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N. 8 - Agosto 2008 (XXXIX)

MARIA MONTESSORI
Un genio, al servizio dei bambini

di Carlo Siracusa

Maria Montessori fu un’instancabile educatrice, un vero genio al servizio dei bambini, capace di mettere a punto un modello scientifico rivoluzionario, per aiutare i bambini disagiati, i bambini più svantaggiati sotto l’aspetto della socializzazione, i quali, pur non avendo necessariamente problemi di natura mentale o particolari handicap, hanno vissuto in zone o quartieri difficili, con genitori senza lavoro, in condizioni miserevoli, senza alcuna regola e abbandonati a se stessi e alla strada.

Naturalmente, l’ambiente e le condizioni in cui vivevano questi bambini, facevano di loro dei giovani con un futuro difficile e problematico. Per questa ragione, Maria Montessori si dedicò a questo tipo di bambini, applicando metodi innovativi dal punto di vista ludico, didattico, e assolutamente diversi rispetto quelli tradizionali.

Maria Montessori nacque a Chiaravalle (Ancona) nel 1870. A dodici anni seguì i genitori a Roma, dove studiò e si laureò in medicina nel 1896. Fu la prima donna in Italia a esercitare la professione medica, specializzandosi nello studio dei disordini mentali. Cominciò la sua esperienza lavorativa presso una clinica psichiatrica di Roma, esperienza davvero significativa, e che la portò alla realizzazione della sua teoria pedagogica sull’educazione dei soggetti anormali, i quali non hanno solo bisogno di cure e di assistenza, ma anche di un’educazione che modifichi la loro personalità.

Il 6 gennaio 1907, nel quartiere San Lorenzo, uno dei quartieri più poveri e degradati di Roma, la Montessori aprì il suo asilo, la "Casa de bambini", nel quale dovette affrontare problemi pedagogici e didattici estremamente complessi, che richiesero un risanamento civile, sociale ed educativo.

Il metodo educativo fu molto innovativo: il bambino era visto come un individuo laborioso, impegnato attivamente nei suoi lavori; il gioco non doveva essere visto solo come divertimento, ma come impegno, come coinvolgimento nelle sue attività. Non si sarebbe trattato di metodo duro, impositivo, coercitivo, ma di un metodo che tenesse conto del rispetto dei bisogni e degli interessi del bambino, lasciando che, divertendosi, si impegnasse spontaneamente, facendo di ogni cosa una nuova scoperta su cui concentrarsi ed esercitarsi. In tutto questo, seppe anticipare i tempi.

Il metodo educativo utilizzato nella scuola aperta dalla Montessori, intendeva rinnovare il modo di intendere la scuola. I mobili, i tavolini, i seggiolini, le maniglie, gli interruttori: tutto doveva essere a dimensione dell’altezza dei bambini, avendo il compito primario di facilitare l’osservazione e la comprensione dei bisogni dei piccoli. Persino semplici operazioni quotidiane come il pelare le patate, abbottonarsi i vestiti, allacciarsi le scarpe, attaccare un bottone o apparecchiare la tavola, erano considerate materie di apprendimento.

Anche alla lettura veniva data molta importanza, aiutando i bambini a familiarizzare con le lettere dell’alfabeto, costruite con il cartone o in legno, in modo che, unendole tra loro, potessero formare semplici parole. Strumenti di legno colorati, in modo da essere maneggiati dai bambini, erano messi a loro disposizione per imparare a fare i conti e conoscere le varie forme geometriche. Poi avevano un continuo contatto con la natura: facevano il vino in classe dopo aver pigiato l’uva, catalogavano le foglie, uscivano in giardino, così che imparare sembrava sempre un gioco. Con questo metodo veniva insegnato il senso del dovere, la responsabilizzazione, perché le maestre insistevano sulla pulizia, l’ordine, il rispetto dei compagni. Era il materiale stesso che insegnava, e da nessuna parte si vedevano voti, premi o castighi. Il bambino non veniva corretto a parole, ma gli veniva concesso il tempo e l’occasione di verificare da solo se sbagliava.

Ancora oggi, se si va in una scuola che usa il metodo Montessori, si resta colpiti dalla diversità di tutto quello che si vede in quelle classi. Tutto è a misura dei bambini; nelle aule non esistono nemmeno le cattedre per le insegnanti, le quali stanno accanto ai bambini, in piedi o sedute. I bimbi, tranquilli e concentrati, lavorano da soli o in piccoli gruppi, e ognuno sceglie in autonomia cosa fare e per quanto tempo. Lì nessuno dà ordini; è una scuola che asseconda le capacità del bambino, ha molta attenzione per quello che egli è, insegnando anche a non subire.

Possiamo solo immaginare cosa potevano significare idee simili ai primi anni del secolo scorso, quando invece a scuola si usavano metodi correttivi come le botte, colpi di bacchetta o di cintura, per castigare si mandavano i ragazzi dietro la lavagna, in un angolo o dentro stanzini scuri e si premiavano i migliori con coccarde e medaglie. I banchi, allora, erano formati da un blocco unico fissato al suolo. Altro che arredi su misura di bambino!

Ma anche oggi propugnare la libertà di scelta dei ragazzi, difendere la loro individualità e abolire selezione e competizione dalla scuola è sicuramente un atto controcorrente. A volte, quel bambino che manifesta capricci e piange per qualunque cosa, non è altro che il risultato di un’educazione da parte di genitori che lo viziano, lo controllano, intervenendo davanti a ogni piccola difficoltà, anche la più insignificante, risolvendogli tutti i problemi, anziché lasciare che siano loro stessi a superarli.

A motivo della grave situazione economica in cui versava l’Italia all’inizio del Novecento, si preferì adottare il metodo Agazzi, sicuramente meno impegnativo e più economico, rispetto al metodo Montessori, che avrebbe richiesto la costruzione di asili, strutture particolari, con materiale didattico adatto, e un’adeguata formazione degli insegnanti. Nel frattempo, la Montessori si trasferì all’estero, viaggiando in tutto il mondo, facendo importanti esperienze pedagogiche. Fu nel dopoguerra che il metodo e gli asili in stile Montessori si diffusero anche in Italia.

Il suo primo scritto, forse la sua opera più importante, fu pubblicato nel 1909, intitolato: "Il metodo della pedagogia scientifica applicata all’educazione infantile nelle Case dei bambini"; ristampato in un secondo tempo con il titolo: "La scoperta del bambino" (1948).

Il suo metodo prevedeva un utilizzo progressivo e graduale di materiale, attraverso il quale il bambino iniziava a compiere attività come: inserire figure geometriche negli appositi spazi di uguale forma, lettere con le quali comporre le prime parole, esercizi di manualità, materiale per imparare a contare, e altro ancora.

Il metodo scientifico della Montessori, sostenne la necessità di stimolare l’attività e il rapporto col bambino partendo dai suoi bisogni e interessi, e ciò implica, che il bambino deve sentirsi libero, e imparare a divenire autonomo; non bisogna abituarlo alla passività, ma dargli il materiale strutturato in base ai suoi bisogni e alle sue capacità, lasciando scegliere, e facendolo operare liberamente.

La Montessori non approvava il comportamento di quei genitori che rovinano i figli facendoli solo giocare, imponendo costantemente la presenza dell’adulto per risolvere loro ogni problema, anche solo per prendere un oggetto, aprire una porta, controllandoli sempre, e rendendo così i bambini dipendenti, passivi, invece che attivi, liberi e autonomi. Per la Montessori, il gioco non deve essere usato per distrarre il bambino o tenerlo in qualche modo impegnato. Il gioco, invece, deve intendersi come un momento di formazione della personalità del bambino, fondamentale per sviluppare la creatività. Inoltre, perché il bambino raggiunga l’autosufficienza, deve imparare da solo a fare ciò che è potenzialmente in grado di fare, raggiungendo così l’autonomia.

La vita scolastica, inoltre, essendo anche vita di gruppo, deve permettere che i bambini si organizzino tra loro, formino dei gruppi, lavorino in coppia e vengano rispettati dagli adulti, non interferendo dando aiuto, ma lasciando che facciano da soli; il compito dell’insegnante, quindi, deve essere quello di una guida, non quello di risolutore delle difficoltà.

Per questa ragione, necessita che l’insegnante abbia alla base una grande formazione scientifica, psicologica, insieme alla capacità di osservare e scoprire il bambino nel suo mondo naturale, con la sua spontaneità, così da riuscire a cogliere i bisogni, gli interessi, i problemi e le caratteristiche di ciascun bambino. Questo richiede che l’insegnante sia una persona fondamentalmente umile, tollerante, rispettoso, limitandosi a dare gli strumenti didattici adeguati e appropriati all’età, alle esigenze, allo sviluppo, ai bisogni e agli interessi del bambino.

La Montessori paragonava i bambini alle piante: proprio come una pianta, il bambino cerca attraverso le esperienze di portare in luce le proprie potenzialità. Il bambino, perciò, non doveva essere considerato un adulto in miniatura, ma un individuo incompleto, il quale, attraverso la sua attività, avrebbe cercato di raggiungere la completezza. Il bambino deve tutto alle sue capacità di assorbire l’ordine dal mondo esterno, attraverso la comprensione delle relazioni che lo regolano. L’educazione, dunque, doveva permettere lo sviluppo del bambino, favorendo i processi naturali di crescita, sia dal punto di vista biologico che psicologico.

Il programma scolastico avrebbe dovuto rafforzare l’interiorità del bambino, manifesta sia nella curiosità che nel desiderio di conoscere. L’importante compito dell’insegnante non stava nell’imbrigliare, ma nell’aiutare il bambino a fare ordine nelle impressioni e nelle sue molteplici esperienze. Non doveva essere più l’insegnante a proporre qualcosa, ma era l’allievo, la sua crescita, a divenire il centro dell’azione educativa. Il metodo adottato dalla Montessori, fu senz’altro un metodo scientifico innovativo, rivoluzionario e ancora oggi valido.

 

 

 

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