[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

197 / MAGGIO 2024 (CCXXVIII)


filosofia & religione

SULLA FILOSOFIA DI MAURICE BLONDEL
AMORE E CARITÀ
di Riccardo Renzi e Federico Renzi

Da sempre la filosofia si interroga sulle questioni di amore, essere e conoscenza. Risulta utile per addentrarci in tale tema la riflessione condotta dal filosofo Virgilio Melchiorre in Metacritica dell’eros: «In che modo l’eros ha a che fare con l’essere? La storia della filosofia potrebbe essere trascritta, in buona parte, come discorso sull’amore, da Anassimandro ed Empedocle sino a Platone e al neoplatonismo, da Agostino alle scuole italiane del rinascimento, da Spinoza alle diverse scuole romantiche sino a Hegel, a Kierkegaard, a Schopenhauer o, per venire a noi, sino alle vie più diverse del pensiero contemporaneo, si tratti in positivo o in negativo della riflessione esistenziale o si tratti della filosofia di Max Scheler, di Martin Buber e via dicendo».

 

Dunque, stando al Filosofo, la riflessione sul rapporto eros-essere risulta un punto di snodo obbligato di tutte le correnti filosofiche. Nelle pagine seguenti Melchiorre porta l’attenzione sulla riflessione condotta da Maurice Blondel. La riflessione ontologica blondeliana conduce il lettore in una sorta di attuazione della metafisica alla seconda potenza, nella quale la carità è il fondamento dell’Universo. Dunque, partendo da tale prospettiva, la domanda che è necessario porsi è come l’essere ci parla dell’amore?

 

Prima di addentraci nella riflessione è opportuna una digressione su Blondel e la sua filosofia. Maurice Blondel nacque a Digione il 2 novembre 1861. Il suo primo lavoro, L'Action. Essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, pubblicato nel 1893 venne accolto festosamente dai movimenti anti-positivisti. Legato agli ambienti del modernismo, dopo la condanna del movimento da parte di papa Pio X nel 1907, si chiuse per un lungo periodo nel più assoluto riserbo, non rinnegando il suo precedente impegno e la propria adesione di fondo a tale corrente teologica e filosofica.

 

Nel suo pensiero trova ampio spazio il primato della volontà che si manifesta nell'azione, sulla ragione. Con il 1934, a partire dai temi volontaristici, andò elaborando una filosofia cosmica centrata sulla provvidenza e la redenzione. Egli perseguì e porto avanti per quasi tutta la vita la così detta “Filosofia d’azione”, consistente in una delle forme dello spiritualismo moderno e i suoi presupposti si basano su un modo peculiare di intendere la pratica della filosofia. Il pensatore deve volgere lo sguardo dentro di sé, elaborare una ricerca interiore e ricercare l'interiorità spirituale; perciò il campo di indagine è costituito dalla coscienza e non certo dalla natura o dall'esteriorità.

 

Per i filosofi dell'azione la coscienza si esplica, soprattutto, nella volontà, nell'attività pratica e creativa nell'ambito della sfera morale, religiosa, sociale, più che nella pura contemplazione e nella teoresi. Alla dialettica reale frutto della ragione, di chiara matrice hegeliana, Blondel contrappone quella della volontà; l'impulso dello sviluppo non è più la contraddizione, bensì il contrasto tra la volontà e la sua realizzazione; da questo contrasto fioriscono, sia l'insoddisfazione della volontà sia la spinta conseguente all'azione.

 

La vera scienza, secondo Blondel, nulla deve alla ricerca esterna, ma deve penetrare nel cuore stesso dell'azione. L'azione è considerata da Blondel come un'iniziativa a priori: il mondo stesso e il corpo dell'uomo non sono altro che manifestazioni o concretizzazioni della sua volontà. La coscienza della fatica, la pena, il dolore dell'azione, dovuti certamente dalla natura e da fattori materiali, sono causati dalla necessità di una espansione sociale di una volontà non omogenea.

 

L'azione forma dapprima l'anima e la personalità dell'uomo, poi spinge l'individuo verso gli altri per raggiungere alcune basi fondamentali quali la famiglia, la patria e l'umanità stessa, che regolano e limitano l'espansione. A questo punto l'espansione prosegue nel campo morale, producendo, ancora una volta, un contrasto fra la volontà e la realizzazione. Per far coincidere l'azione alla volontà umana spesso si ricorre alle religioni inferiori, quelle basate sulle superstizioni e sulle magie, ma l'esito di questo utilizzo rimane illusorio. La via della trascendenza, della rinuncia a se stesso è l'unica che porta all'adeguamento tra la volontà e la sua realizzazione.

 

Blondel insiste nel sostenere l'insufficienza dell'ordine naturale e della storia; ecco perché la via della trascendenza consente la comprensione, contemporaneamente, sia della natura dell'essere e sia il proprio senso nell'infinito.


Per quanto concerne la riflessione sull’amore, analogamente a Kant, Blondel riconduce il fondamento del fenomeno alla duplice attività conoscitiva dei sensi e dell’intelletto: è solo per la sua sensibilità che l’uomo subisce l’azione delle cose ed è per l’intelletto che egli produce i fenomeni. I fenomeni sono dunque il frutto dell’attività e della passività dell’azione conoscitiva: «Con un’espressione che va spiegata, la realtà del fenomeno è compresa tra quei due raggi di cui essa è il punto di convergenza, e che riunendosi in noi la costituiscono in sé stessa: le cose sono perché i sensi e la ragione le vedono, e le vedono in comune, senza che quel doppio sguardo, ognuno dei quali a parte sembra penetrarle completamente si confonda in esse. Se ne possono mostrare gli aspetti irriducibili, ma non se ne possono separare le facciate solidali. Noi agiamo in loro e su di loro, esse agiscono su di noi e in noi. La conoscenza, attiva e passiva, che noi abbiamo è, secondo quanto dobbiamo pensare, il doppio fondamento del fenomeno, sensibile e reale».


A differenza di Kant, Blondel non prosegue la propria speculazione a proposito del fondamento dei fenomeni verso un io trascendentale. Egli protende invece verso un essere storico e assoluto: «Essere oggettivo significa quindi essere prodotto e subito da un soggetto. Infatti avere un’azione reale su un essere reale significa essere reale. Perciò, perché siano veramente, è necessario che le cose agiscano; perché agiscono, è necessario che siano percepite e conosciute».

 

Il vertice del discorso ontologico si dipana intorno alla seguente precomprensione fondante e fondamentale: la realtà è tale e non fenomeno e apparenza solo se, prodotta da un atto creatore e generatore, è capace di agire sul creatore medesimo che, dal suo canto, l’accoglie volontariamente tale quale è. Dunque la realtà non è una fenomenica apparenza in quanto frutto di una forza generatrice.

 

Tutto ciò ci spinge a pensare che i fenomeni sono realtà non solamente in quanto visti da un’intelligenza divina, ma anche in quanto capaci di azioni nei riguardi di chi la posti in essere in quanto tali. Dunque, essi sono ed esistono solo grazie a una kinosi divina: «Infatti perché le cose che sono percepite siano percepite così come sono, non basta una conoscenza percettiva o passiva, ci vuole una conoscenza razionale e produttiva. Ma non è sufficiente neanche una conoscenza produttiva o razionale, ci vuole una conoscenza percettiva o passiva. La realtà delle cose è quella di essere mediatrici tra quel doppio profilo. Esse quindi esistono a condizione che la loro variegata molteplicità agisca su colui che le percepisce e le subisce, esistono a condizione che quelle percezioni molteplici e passive, ricondotte all’unità di un pensiero in grado di abbracciarle tutte, si fondino su una volontà che, mentre le produce così come sono, le accetta così come appaiono».


In tale testo si rileva la base del discorso eucaristico di Blondel, ove tutto ruota attorno a una volontà creatrice che crea per forza di carità. Il Filosofo può affermare che il reale è tale grazie a colui che «volendo diventa a sua volta ciò che conosce», e perché, nella carità, l’altro lo si lascia essere in quello spazio che si apre davanti alla contrazione di sé. Tutto ruota attorno a una carità generatrice e a una carità alla base dell’equilibrio cosmico. Blondel può essere riassunto anche, e soprattutto, come filosofo della carità.
 


Riferimenti bibliografici:

 

M. Blondel, L'Action. Essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, Alcan, Paris 1893, pp. 452-458.
M. Blondel, L'Action. Essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, Alcan, Paris 1893, p. 454.
S. Babolin, L'estetica di Maurice Blondel. Una scienza normativa della sensibilità con estratti dei manoscritti sull'estetica di M. Blondel, Pontificia Università Gregoriana, Roma1974, pp. XXXIII-226.
M.J. Coutagne, X. Manzano, Maurice Blondel et la métaphysique, Parole et silence, Paris 2016.

V. Melchiorre, Metacritica dell’eros, Vita e Pensiero, Milano 1977, p. 31. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]