[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

163 / LUGLIO 2021 (CXCIV)


arte

MEMPHIS DESIGN

UN POSTMODERNISMO MADE IN ITALY

di Francesco Antinolfi

 

Vero fenomeno culturale della scena postmodernista degli anni Ottanta del Novecento, Memphis ha rivoluzionato la logica creativa e commerciale del mondo del design. Nel 1980 a Milano, Ettore Sottsass si circonda di giovani designer come Matteo Thun, Aldo Cibic, Michele De Lucchi e Barbara Radice. Insieme definirono il linguaggio formale e colorato di Memphis.

 

Più precisamente il collettivo nacque l’11 dicembre del 1980 nella casa di Ettore Sottsass a Milano. Il nome del gruppo, come spiegato dagli stessi fondatori, fu ispirato da una canzone di Bob Dylan, Stuck Inside of Mobile with te Memphis Blues Again, più volte ascoltata nella serata, e che durante la riproduzione si era inceppata proprio sulla frase «with the Memphis Blues Again».

 

Sottsass riuscì fin dall’inizio a ottenere l’appoggio finanziario del padrone di Artemide, Ernesto Gismondi, l’aiuto di Mario e Brunella Godani (proprietari della Design Gallery Milano) e dell’ebanista Renzo Brugola.

 

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Ettore Sottsass, fondatore di Memphis

 

L’obiettivo di Memphis fu quello di abolire i limiti creativi precedentemente dettati dall’industria e imporre al design nuove forme, nuovi materiali e nuovi motivi. L’idea fu quella di mettere fine al diktat post-Bauhaus del “good design” che si impose nell’immediato dopoguerra con la “dittatura del funzionalismo” puro, del metallo cromato, del vetro fumé e del bianco e nero.

 

La prima uscita del collettivo Memphis con i loro lavori avvenne nel 1981, con l’esposizione Arc’74 di Milano ed ebbe un effetto bomba: colori esplosivi, decorazioni, coraggiose asimmetrie, mobili verticali come totem. Fu una vera rivoluzione, non si era mai visto nulla di simile. Immediatamente Memphis diventa il label sovversivo del design italiano, cancellando gli anni Settanta e catapultando a zigzag gli anni Ottanta nell’universo stravagante e colorato del cinema, dei fumetti, della Pop Art.

 

Il design, fino ad allora confinato negli show-room, invade i media, scatena passioni e vocazioni. Lo stile che ne venne fuori fu decisamente radicale e provocatorio per l’epoca. Memphis prese ispirazione da alcuni movimenti di design già esistenti, tra i quali: l’Art Deco per le sue figure geometriche sorprendenti, la Pop Art per i suoi colori audaci e il Kitsch per il distacco dal design minimalista. Il tutto per dare vita a mobili e oggetti caratterizzati da colori vivaci e linee audaci quasi portate all’eccesso. 

 

Molti degli oggetti furono realizzati in materiali poveri come il laminato plastico (la Libreria Carlton), oppure in vetro (Alioth), creazioni insostituibili di Memphis per chi punta all’originalità. La maggior parte dei mobili rispondono infatti a nomi che suscitano in ciascuno di noi un mondo immaginario. A questo si aggiunge l’effetto sorpresa che sta essenzialmente nella forma e nei materiali utilizzati.

 

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Libreria Carlton, 1981.


 

Lontane dal compromesso del design industriale, le creazioni Memphis sono, secondo quanto affermò Sottsass: «più colorate, più allegre, più ottimiste, più umoristiche». Si mostrano con una policromia decisa, con rivestimenti insoliti e associazioni contraddittorie di materiali.

 

I laminati decorativi della società Abet Laminati, permettevano di creare oggetti espressivi, la texture di questi laminati stratificati dava un carattere volutamente kitch e ironico ai mobili. In questo modo il movimento Memphis divenne il simbolo del “Nuovo Design” e la sua influenza è ancora oggi presente in tanti settori.

 

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Casablanca, 1981.

 

Memphis fece del design un fenomeno mediatico rivolto a una comunicazione visiva spettacolare. Seguito con interesse dall’estero il movimento divenne internazionale grazie all’intermediazione di vari designer: Nathalie Du Pasquier in Francia, Javier Mariscal in Spagna, Hans Hollein in Austria, Shiro Kuramata in Giappone, Michael Graves e Peter Shire negli Stati Uniti.


Senza mai orientarsi verso una vera produzione industriale, gli oggetti Memphis, furono prodotti in serie limitate, cercando di sfuggire alla banalità del quotidiano. Diventando rapidamente il simbolo evidente di un nuovo stile di vita riservato però a un’élite. Alfieri del Neo design, questo gruppo segnò a lungo gli animi e l’universo della moda, della grafica e della pubblicità.

 

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Alioth, 1983.

 

Più di venti anni dopo la fine del movimento, la società Memphis continua a esistere, acquistata nel 1996 da Alberto Bianchi Albrici, che nel 1986 entrò nell’azienda come manager dando vita a un percorso che culminò con la decisione di rilevare l’azienda nel 1996 diventando così l’attuale proprietario, e continuando a produrre i pezzi storici disegnati dai designer e dagli architetti diretti in passato da Ettore Sottsass.

 

Il catalogo Memphis comprende diverse collezioni tra queste Memphis Milano che raggruppa una cinquantina di referenze storiche create dal 1981 al 1988 anno in cui il gruppo si sciolse. Nonostante questi pezzi siano realizzati in serie, restano l’oggetto prediletto per i collezionisti appassionati d’architettura.

 

 

Memphis è sinonimo di unisex, audace, asimmetrico, bizzarro, radicale, sperimentale. Indagine sincera e provocatoria della normalità, esaltazione della banalità imperante nella civiltà consumistica. Lo spirito del Memphis Design ha influenzato, ed è tornato a influenzare nell’ultimo periodo, molti campi creativi, della grafica, dei mass media, della video-arte, dell’arte, della moda fino ad abitare le dimore di personaggi illustri, – David Bowie, suo grande estimatore, o Karl Lagerfeld nella sua casa a Monte Carlo – con la comparsa di pattern geometrici e colorati su poster, video e siti web, quasi “Una palestra mentale” afferma Matteo Thun dove la libertà del poter osare, rintracciando rigorosi momenti citazionistici che provengono dal passato, continua a comunicare attraverso un linguaggio nuovo denso di continue interpretazioni e visioni, in tutti i campi.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

E. Morteo, Grande Atlante del Design dal1850 ad oggi, Mondadori Electa, Milano 2019.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]