[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 212 / AGOSTO 2025 (CCXLIII)


moderna

Maria d’Asburgo, regina d’Ungheria E BOEMIA
REGALITÀ FEMMINILE
di Mariano Ciarletta

 

Negli ultimi anni l’attenzione degli storici è convenuta sull’articolazione del potere femminile autonomo, informale e collaterale a quello maschile. Nel solco scavato da queste indagini si inserisce la storia della regalità femminile, le cui protagoniste divengono artefici di spazi d’azione informale e di accurati sistemi di patronage e matronage. Questi elementi hanno contribuito a plasmare una specifica identità del potere delle donne, mostrando molto spesso una realtà complessa, policefala e variabile. A proposito del potere delle regine, molto è stato scritto sui corpi delle regnanti Elisabetta I e Cristina di Svezia.
 
Su di loro si abbatté il severo giudizio della libellistica del tempo. Nel caso della sovrana anglosassone fu la produzione di matrice cattolica a contestarne la vita e le scelte politiche, mentre di Cristina di Svezia, indomita erede di Gustavo II Adolfo, ci rimangono interpretazioni spesso fuorvianti relativamente alla sua natura, alle scelte personali e al suo governo. D’altra parte, proprio nei secoli centrali della modernità, la libellistica corroborerà un’interpretazione personalistica, politicizzata e spesso screditante del governo femminile. Uno spazio altrettanto considerevole è stato riservato alla categoria delle sovrane consorti, le quali riuscirono ad affermare un proprio potere nelle corti europee esercitando una fattiva influenza sui coniugi e sulla componente aristocratica maschile.
 
Nondimeno, la storia delle reggenti offre esempi di costante e necessaria rimodulazione del potere. D’altra parte, il ruolo si esplicava all’assenza o alla morte del coniuge, comportando l’acquisizione di nuove e significative responsabilità, anche in territori sconosciuti. Durante la reggenza risultavano fondamentali la salvaguardia di una personale funzione governativa e la tutela della primogenitura maschile, frequentemente minacciata da pericolose pretensioni pianificate dentro e fuori gli ambienti di corte, mentre gli affetti divenivano marginali e trascurabili. Era invece essenziale, come accadde durante i governi di Caterina de’ Medici, Maria de’ Medici, Anna d’Austria e Cristina di Borbone, il costante esercizio del legittimo principio di autorità. Principio che diveniva più urgente nel passaggio dalla posizione di sovrane consorti a quella di governatrici di territori spesso soggetti a tensioni e crisi interne.
 
La collana nazionale degli studi sul Belgio costituisce un prezioso punto di partenza per recuperare le fasi che caratterizzano la storia dei Paesi Bassi e, più in generale, i momenti salienti della vita di Maria d’Asburgo.
 
Nata a Bruxelles il 15 settembre 1505, quarta figlia di Filippo il Bello e Giovanna la Pazza, Maria venne battezzata il 20 settembre presso la chiesa di Sablon al cospetto dell’intera nobiltà fiamminga. Alla cerimonia era presente anche Massimiliano d’Asburgo, che avrebbe rivestito un ruolo cruciale nella sua vita.
 
L’Imperatore del Sacro Romano Impero desiderava concretizzare le pretensioni sulla Boemia e sull’Ungheria, creando una soda unione con re Ladislao. I progetti di Massimiliano si realizzeranno il 22 luglio 1515 con il sacro vincolo nella cattedrale di Sant’Etienne (Vienna). A soli dieci anni, Maria venne promessa a Luigi II Jagellone, erede di Ladislao, che nel 1506 era frattanto divenuto re di Ungheria e di Boemia. Lo scopo consisteva nel suggellare l’unione di due regni potentissimi, per unire le forze contro la preoccupante avanzata ottomana.
 
L’effettivo matrimonio avvenne nel 1522, nella stessa data in cui il fratello di Maria, Ferdinando d’Asburgo, contraeva matrimonio con Anna di Boemia. Durante il soggiorno ungherese, la regina consorte iniziò a manifestare una profonda sensibilità verso i movimenti evangelici, che l’accompagnerà anche durante il tumultuoso governo dei Paesi Passi. D’altra parte, gli ideali della Riforma stavano pericolosamente permeando le corti europee, trovando segreta accoglienza in molti cenacoli guidati da rilevanti profili femminili.
 
Nel 1526 la ferocia di Solimano spinse gli ungheresi in guerra. Cercando di contenere l’espansionismo turco, Luigi II Jagellone trovò la morte nella battaglia di Mohács. La storiografia sottolinea l’autentico dolore di Maria per la perdita del suo sposo, dal quale scaturì la ferma volontà di non risposarsi. Risoluta nella condizione di vedova, la regina vedovavenne nominata reggente di Ungheria e Boemia nella dieta di Pietroburgo (1528).
 
Nel 1531 dovette tuttavia anteporre il dovere agli affetti familiari,accettandol’incarico di governatrice dei Paesi Bassi, del quale era stata investita l’abile Margherita d’Asburgo, zia della stessa Maria, protagonista della celebre pace di Cambrai (1529), morta a Malines nel 1530. La reggente riteneva più adatto per tale compito il fratello Ferdinando, che tuttavia le venne imposto dal fratello Carlo V. L’Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico si dichiarava disposto a rispettare la volontaria vedovanza della sorella, ma trattando dei Paesi Bassi affermava con fermezza che «non vi era nessuno più qualificato di lei». La nuova carica si esplicava in territori irrequieti, dove era necessario un attento bilancio relativamente alle scelte politiche e religiose. D’altra il riformismo evangelico era altamente inviso ai principali esponenti di Casa d’Austria.
 
Cesarina Casanova ha però osservato che le propensioni religiose di Maria, speculari all’identità religiosa ungherese, non intaccarono la fedeltà della reggente alle linee guida familiari. Dunque, preservare un territorio da continue tensioni sociali significava lasciare poco spazio all’alterità religiosa. La governatrice perseguì una dura campagna contro gli aderenti al pervicace movimento anabattista, punendo duramente coloro che vi aderivano.
 
Tale politica, confinata entro gli obblighi della reggenza, assecondava un progetto di monitoraggio di eventuali convergenze tra il dilagante dissenso religioso e le ideologie rivoluzionarie in seno alla nobiltà locale. Tuttavia, durante gli anni ‘30 del Cinquecento, in lei riaffiorò un atteggiamento di tolleranza verso i simpatizzanti della teologia erasmiana provati, successivamente al caso Grapheus, dalla ferocia dell’Inquisizione.
 
Esempio di tale mediazione è la grazia concessa al suo cappellano Pierre Alexandre. Il carmelitano riuscì a riparare fortunosamente alla corte di Heidelberg, nel Palatinato, evitando severe implicazioni per le proprie scelte confessionali. Tutelare i confini di Casa d’Austria, intercettando eventuali focolai di ribellione al centralismo asburgico, fu un compito costante e inderogabile. In questo progetto di reazione-neutralità, Maria d’Asburgo comprovò una sottile identità di statista. Con la sua fermezza tutelò gli interessi commerciali nel Baltico e protesse i Paesi Bassi dall’espansione francese.
 
 
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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]