Maria d’Asburgo, regina d’Ungheria E
BOEMIA
REGALITÀ FEMMINILE
di Mariano Ciarletta
Negli ultimi anni l’attenzione degli
storici è convenuta
sull’articolazione del potere
femminile autonomo, informale e
collaterale a quello maschile. Nel
solco scavato da queste indagini si
inserisce la storia della regalità
femminile, le cui protagoniste
divengono artefici di spazi d’azione
informale e di accurati sistemi di
patronage e matronage.
Questi elementi hanno contribuito a
plasmare una specifica identità del
potere delle donne, mostrando molto
spesso una realtà complessa,
policefala e variabile. A proposito
del potere delle regine, molto è
stato scritto sui corpi delle
regnanti Elisabetta I e Cristina di
Svezia.
Su di loro si abbatté il severo
giudizio della libellistica del
tempo. Nel caso della sovrana
anglosassone fu la produzione di
matrice cattolica a contestarne la
vita e le scelte politiche, mentre
di Cristina di Svezia, indomita
erede di Gustavo II Adolfo, ci
rimangono interpretazioni spesso
fuorvianti relativamente alla sua
natura, alle scelte personali e al
suo governo. D’altra parte, proprio
nei secoli centrali della modernità,
la libellistica corroborerà
un’interpretazione personalistica,
politicizzata e spesso screditante
del governo femminile. Uno spazio
altrettanto considerevole è stato
riservato alla categoria delle
sovrane consorti, le quali
riuscirono ad affermare un proprio
potere nelle corti europee
esercitando una fattiva influenza
sui coniugi e sulla componente
aristocratica maschile.
Nondimeno, la storia delle reggenti
offre esempi di costante e
necessaria rimodulazione del potere.
D’altra parte, il ruolo si esplicava
all’assenza o alla morte del
coniuge, comportando l’acquisizione
di nuove e significative
responsabilità, anche in territori
sconosciuti. Durante la reggenza
risultavano fondamentali la
salvaguardia di una personale
funzione governativa e la tutela
della primogenitura maschile,
frequentemente minacciata da
pericolose pretensioni pianificate
dentro e fuori gli ambienti di
corte, mentre gli affetti divenivano
marginali e trascurabili. Era invece
essenziale, come accadde durante i
governi di Caterina de’ Medici,
Maria de’ Medici, Anna d’Austria e
Cristina di Borbone, il costante
esercizio del legittimo principio di
autorità. Principio che diveniva più
urgente nel passaggio dalla
posizione di sovrane consorti a
quella di governatrici di territori
spesso soggetti a tensioni e crisi
interne.
La collana nazionale degli studi sul
Belgio costituisce un prezioso punto
di partenza per recuperare le fasi
che caratterizzano la storia dei
Paesi Bassi e, più in generale, i
momenti salienti della vita di Maria
d’Asburgo.
Nata a Bruxelles il 15 settembre
1505, quarta figlia di Filippo il
Bello e Giovanna la Pazza, Maria
venne battezzata il 20 settembre
presso la chiesa di Sablon al
cospetto dell’intera nobiltà
fiamminga. Alla cerimonia era
presente anche Massimiliano
d’Asburgo, che avrebbe rivestito un
ruolo cruciale nella sua vita.
L’Imperatore del Sacro Romano Impero
desiderava concretizzare le
pretensioni sulla Boemia e
sull’Ungheria, creando una soda
unione con re Ladislao. I progetti
di Massimiliano si realizzeranno il
22 luglio 1515 con il sacro vincolo
nella cattedrale di Sant’Etienne
(Vienna). A soli dieci anni, Maria
venne promessa a Luigi II Jagellone,
erede di Ladislao, che nel 1506 era
frattanto divenuto re di Ungheria e
di Boemia. Lo scopo consisteva nel
suggellare l’unione di due regni
potentissimi, per unire le forze
contro la preoccupante avanzata
ottomana.
L’effettivo matrimonio avvenne nel
1522, nella stessa data in cui il
fratello di Maria, Ferdinando
d’Asburgo, contraeva matrimonio con
Anna di Boemia. Durante il soggiorno
ungherese, la regina consorte iniziò
a manifestare una profonda
sensibilità verso i movimenti
evangelici, che l’accompagnerà anche
durante il tumultuoso governo dei
Paesi Passi. D’altra parte, gli
ideali della Riforma stavano
pericolosamente permeando le corti
europee, trovando segreta
accoglienza in molti cenacoli
guidati da rilevanti profili
femminili.
Nel 1526 la ferocia di Solimano
spinse gli ungheresi in guerra.
Cercando di contenere
l’espansionismo turco, Luigi II
Jagellone trovò la morte nella
battaglia di Mohács. La storiografia
sottolinea l’autentico dolore di
Maria per la perdita del suo sposo,
dal quale scaturì la ferma volontà
di non risposarsi. Risoluta nella
condizione di vedova, la regina
vedovavenne nominata reggente di
Ungheria e Boemia nella dieta di
Pietroburgo (1528).
Nel 1531 dovette tuttavia anteporre
il dovere agli affetti familiari,accettandol’incarico
di governatrice dei Paesi Bassi, del
quale era stata investita l’abile
Margherita d’Asburgo, zia della
stessa Maria, protagonista della
celebre pace di Cambrai (1529),
morta a Malines nel 1530. La
reggente riteneva più adatto per
tale compito il fratello Ferdinando,
che tuttavia le venne imposto dal
fratello Carlo V. L’Imperatore del
Sacro Romano Impero Germanico si
dichiarava disposto a rispettare la
volontaria vedovanza della sorella,
ma trattando dei Paesi Bassi
affermava con fermezza che «non vi
era nessuno più qualificato di lei».
La nuova carica si esplicava in
territori irrequieti, dove era
necessario un attento bilancio
relativamente alle scelte politiche
e religiose. D’altra il riformismo
evangelico era altamente inviso ai
principali esponenti di Casa
d’Austria.
Cesarina Casanova ha però osservato
che le propensioni religiose di
Maria, speculari all’identità
religiosa ungherese, non intaccarono
la fedeltà della reggente alle linee
guida familiari. Dunque, preservare
un territorio da continue tensioni
sociali significava lasciare poco
spazio all’alterità religiosa. La
governatrice perseguì una dura
campagna contro gli aderenti al
pervicace movimento anabattista,
punendo duramente coloro che vi
aderivano.
Tale politica, confinata entro gli
obblighi della reggenza, assecondava
un progetto di monitoraggio di
eventuali convergenze tra il
dilagante dissenso religioso e le
ideologie rivoluzionarie in seno
alla nobiltà locale. Tuttavia,
durante gli anni ‘30 del
Cinquecento, in lei riaffiorò un
atteggiamento di tolleranza verso i
simpatizzanti della teologia
erasmiana provati, successivamente
al caso Grapheus, dalla ferocia
dell’Inquisizione.
Esempio di tale mediazione è la
grazia concessa al suo cappellano
Pierre Alexandre. Il carmelitano
riuscì a riparare fortunosamente
alla corte di Heidelberg, nel
Palatinato, evitando severe
implicazioni per le proprie scelte
confessionali. Tutelare i confini di
Casa d’Austria, intercettando
eventuali focolai di ribellione al
centralismo asburgico, fu un compito
costante e inderogabile. In questo
progetto di reazione-neutralità,
Maria d’Asburgo comprovò una sottile
identità di statista. Con la sua
fermezza tutelò gli interessi
commerciali nel Baltico e protesse i
Paesi Bassi dall’espansione
francese.
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