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N. 52 - Aprile 2012 (LXXXIII)

MARE NOSTRUM
Il valore della "diversità"

di Giovanna D'Arbitrio

 

Nel corso dei miei studi scolastici spesso mi sono imbattuta nella denominazione “Mare Nostrum” attribuita al Mar Mediterraneo. La udii per la prima volta quando frequentavo la prima media durante una lezione sulla storia romana magistralmente spiegata dalla mia insegnante di lettere.

 

Comprendo ora, a distanza di anni, che ella era un’insegnante “diversa”, non comune, che oltre a spaziare tra le quattro classiche materie letterarie, italiano, storia, geografia e latino, era in grado di destreggiarsi e fare collegamenti interdisciplinari su un’incredibile quantità di argomenti per la varietà di interessi culturali da lei coltivati.

 

Fu proprio durante le sue lezioni che nacque il mio amore per la storia, la geografia, le antiche civiltà, l’arte e la mitologia e così, come in una reazione a catena, di conseguenza da esso scaturì il desiderio di visitare antichi siti archeologici e di imparare le lingue straniere, in particolare l’inglese che mi sembrò quella più adatta a viaggiare e comunicare con gli altri popoli, per un’esigenza di conoscere, ampliare gli orizzonti attraverso un civile confronto con luoghi e culture - Mare Nostrum, spesso definito culla di antiche civiltà! - esclamò la prof. con una sorta di emozione, di positiva enfasi mentre ci parlava dell’Impero Romano che chiamò “nostro” quel mare, poiché univa le terre conquistate, favorendo gli scambi commerciali e culturali tra Est e Ovest, tra popoli così “diversi” tra loro.

 

Più tardi, passando ai successivi livelli di studio, appresi che per conquistarsi “uno sbocco” sul Mediterraneo molte nazioni avevano lottato, perfino intrapreso guerre, per interessi politico- economici, soprattutto dopo la Rivoluzione Industriale quando crebbe il fabbisogno di materie grezze.

 

Non ritrovai mai più, tuttavia, lo spirito che animava quelle lezioni di un tempo, quando da ragazzina riuscivo a sognare ad occhi aperti, immaginando vascelli di Fenici che solcavano le onde, l’antico Egitto, la Grecia con la sua arte e filosofia, miti e leggende, Omero, la guerra di Troia e il vagabondar di Ulisse tra diversi lidi, gli antichi popoli italici,e poi ecco Roma, caput mundi, le invasioni barbariche e così via.

 

Come appaiono lontane quelle epoche! Guerre ce ne sono sempre state, ma non così devastanti come quelle attuali con le loro terrificanti armi e la totale mancanza di rispetto verso il nemico. Altro che eroi omerici, altro che Achille e Priamo, la pietà per un vecchio padre che chiede umilmente le spoglie del figlio!

 

Venti di guerra agitano ancor oggi il Mediterraneo dove i popoli del nord Africa combattono per libertà e democrazia, mentre sulle opposte sponde, Spagna, Italia Grecia attraversano gravi crisi, travolte da incomprensibili scelte politiche e finanziarie.

 

Per far riequilibrare e rassicurare le altalenanti borse internazionali (che strano!), pare sia opportuno apportar tagli a pensioni, cultura, occupazione, ambiente e sanità. Rivoluzioni, guerre, terrorismo, l’attacco alle Torri Gemelle dunque non son bastati a generare un “risveglio” delle coscienze?

 

Gli africani, intanto, stanchi di dittature, miseria, guerre e malattie, in massa emigrano attraversando il Mediterraneo per cercare rifugio nei paesi più ricchi,ovviamente approdando sulle più abbordabili coste italiane.

 

Tutti ci auguriamo una proficua e pacifica integrazione costruita sugli aspetti multiculturali positivi, ma le società multirazziali segneranno inevitabilmente una perdita di preziose identità culturali, sia occidentali che orientali, non solo spazzate via da intolleranza verso chi è diverso, ma soprattutto da strategie commerciali che impongono beni di consumo, mode e comportamenti attraverso i mass media.

 

Ci si chiede allora con un pizzico di humour nero, tanto per fare un esempio, “ cosa accadrebbe se un giorno, scomparse le ultime vestigia di un grande passato per incuria e decadenza culturale, facendo una crociera nell’ex Mare Nostrum, ci ritrovassimo davanti a uguali cibi, bevande, un ugual modo di abbigliarsi, la stessa musica, pittura, scultura, architettura e quant’altro?”. Tale ipotesi farebbe forse piangere anche i ricchi, al solo pensiero. Che danno per il turismo!

 

 Oggi già possiamo costatare una diffusa svalutazione della cultura, alimentata da una deriva etica che esalta ignoranza, cattivo gusto ed eccessi consumistici in paesi occidentali o “emergenti”, mentre in quelli sottosviluppati mancano perfino acqua, cibo, istruzione e cure mediche.

 

Non sarebbe più giusto dunque creare condizioni di maggiore vivibilità in quelle terre, arginando in tal modo gli imponenti flussi migratori e preservando diversità e identità?

 

Ecco forse sarà proprio questa la sfida per il futuro, per chi voglia conservare una diversità positiva, quell’alta “qualità” spirituale che da bambina notai nella mia prof., una ricerca di qualità che ci dovrebbe guidare in tutte le nostre scelte, nel rispetto di persone e popoli, se desideriamo vivere in pace, libertà, democrazia in un mondo “non omologato”, ma capace di costruttivi scambi non solo economici e commerciali, ma anche culturali.

 

Ci auguriamo pertanto che proprio dal Mare Nostrum, culla di antiche civiltà, possa partire un positivo esempio.



 

 

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