[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

179 / NOVEMBRE 2022 (CCX)


moderna

LUCREZIA BORGIA
STORIA (controversa) DI UNA “PEDINA”

di Massimo Manzo

 

Gracile in aspetto, ha la faccia allungata, il naso profilato, aurei i capelli, gli occhi bianchi, la bocca alquanto grande, candidissimi i denti; la gola schietta e bianca ornata con decente valore, in tutto l’esser suo continuamente allegra e ridente”. Così l’illustre parmense Niccolò Cagnolo, suo contemporaneo, descrisse Lucrezia Borgia, donna simbolo del “lato oscuro” del Rinascimento e incolpata delle peggiori nefandezze: incesti, avvelenamenti, intrighi, complotti. La sua vera “colpa”, però, fu solo quella di appartenere a una delle famiglie più odiate di sempre, diventando una pedina dei giochi di potere di un padre e di un fratello senza scrupoli.

 

Partito perfetto

 

Unica femmina nata dalla relazione tra il cardinale (e futuro papa) Rodrigo Borgia e la sua concubina Vannozza Cattanei, Lucrezia vide la luce nel 1480 nella Rocca Abbaziale di Subiaco (Roma), ricevendo un’educazione di prim’ordine. Affidata alle cure di attenti precettori, imparò il francese e il latino e studiò musica, danza, disegno e poesia. Secondo le cronache, il padre l’amava “in superlativo grado” e Lucrezia gli fu sempre legatissima, pur crescendo in un ambiente maschilista, succube della volontà del genitore. Intelligente, colta e di bell’aspetto, divenne il partito perfetto per allargare le alleanze del casato, e a soli dieci anni fu promessa in sposa al nobile valenziano Cherubino Juan de Centelles. Questi, nel 1491, impalmò però un’altra, e Rodrigo ripiegò allora su Gaspare da Procida, figlio del conte di Aversa. Ben presto, tuttavia, gli orizzonti si fecero più vasti: salito al soglio pontificio nel 1492 (come Alessandro VI) e determinato a legarsi alle maggiori dinastie della penisola, Rodrigo ruppe il fidanzamento e destinò Lucrezia al ventiseienne Giovanni Sforza, signore di Pesaro e nipote del temibile Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, padrone di Milano. «Il matrimonio attestò l’assoluta implacabilità con cui Alessandro si serviva della figlia ancora bambina, in questo caso andando contro Ferrante, il re aragonese di Napoli nemico degli Sforza», spiega la storica Sarah Bradford nel libro Lucrezia Borgia, la storia vera (Mondadori).

 

Scandali e dicerie

 

Celebrata a Roma nel giugno del 1493, l’unione durò solo quattro anni, nel corso dei quali, vivendo nell’Urbe, Lucrezia divenne intima amica della bella Giulia Farnese, nuova favorita di Rodrigo. Allegra e amante delle feste, appena tredicenne la giovane Borgia rivelò qualità diplomatiche non comuni: chiunque avesse intenzione di guadagnarsi i favori del Santo Padre, sapeva di dover passare da lei. La situazione politica stava intanto precipitando, dacché la discesa delle armate del re francese di Carlo VIII in Italia (1494) aveva sconvolto il quadro delle alleanze tra le potenze della Penisola, inducendo Alessandro VI a “scaricare” lo Sforza. Per farlo, non esitò a umiliarlo, costringendolo ad ammettere di non aver consumato il matrimonio e sostenendo che la figlia fosse ancora illibata. Giovanni dovette piegarsi ai voleri del papa, ma si vendicò facendo circolare la voce di un rapporto incestuoso tra Lucrezia e il padre. Un pettegolezzo falso, ma a suo tempo ritenuto credibile, così come quelli sulle fantomatiche relazioni della giovane con i fratelli Giovanni e Cesare. Di certo, dopo la separazione dal marito Lucrezia fu protagonista di un grosso scandalo per la relazione clandestina con Pedro Calderon, detto Perotto, affascinante ragazzo alle dipendenze del pontefice, da cui avrebbe anche avuto un figlio. La tresca finì male: il 14 febbraio 1498 il cadavere di Perotto fu ripescato senza vita dal Tevere, insieme a quello della dama di compagnia di Lucrezia. Dietro quel sordido assassinio c’era probabilmente la mano di Cesare Borgia, forse desideroso di “ripulire” la reputazione della sorella in vista di un suo prossimo matrimonio.

 

Vittima e vedova

 

Ora i Borgia avevano deciso di legarsi al trono di Napoli, e la scelta del futuro sposo di Lucrezia ricadde per questo sul diciassettenne Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie e principe di Salerno, che impalmò la giovane nel luglio 1498. I progetti di Alessandro riguardavano anche Cesare, che tentò di maritare la figlia illegittima del re di Napoli, Carlotta d’Aragona, seppure invano. Quanto a Lucrezia e Alfonso, sembravano fatti l’uno per l’altra. Lui era considerato uno degli adolescenti più belli dell’epoca, e lei nutriva nei suoi confronti un’immensa passione. Ma i giorni felici durarono poco: passò appena un anno e le trame di famiglia ripresero il sopravvento. Iniziata la carriera militare al fianco del re di Francia, rivale di Napoli, il turbolento Cesare vedeva in Alfonso un ostacolo alle sue aspirazioni politiche, e così lo intimorì fino a indurlo a lasciare l’Urbe. Alfonso vi tornò nell’autunno 1499, appena in tempo per la nascita del figlio, chiamato Rodrigo in onore del pontefice. Il suo destino era comunque segnato: nell’agosto 1500 fu strangolato da un sicario di Cesare. Ad appena vent’anni, Lucrezia si ritrovò vedova e con due matrimoni disastrosi alle spalle.

 

Nuova vita

 

Travolta dal dolore, “l’infelicissima principessa di Salerno”, come lei stessa si definì, fu spedita per alcune settimane a Nepi, vicino Roma, e in quel periodo di isolamento iniziò un percorso che l’avrebbe portata ad affrancarsi dalla morsa di Rodrigo e Cesare. Dopo aver rifiutato di sposare un Orsini, partecipò attivamente alla pianificazione di un nuovo matrimonio con Alfonso d’Este (di quattro anni più grande), figlio di Ercole, duca di Ferrara, anche se convincerlo fu un’impresa ardua, “poiché Lucrezia era spuria e coperta di molte infamie”, racconta lo scrittore fiorentino Francesco Guicciardini. Il 2 febbraio 1502, la Borgia poté finalmente entrare a Ferrara accompagnata da uno sfarzoso corteo e con indosso un’appariscente veste foderata d’ermellino e ornata d’oro. Su di lei continuavano intanto a circolare pettegolezzi d’ogni sorta, ma nel ducato estense seppe dimostrarsi ben diversa da come veniva dipinta. Garbata, intelligente e raffinata, si guadagnò presto la fiducia del suocero, del marito e dell’intero popolo ferrarese. A turbarla giunse nel 1503 la morte del padre, a seguito della quale tramontarono anche le fortune di Cesare, caduto in disgrazia. Lucrezia tentò di sostenerlo, ma i suoi sforzi furono vani (questi fuggirà in Spagna, dove morirà nel 1507). «Senza dubbio Cesare e Lucrezia si amavano più di quanto amassero chiunque altro, e mantennero la reciproca fedeltà fino alla fine», conferma la storica.

 

Mecenate

 

A Ferrara, Lucrezia pensò anche ad altro, circondandosi di intellettuali, artisti e poeti come Ludovico Ariosto e Pietro Bembo, sfoggiando un innato savoir faire e rivaleggiando con la cognata Isabella d’Este in quanto a mecenatismo. Con Bembo, in particolare, tra il 1502 e il 1505 nacque una relazione strettissima, condita da un appassionato scambio di lettere. Il poeta arrivò a dedicarle un’opera a tema amoroso, Gli Asolani (1505), ma non sappiamo se la tresca fu solo platonica o andò oltre, mentre qualche tempo dopo, Lucrezia ebbe una relazione con il cognato Francesco Gonzaga. «D’altronde, il marito Alfonso non era il tipo d’uomo da cui la Borgia fosse naturalmente attratta», scrive Badford. «Non sarebbero stati fedeli l’uno all’altra, ma nel corso degli anni avrebbero sviluppato rispetto reciproco e un amore profondo». Tradimenti a parte, una volta succeduto al padre, Alfonso si fidò ciecamente della consorte, affidandogli la gestione della città nei periodi in cui era assente. Lucrezia si mostrò all’altezza, amministrando gli affari politici nel migliore dei modi. Gli diede inoltre sette figli, di cui tre morti prematuramente, e sarà proprio un’infezione seguita all’ultimo parto che la stroncherà per sempre, appena trentanovenne, il 24 giugno 1519. Negli ultimi anni della sua vita, si era tra l’altro avvicinata alla religione, fondando un convento e indossando gli abiti di terziaria dell’ordine di San Francesco. “Sono di Dio per sempre”, furono le sue ultime parole.

 

Leggenda nera

 

La morte di Lucrezia fu pianta da Alfonso e da tutta Ferrara, ma per secoli l’ombra sinistra dei Borgia continuò a incombere su di lei. La “macchina del fango”, scatenata da detrattori come il pontefice Giulio II, successore di Alessandro VI, fu implacabile, e oltre che incestuosa Lucrezia ne uscì come assassina e avvelenatrice, al pari degli uomini della sua famiglia. «La verità è che visse in un mondo in cui i dadi erano pesantemente truccati in favore dei maschi», sentenzia la storica. L’immagine sinistra della Borgia fu in seguito sfruttata ad arte nei romanzi ottocenteschi di Victor Hugo e Alexandre Dumas, in un’opera lirica di Donizetti e, più recentemente, in innumerevoli film. Tra tante falsità, però, una cosa è certa: dopo cinque secoli, la sua triste e turbolenta vita non smette di affascinare.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]