo e della 
										donna nuovi, in una società migliore. 
										
										  
										
										Dopo l’esplosione creativa degli anni 
										Venti la libertà di espressione degli 
										artisti in Unione Sovietica subì, però, 
										una battuta di arresto, a causa delle 
										riforme e delle prime repressioni messe 
										in atto durante il primo periodo al 
										governo di Stalin. Aleksandr Rodčenko fu 
										reclutato come creativo per la 
										propaganda governativa e le avanguardie, 
										considerate pericolosamente “borghesi”, 
										cedettero il passo al realismo 
										socialista in arte, che aveva come 
										protagonista il lavoratore durante lo 
										svolgimento della sua attività 
										quotidiana.  
										
										  
										
										I simboli del progresso, quali trattori, 
										spighe di grano, addirittura falce e 
										martello, che erano l’emblema di Stato, 
										furono incorporati nella grafica e 
										persino nel design dei tessuti. Nel 1931 
										il critico d’arte Aleksej Fjodorov 
										Davydov (Алексе́й Алекса́ндрович 
										Фёдоров-Давы́дов 1900 – 1969) scrisse 
										che l’abito universale avrebbe dovuto 
										essere abbandonato perché il fatto che 
										fosse frutto di creatività artistica 
										incoraggiava l’individualismo e 
										richiamava quell’idea tayloristica della 
										produzione come sfruttamento della 
										classe operaia, perché anche nelle 
										società capitaliste l’abito standard 
										specializzato era usato per attività 
										collettive, come nell’esercito, nelle 
										ferrovie, nelle fabbriche o nei grandi 
										magazzini.  
										
										  
										
										Tale abbigliamento era ancora più 
										importante in una società socialista, 
										dove la tuta da lavoro o l’abito 
										specializzato non solo funzionava come 
										un indumento protettivo, ma aveva anche 
										un carattere organizzativo che poteva 
										rafforzare il sentimento di appartenenza 
										alla comunità. Pertanto, il compito 
										rivoluzionario del designer di abiti 
										comunisti era di contribuire a plasmare 
										l’homo sovieticus ( Человек 
										советский) senza peccare di estro od 
										originalità. L’abito doveva essere, come 
										la коммуналка, un “condensatore 
										sociale”, soprattutto questa funzione 
										doveva essere ricoperta 
										dall’abbigliamento per bambini, che 
										dovevano essere educati alla vita 
										collettiva sin in giovane età. 
										 
										
										  
										
										Questo impegno degli artisti 
										all’esaltazione dell’ideologia comunista 
										rimpiazzò completamente la 
										sperimentazione degli avanguardisti 
										russi che aveva progettato capi 
										anti-moda, inizialmente non destinata 
										alle masse, ma a un ristretto gruppo di 
										intellettuali.  
										
										  
										
										Malgrado tale sforzo di includere la 
										moda nella propaganda del regime, negli 
										anni Trenta fu evidente che l’utilizzo 
										degli abiti come manifesti politici non 
										era abbastanza efficace, a differenza di 
										quello che sarebbe accaduto in Cina con 
										la rivoluzione culturale del 1966. La 
										tuta come “condensatore sociale” al 
										posto dei tradizionali abiti femminili e 
										maschili non divenne mai in Unione 
										Sovietica un “collective dress that 
										offered utility, protection and 
										anonymity” (English, 2013, p. 51).
										 
										
										  
										
										Popova e Stepanova furono sostituite da 
										designer che non avevano una vena 
										creativa giudicata dal regime come 
										pericolosa. Nadežda Lamanova (Наде́жда 
										Петро́вна Ла́манова née Каю́това 
										1861-1941) aveva posizioni meno radicali 
										delle designer influenzate dal 
										Costruttivismo. Era amica di Paul 
										Poiret (1879 -1944) e aveva lavorato 
										con successo come stilista di alta moda 
										prima della Rivoluzione di Ottobre. La 
										sua moda fu un compromesso tra la spinta 
										innovativa e il folklore russo. Creò 
										modelli per tutti i giorni, ma non 
										rinunciò all’abito formale o da sera, 
										bandito invece dai produttivisti. 
										 
										
										  
										 
										
										
										2 
										
										Disegno di un kimono folkloristico russo 
										realizzato da Lamanova 
										
										  
										
										Con Lamanova gli audaci pantaloncini per 
										fare sport di Stepanova furono 
										sostituiti dai knickerbocker e 
										ritornò in auge una semplice gonna lunga 
										a pieghe per le attività all’aria 
										aperta. Le forme tornarono a essere più 
										armoniose rispetto a quelle geometriche 
										dei costruttivisti, per valorizzare la 
										figura, anche il drappeggio nei tessuti 
										che Stepanova considerava ridicolo, fu 
										ripristinato.  
										
										  
										
										Al concetto di prozodezhda, 
										Lamanova sostituì quello di 
										Eigenkleidung, l’abito 
										personalizzato, ispirato al libro Das 
										Eigenkleid der Frau, scritto dalla 
										stilista tedesca Anna Muthesius 
										Trippenbach (1870-1961) nel 1903 per 
										incoraggiare le donne a indossare abiti 
										secondo il loro personale gusto. 
										Muthesius era una fervente sostenitrice 
										dell’anti-fashion, come Stepanova e 
										Lamanova. Quest’ultima espresse la sua 
										personale posizione critica nei 
										confronti della moda borghese attraverso 
										il concetto di divisione del corpo in 
										forme geometriche per l’ideazione del 
										vestito, ma questa tecnica non poteva 
										essere conciliata con le esigenze della 
										produzione industriale.  
										
										  
										
										Un’altra stilista attiva tra la seconda 
										metà degli anni Venti e l’inizio degli 
										anni Trenta del XX secolo fu 
										Aleksandra Ėkster, nota con il 
										cognome Exter (Александра 
										Александровна Экстер, 1882-1949), che a 
										Parigi a inizio secolo aveva avuto modo 
										di conoscere personaggi importanti 
										dell’arte e della cultura del tempo, 
										come Guillaume Apollinaire, Georges 
										Braque, Fernand Léger e Pablo Picasso.
										 
										
										  
										
										La stilista metteva una particolare cura 
										per i materiali, convinta che il design 
										di un abito fosse la diretta conseguenza 
										delle caratteristiche della stoffa 
										utilizzata. I capi che Exter prediligeva 
										erano quelli “individuali”, non gli 
										abiti da lavoro in serie. Realizzava 
										questi abiti di alta sartoria sempre con 
										un tecnico che doveva aiutarla a 
										risolvere eventuali problematiche 
										causate da limiti del materiale scelto. 
										Applicò i principi del movimento per 
										realizzare scenografie e costumi 
										teatrali di grande effetto. Il suo 
										lavoro era un’originale fusione di 
										influenze futuriste e folcloristiche. 
										Dal punto di vista teorico Exter era 
										affascinata sia dalle idee di Tatlin che 
										da quelle di Kazimir Malevič (Казимир 
										Северинович Малевич, in polacco: 
										Kazimierz Malewicz 1879-1935), che 
										teorizzò il Suprematismo (Супрематизм). 
										
										  
										
										Malevič stesso si cimentò nell’ideazione 
										di abiti, nell’illusione che i diritti e 
										le libertà che i cittadini sovietici 
										avevano conquistato affrancandosi dal 
										potere borghese potessero essere 
										sublimati dagli abiti e che lo Stato 
										avrebbe appoggiato le sue idee. 
										 
										
										  
										
										L’artista sognava che per le strade di 
										Mosca avrebbero camminato cittadini 
										liberi in abiti suprematisti circondati 
										da edifici in stile suprematista. Invece 
										il regime sovietico, soprattutto negli 
										anni in cui fu Stalin a governare, 
										diffidò di questi artisti brillanti, che 
										si elevavano sopra la media per 
										creatività e originalità, erano visti 
										pertanto come elementi eversivi e 
										pericolosi per l’ordine politico e 
										sociale conquistato con la rivoluzione.
										 
										
										  
										
										La storia rese giustizia agli artisti 
										delle avanguardie russe, perché 
										il loro abbigliamento “prosociale” fu il 
										prototipo delle forme tecniche che 
										guardavano al futuro e alla conquista 
										dello spazio sviluppate tra gli anni 
										Cinquanta e Sessanta.   
										 
										
										
										2 
										
										Exter, schizzo di donna che indossa una 
										gonna a balze, 1924.  
										
										Collezione di N.D. Lobanov-Rostovsky 
										
										  
										
										  
										
										
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