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[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 157 / GENNAIO 2021 (CLXXXVIII)


filosofia & religione

TRA MAGIA E CRISTIANESIMO
SIMBOLI, MANUALI, OGGETTI E POTERI TAUMATURGICI
di Francesco Giannetti

 

Nel Medioevo, fino al XII secolo, conoscere e spiegare il mondo naturale significa dimostrare che esso non è come appare, ma rappresenta un insieme di simboli e segni di una realtà più profonda. A fenomeni e oggetti naturali sono attribuiti significati di carattere morale o religioso. Gli animali sono assimilati a virtù o peccati e le loro caratteristiche non hanno nulla di accidentale, in quanto, come tutte le creature, sono stati creati in funzione dell’uomo. Ad animali, piante, minerali e pietre preziose sono attribuite straordinarie virtù terapeutiche e poteri occulti, simpatie e antipatie. Anche le parole e i suoni possono generare sugli uomini effetti straordinari in quanto operano per mezzo dell’immaginazione, cui è attribuita una funzione attiva.

 

Il termine magia denota a lungo una molteplicità di teorie e pratiche non facilmente distinguibili dalla filosofia naturale e dalla religione. La differenza tra un evento naturale e uno prodotto per mezzo della magia non è affatto netta, e assai sfumati sono i confini tra magia e religione, tra portenti prodotti dal mago ed eventi miracolosi, tra oggetti con poteri magici e reliquie. La contiguità tra pratiche magiche e riti religiosi e la necessità di garantire il monopolio della Chiesa nel contatto con il mondo soprannaturale sono le principali ragioni dell’ostilità e delle condanne delle autorità religiose nei confronti della magia.

 

Anche se la Chiesa disapprova ogni forma di magia, i fedeli associano spesso l’uso di reliquie a quelle di amuleti, preghiere a formule magiche, in primo luogo per scopi terapeutici, ma anche per esigenze della vita quotidiana. La magia medievale fonde, spesso senza distinguerli, riti propri della religione cristiana con pratiche magiche derivanti dal più antico mondo pagano. Piuttosto sfumate sono le differenze tra preghiere, scongiuri, esorcismi e formule magiche, utilizzate tanto da laici che dal clero, e finalizzate ad allontanare forze malefiche e neutralizzare fatture. Uno dei criteri per distinguere tra magia lecita e illecita è lo scopo per cui sono utilizzate cerimonie, formule e riti: se il fine è danneggiare una persona o la sua proprietà, allora coloro che praticano la magia incorrono nell’accusa di stregoneria.

 

Un’azione prodotta dalle proprietà manifeste dei corpi, che hanno origine dalle qualità primarie, è detta naturale; se è causata da proprietà di altra origine, ad esempio celeste, è detta magica. Fino al XII secolo magia e divinazione sono quasi sempre condannate in quanto pratiche che implicano un commercio con il demonio. Verso il XII secolo si afferma la distinzione tra la magia naturale da una parte, comprendente ad esempio la conoscenza e l’uso di virtù occulte, di simpatie e antipatie, e la magia demoniaca dall’altra. Quest’ultima è considerata una pratica illecita, che, rifiutando Dio, si rivolge ai demoni per ottenere il loro aiuto.

 

È impensabile che un uomo possa compiere prodigi con le sue sole capacità. Se non è un santo, i cui miracoli sono compiuti da Dio, allora i suoi prodigi devono essere opera di spiriti impuri, con cui ha stretto un patto di alleanza. Secondo lo storico Raul Manselli “l’apparato gerarchico della Chiesa, nel quale il cristianesimo medievale tende a realizzarsi, non può non prendere posizione di fronte alla magia e alla stregoneria, in uno sforzo intenso per capirle e interpretarle. Ne deriva un giudizio che sarà sempre di condanna, ma con una significativa oscillazione tra superstizione ed eresia”.

 

Nella Bibbia, Jahvè e i suoi profeti condannano magia e divinazione: «Colui che si rivolgerà agli spettri e agli indovini per prostituirsi al loro seguito, diventerà il mio bersaglio e lo strapperò dal suo popolo» (Levitico, 20, 6). Negli Atti degli Apostoli Simon Mago sfida gli apostoli e incorre nelle ire di Pietro (8: 9-24): gli apostoli vincono il potere dei maghi e, quando i maghi di Efeso si convertono al Cristianesimo, i loro libri sono bruciati (19: 13-19). Per Agostino di Ippona, le terapie che utilizzano erbe, pietre e amuleti derivano da comunicazioni occulte o manifeste con i demoni.

 

Le arti magiche e la divinazione sono sempre associate da Agostino all’azione di spiriti maligni, mentre i miracoli sono opera di Dio. Secondo Agostino, i demoni, in quanto provvisti di un corpo etereo, né materiale, né del tutto spirituale, sono dotati di una straordinaria sottigliezza, per cui possono introdursi dappertutto, anche nel corpo e nello spirito degli uomini. Grazie a questa loro natura, i demoni hanno il dono della predizione e straordinarie capacità tecniche, che agli uomini non sono date.

 

Nel De divinatione daemonum Sant’Agostino afferma che i demoni hanno il potere di provocare malattie, di rendere l’aria malsana, di suscitare visioni soprattutto nel sonno. La condanna agostiniana della magia e della sua demonologia eserciteranno una duratura influenza nel Medioevo e saranno in gran parte riprese dai canonisti del XII secolo, come ad esempio Ivo di Chartres.

 

Isidoro di Siviglia ha una concezione della magia meno rigida di Agostino e separa le arti magiche lecite da quelle proibite. Fra le prime include le forme di divinazione mediante gli elementi: geomanzia, idromanzia, aerimanzia e piromanzia, l’osservazione del volo degli uccelli, delle viscere degli animali sacrificali, degli astri. Nelle Etymologiae Isidoro sostiene che l’astrologia è una forma di divinazione che rientra nella magia lecita. La magia operativa, come gli incantesimi basati sull’uso magico delle parole, e le legature, ovvero oggetti magici, quali erbe e pietre, legati al corpo, è invece disapprovata in quanto demoniaca.

 

Nel IV secolo la Chiesa condanna la magia in vari concili, mentre il Codice Giustiniano punisce magia e divinazione. Nel 789 Carlo Magno stabilisce misure severissime contri chi pratica necromanzia, divinazione e altre forme di una magia demoniaca. Il Concilio di Tours dell’813 afferma che “le legature di osso o di erbe non sono che lacci del diavolo”.

 

Nella diffusione del Cristianesimo nelle isole britanniche e nell’Europa centro-settentrionale la Chiesa contrappone i miracoli alle pratiche magiche e divinatorie diffuse tra i popoli da convertire. La vita di San Patrizio è costellata da conflitti con i druidi, nei quali i miracoli del santo irlandese hanno la meglio sui poteri magico-divinatori dei sacerdoti celti. I conflitti e la vittoria finale di San Patrizio seguono modelli presenti nelle sacre scritture, ovvero la superiorità dei miracoli che derivano dal Dio cristiano su ogni forma pagana.

 

Nel processo di conversione al Cristianesimo delle popolazioni germaniche, la Chiesa condanna le pratiche magiche diffuse tra i popoli del Nord Europa in quanto fondate sul contatto con il maligno. La magia e la divinazione sono arti in cui eccelle Odino, il dio supremo della religione dei popoli nordici, e la credenza dei poteri magici delle rune, benché condannata dalla Chiesa, sopravvive ben oltre la conversione dei popoli germanici.

 

Malgrado le condanne della Chiesa, la diffusione della magia nella società medievale è molto vasta ed è presente in tutti gli strati sociali, incluso il clero. Nei penitenziali sono spesso indicate espiazioni per pratiche di magia, quali la produzione di talismani l’uso di formule magiche e la divinazione. Ma la commistione tra pratiche magiche e riti religiosi è spesso strettissima: preghiere e formule magiche sono recitate in successione per ottenere un dato scopo, come ad esempio scacciare demoni, allontanare malattie da uomini e animali, fermare tempeste. Ostie e reliquie di santi sono utilizzate per favorire la fertilità dei campi, allontanare pestilenze e carestie. Nel secolo XI cominciano a diffondersi pratiche sacrileghe in sui si fa uso dell’ostia consacrata come amuleto, per curare malattie o assicurare la fertilità agli animali.

 

Uno dei più noti manuali di magia medievali è il Picatrix, redatto in arabo nel XI secolo e influenzato dalla tradizione magico-astrologica ellenistica. Nel mondo islamico il contatto con culture diverse, come quella harraniana, in cui era diffusa l’adorazione degli dei astrali, aveva favorito lo sviluppo dei vari rami della magia. Il contesto cosmologico e ontologico in cui la magia è collocata dai filosofi arabi, a partire dal De radiis di al-Kindi, la rende razionalmente comprensibile: l’intera realtà infatti, è concepita come un campo di forze in cui l’alto e il basso sono in una relazione di “simpatia” che permette un’azione reciproca dell’uno sull’altro. L’uomo può agire in questo ambito dominando e orientando le forze che operano nel cosmo.

 

L’idea centrale è quella della trasformazione del soggetto e del mondo, che si attivano reciprocamente, senza che vi sia separazione né confusione tra soggetto e oggetto.  Nel Picatrix, gli astri, i corpi del mondo terrestre, le parti del corpo umano, odori, sapori, colori, arti e mestieri, sono divisi in sfere di influenza magica, trovando la propria collocazione sotto il dominio di un determinato pianeta.

 

Alcuni tratti di carattere magico e astrologico che fanno parte del corpo di scritti che va sotto il nome di Corpus Hermeticum riprendono a circolare nell’Occidente latino intorno al XII secolo. Tra i testi ermetici, quelli di magia cerimoniale suscitano maggiore curiosità e anche le prime condanne. I presupposti cosmologici su cui si basano i testi ermetici sono di carattere astrologico e vitalistico: nel mondo terrestre agiscono influenza ancestrali; la terra vive si muove ed è impregnata di divino e le stelle sono viventi animali divini. Gli Hermetica, che si presentano sotto forma di rivelazione divina, affermano una concezione unitaria del cosmo, non strutturato secondo un ordine immutabile, ma pervaso da forze spirituali, virtù occulte, influssi celesti, simpatie e antipatie.

 

I testi ermetici postulano una gerarchia di divinità e di demoni, che è alla base della teurgia, ovvero l’arte diretta a realizzare un contatto con gli dei e a operare in virtù di esso. L’Aslepius ha un’ispirazione ottimista: l’uomo è unito agli dei grazie a ciò che ha in sé qualcosa di origine divina, l’intelletto. Unico tra tutte le creature, l’uomo è dotato di una duplice natura, una divina e una formata dagli elementi. Questa interpretazione pratico-operativa è condivisa da coloro che nel XII secolo adottano le concezioni proprie dell’Asclepius, come ad esempio Ildegarda di Bingen.

 

Ildegarda afferma la superiorità dell’uomo sulle creature spirituali angeliche perché la sua duplice natura, che rispecchia la divinità e l’umanità di Cristo, gli consente di collaborare con Dio. Condannato da Agostino il Corpo Ermetico comincia nel XII secolo a essere concepito come il frutto di un’ispirazione divina, che completa e perfeziona il messaggio cristiano.

 

I contatti con l’Islam favoriscono la diffusione di raccolte di segreti, conoscenze frutto di una rivelazione, inizialmente destinata a pochi adepti. Il contenuto di questo genere di raccolte è piuttosto vario: consigli pratici per la vita domestica, per il commercio, medicina, alchimia e magia.

 

Il più noto dei libri segreti è il Secretum secretorum falsamente attribuito ad Aristotele. L’opera, di origine araba e tradotta in latino nel XII secolo, contiene un insieme di presunti insegnamenti di Aristotele al suo discepolo Alessandro Magno. Scritto in forma di epistola, include consigli politici, sul regime alimentare, nonché istruzioni di carattere magico-astrologico.

 

I poteri di minerali, pietre e gemme sono descritti in trattati detti Lapidari, opere che hanno larga circolazione nelle corti e in diversi strati sociali, come attestato nelle numerose traduzioni in volgare. Tra i più noti vi sono il lapidario attribuito ad Aristotele e il lapidario di Marbodo, vescovo di Rennes, in esametri. Quest’ultimo afferma che, se è vero che le erbe sono dotate di poteri terapeutici, a maggior ragione lo sono le pietre preziose, cui Dio ha impresso virtù straordinarie. Lo zaffiro ha natura fredda e se ridotto in polvere e mescolato al latte, cura le ulcere e l’emicrania; vince il terrore e l’invidia e rende Dio disposto ad accettare le suppliche.

 

L’attribuzione di poteri magici e straordinarie proprietà terapeutiche a oggetti, pietre, erbe e animali ha origini molto antiche ed è presente in varie civiltà. Nel Medioevo le autorità ecclesiastiche, si diffondono nell’Europa pratiche magiche che presuppongono la presenza di poteri particolari in vari tipi di oggetti e sostanze naturali.

 

La preparazione di rimedi magici prevede una serie di procedure e rituali che determinano l’esito della cura: la cattura e l’uccisione di un animale, le cui parti devono essere usate per scopi medicinali, deve rispettare certe regole, così come al momento della sua uccisione si dovranno recitare preghiere e/o formule magiche. Inoltre, la scelta delle parti da usare per la preparazione della pozione è determinata da un insieme di simboli e simpatie di vario grado di complessità. Si va dai consigli relativi alla corteccia di un albero che deve essere presa dal alto della pianta che guarda a est, fino a complicate corrispondenze tra astri, corpo umano, piante e metalli. In questi casi, magia, astrologia e medicina sono tra loro strettamente legate. Attraverso una pianta, una pietra preziosa, un metallo portati sulla propria persona si può catturare l’influsso favorevole di un astro su una determinata parte del corpo.

 

Oltre a complesse pratiche magiche, la medicina fa ampio uso di scongiuri ed esorcismi, che spesso si aggiungono a cure di carattere naturale, gli uni e le altre impiegati nella cura di un numero molto ampio di patologie. Ciò deriva da una concezione della malattia che la attribuisce a una combinazione di cause naturali o soprannaturali. Diffusissima la credenza che malefici fossero causa di impotenza e sterilità. L’epilessia costituisce un caso limite, ma mostra l’inestricabile connessione tra elementi naturali e soprannaturali della concezione delle malattie e delle terapie; nella cura sono usate indistintamente cerimonie magiche, preghiere e farmaci.

 

Poteri miracolosi sono trasmessi da Dio non solo ai santi, ma anche ai membri di alcune dinastie. Intorno all’anno Mille si diffonde in Francia, e un secolo dopo in Inghilterra, la credenza nel potere taumaturgico dei re, ovvero la capacità soprannaturale di curare con il tocco della mano una particolare malattia, l’adenite tubercolare, detta volgarmente “scrofolosi”.

 

I medici indicano nei loro trattati il tocco reale come efficace rimedio contro quella particolare patologia. Questa pratica si rifà a modelli biblici e in particolare alle guarigioni operate da Gesù. Fin dagli inizi, al contatto della mano con il corpo del paziente si aggiunge un secondo importante gesto simbolico: il segno della croce. Questo deve essere impartito come benedizione al malato poco prima di essere toccato. Il significato del tocco col segno di croce indica che il sovrano svolge solo un’azione vicaria, essendo lo strumento della grazia celeste, che opera per il tramite del principe consacrato. Questo carattere strumentale e mediato del potere taumaturgico dei re è ancora evidenziato nel terzo elemento che accompagna e segue il tocco: le preghiere a Dio. Il tocco taumaturgico dei sovrani francesi e inglesi è conferito da Dio attraverso il Papa, col sacramento dell’unzione col sacro crisma.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Grmek M.D., Storia del pensiero medico occidentale. Antichità e medioevo, Laterza, Bari 2007.

Kieckhefer R., La magia nel Medioevo, Laterza, Bari 1993.

Le Goff J., Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, Laterza, Bari 2007.

Parri I., La magia nel Medioevo, Carocci, Roma 2018.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]