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N. 1 - Gennaio 2008 (XXXII)

LA NASCITA DELL’ISTITUTO CENTRALE DEL RESTAURO E LA RINASCITA DEGLI AFFRESCHI DI LORENZO DA VITERBO

“Tanti sottili filamenti ravvicinati”

di Ginevra Bentivoglio

 

Il ciclo pittorico della cappella Mazzatosta nella chiesa di S. Maria della Verità, vittima di un bombardamento nell’aprile del 1944, rappresenta l’unica testimonianza conservata dell’affermazione a Viterbo della nuova visione rinascimentale, densa di equilibrio, simmetria, e amore per la prospettiva.

 

 

La decorazione ad affresco della cappella, probabilmente conclusa nel 1469, è l’unica opera documentata eseguita da Lorenzo da Viterbo, un artista di cui non si conosce né la formazione né i suoi rapporti con altri artisti, a causa della sua biografia frammentaria.

 

Certo e significativo è l’incontro con la pittura di Benozzo Gozzoli che, qualche anno prima dell’inizio dei lavori da parte di Lorenzo, giunge a Viterbo per dipingere il ciclo di affreschi dedicato alla vita di santa Rosa da Viterbo, nella chiesa annessa al monastero delle clarisse, situata poco distante dalla chiesa di S. Maria della Verità.

 

Quello che è perduto ai nostri occhi - le pitture di Benozzo vengono distrutte nel 1849 per l’effettivo ampliamento della chiesa - Lorenzo poté vederlo e interpretarlo, lasciando sulle pareti e sulla volta della cappella Mazzatosta un capolavoro che sintetizza - o anticipa - le ricerche effettuate dai pittori italiani del Quattrocento.

 

La bomba che nel ’44 colpisce la chiesa danneggia la facciata e causa il crollo di una buona parte della struttura di copertura; le schegge e lo spostamento d’aria che, di conseguenza, investono la cappella Mazzatosta causano “la sconnessione della volta e la caduta di circa tre quarti degli affreschi delle vele, di un terzo della Presentazione, e dei quattro quinti dello Sposalizio. L’Annunciazione, l’Adorazione e l’Assunta…subirono pochi danni ma disgraziatamente erano anche gli affreschi meno importanti”.

 

I danni più gravi riguardano soprattutto la parete di sinistra dove sono raffigurati, su due registri, lo Sposalizio della Vergine e la Presentazione al Tempio, le due scene stilisticamente di livello superiore, nelle quali Lorenzo da Viterbo ha sperimentato soluzioni formali di grande modernità.

 

Il riquadro con lo Sposalizio della Vergine, conservava sulla parete solo il margine degli affreschi e in alcuni punti la parte inferiore delle figure; nel complesso la parete si presentava con delle grandi lacune quadrangolari, poiché lo spostamento d’aria aveva causato il distacco degli affreschi nel punto più critico, dove si connettevano le varie giornate (fig. 1).

 

Delineati il rilievo culturale della figura di Lorenzo da Viterbo e, di conseguenza, l’importanza dei suoi affreschi, si può comprendere meglio l’esigenza che spinge Brandi a cercare una strategia d’intervento efficace, volta a limitare i danni causati dal bombardamento, al fine di poter ridare il “senso” a quelle figure ridotte in frantumi.

 

Figura 1 – Scena dello Sposalizio della Vergine, parete di sinistra, registro inferiore.

Le lacune sono caratterizzate da“tagli orizzontali e netti”.

 

Alla fine degli anni trenta si avverte l’esigenza di una metodologia scientifica attendibile da applicare al restauro. Attraverso i contributi di due storici dell’arte, Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, si va così delineando quello che diverrà l’Istituto Centrale del Restauro, una struttura dove grazie a ricerche sperimentali e a una documentazione storica, si possono mettere in pratica le esigenze teoriche del restauro che, secondo le parole dello stesso Brandi, deve essere inteso prima di tutto come “un’attività filologica e critica”.

 

La nascita dell’Istituto Centrale del Restauro e la rinascita, attraverso il restauro, degli affreschi di Lorenzo da Viterbo sono due vicende strettamente legate fra loro.

La fisionomia dell’Istituto comincia a delinearsi intorno alla fine del 1940, reperiti i locali nell’ex Convento di S. Francesco di Paola a Roma. Quando nel 1943, a causa della guerra, iniziano i bombardamenti, tutte le apparecchiature scientifiche verranno portate al riparo in Vaticano. Grazie a questa provvidenziale intuizione l’Istituto, all’arrivo degli alleati può rimettersi in funzione, proprio nel momento in cui il suo operato e le sue attrezzature scientifiche risultano davvero necessarie.

 

Il primo intervento, autorizzato nel luglio del ‘44 dalla Subcommission of Fine Arts alleata, avrà il compito di restaurare gli affreschi della Cappella Mazzatosta, che si presentavano ridotti in piccolissimi frammenti (fig. 2).

 

Figura 2 – Frammenti degli affreschi all’interno della cappella.

 

Dopo un laborioso intervento, nel maggio del ’46, in occasione della Mostra dei frammenti ricostituiti di Lorenzo da Viterbo, verranno esposti una parte dei pannelli con i frammenti ricomposti; nel catalogo Brandi, oltre a legittimare il ruolo artistico di Lorenzo da Viterbo, espone i fondamenti teorici alla base di un’impresa che non era mai stata tentata prima, descrivendo le novità tecniche e le soluzioni operative impiegate (figg. 3 e 4).

 

Il metodo dell’integrazione a tratteggio è presentato per la prima volta proprio in questa occasione ed è descritto come una tecnica che “consiste in tanti sottili filamenti ravvicinati, verticali e paralleli, che producono, all’acquarello, la plastica e i colori come nel tessuto di un arazzo” (fig. 5). Da questo momento in poi, questa tecnica, sarà universalmente adottata.

 

Figure 3 e 4 – Frammento dallo Sposalizio della Vergine. S. Anna e parte del corteo nuziale (1,55x1,70 m), ricomposto da circa 1000 frammenti.

 

Sono state lasciate le antiche scrostature e alcuni vecchi restauri, visibili nelle fotografie anteriori al bombardamento, in quanto sono serviti per il riconoscimento e la collocazione dei frammenti più piccoli. Dove la lacuna è troppo vasta, la plastica dell’immagine è data in monocromato. La parte inferiore delle figure era rimasta sulla parete.

 

Figura 5 – Particolare dello Sposalizio della Vergine. Il piede di San Giuseppe è restaurato mediante il metodo dell’integrazione a tratteggio.

 

Nel luglio 1944 Brandi effettua un sopralluogo dal quale comprende quanto sia urgente il recupero dei numerosi frammenti di affresco caduti dalle pareti.

 

Il restauro si compone di tre fasi distinte:

 

-raccolta dei frammenti e loro ricomposizione;

-esame della muratura (specialmente per quanto riguarda la volta, fortemente lesionata) al fine di decidere se lasciare i frammenti sul posto o rimuoverli per il restauro e consolidamento preventivo dei frammenti rimasti in situ;

-consolidamento delle murature e ricollocazione dei frammenti ricomposti.

 

Il primo passo, che riguarda la raccolta dei frammenti, avviene attraverso una metodologia di tipo archeologico: registrare la posizione che i frammenti (quasi 20.000, di pezzatura media 2x3 cm) caduti avevano sul pavimento e catalogarli per quadrati distinti a cui afferivano “cassette” di raccolta corrispondenti.

 

La documentazione fotografica precedente al bombardamento, necessaria al lavoro di selezione dei frammenti, era scarsa ed in bianco e nero. Ciò determinò un accostamento dei singoli “pezzi” tramite una procedura di tipo geometrico-formale e non di tipo cromatico. Ogni elemento che potesse dare un’indicazione tramite riconoscimento fotografico, come le scrostature e i vecchi restauri, fu preso in considerazione.

 

Ottenute così le prime ‘isole’ furono necessari, ai fini della ricomposizione, degli ingrandimenti fotografici portati in scala 1:1 tramite comparazione con la sovrapposizione fisica dei pochi frammenti riconoscibili.

 

Per la maggior parte delle operazioni, a causa della penuria di carta fotografica di grandi dimensioni, si dovette procedere in un altro modo: ottenendo dei disegni a scala 1:1 delle lacune tramite la proiezione delle pellicole fotografiche direttamente su vetro smerigliato.

 

In un secondo tempo il lavoro venne reso più veloce grazie all’operatore fotografico dell’Istituto che riuscì ad impressionare e sviluppare direttamente la tela su cui venivano ricomposti i frammenti, “così all’atto di calare il frammento al suo luogo, è la pittura stessa, com’era in passato, se pure in bianco e nero, che si offre al restauratore e che favorisce una situazione ancora più esatta e convincente” (fig. 6).

 

Figura 6 - Frammento dallo Sposalizio della Vergine.

Niccolò della Tuccia e ad altri assistenti (85x150 cm), ricomposto da circa 1000 frammenti.

Questo largo frammento è stato ricostituito sulla fotografia stampata direttamente su una tela preparata a caseato di calcio. La tecnica di impressionare qualsiasi materiale (tela, gesso, legno), sperimentata dell’operatore fotografico dell’Istituto, è stata di grande aiuto nell’operazione di ricomposizione dei frammenti.

 

Ma è riguardo l’integrazione pittorica delle lacune che Brandi utilizza la nuova tecnica di completamento (in seguito applicata anche alle tavole e alle tele) che consiste in un tratteggio sottile eseguito all’acquerello che permette di ricollegare i numerosi frammenti isolati. Si decide di non integrare le vecchie lacune ma di ripristinare la situazione precedente al bombardamento.

 

Dove le lacune si presentavano troppo vaste, sulla base della documentazione fotografica, è la plastica del dipinto ad essere riprodotta a tratteggio in monocromia.

Questo avviene nel caso del volto del giovane, che la tradizione tramandava come il ritratto di Lorenzo da Viterbo, che si era completamente perduto.

La grande lacuna che corrisponde alla figura del sacerdote, al centro fra S. Giuseppe e la Vergine, è stata restaurata limitandosi a disegnare solo il profilo (come se fosse una sinopia) del volto del sacerdote e delle figure dietro di lui (fig. 7).

 

 

Figura 7 – Particolare dallo Sposalizio della Vergine.

  

La ricollocazione delle parti ricomposte avviene nel 1949 dopo che, nel maggio del ’46, è esposta nella mostra al Museo Civico di Viterbo la parte più dimostrativa dei pannelli con i frammenti ricomposti.

 

Nei mesi successivi gli stessi pannelli figureranno in due esposizioni negli Stati Uniti. Questo è in linea con gli intenti specifici dell’Istituto che, fin dal suo atto costitutivo, si pone come fine oltre che la protezione e la conservazione dei beni culturali, attuate tramite il restauro, la divulgazione dei risultati ottenuti per un continuo scambio con le altre realtà che nel mondo operano nel campo della conservazione.

 


Riferimenti bibliografici:

 

Catalogo della mostra Benozzo Gozzoli allievo a Roma, maestro in Umbria, a cura di Bruno Toscano e Giovanna Capitelli, Milano 2002.

C. Ricci, Lorenzo da Viterbo in “Archivio storico dell’Arte”, I, 1888

I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970

S. Valtieri, E. Bentivoglio, Le pitture di Lorenzo da Viterbo nella Cappella Mazzatosta in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, 1973, pp. 87-104

C. Strinati, Lorenzo da Viterbo in Catalogo della Mostra “Il Quattrocento a Viterbo”, Viterbo 1983, pp. 179-201

A. Coliva, Lorenzo da Viterbo nella Cappella Mazzatosta in “Studi in onore di Giulio Carlo Argan”, 1994, pp. 95-121.

Mostra dei frammenti ricostituiti di Lorenzo da Viterbo, Catalogo a cura di C. Brandi, Istituto Centrale del Restauro, Roma 1946, p. 7.

C. Brandi, l’Istituto centrale del Restauro in Roma e la ricostituzione degli affreschi in “PHOEBUS”, vol. I, 1946, pp. 165-172

(In questo articolo, il primo in cui Brandi presenta in ambito internazionale l’Istituto Centrale del Restauro e gli interventi iniziali, il caso della ricostituzione degli affreschi di Lorenzo da Viterbo acquista un ruolo preminente, attraverso il resoconto delle tecniche usate nell’operazione di restauro, alcune delle quali inventate proprio per l’occasione. Questo testo è successivo a quello - inserito nel catalogo della Mostra dei frammenti ricostituiti di Lorenzo da Viterbo – in cui Brandi parla dei sottili filamenti ravvicinati: in questa sede invece la tecnica prende il nome di tratteggio sottile)

G. BENTIVOGLIO, A. M. OTERI, «Tanti sottili filamenti ravvicinati». L’integrazione pittorica tra ricomposizione e ricostruzione nelle prime esperienze di Cesare Brandi: il restauro del ciclo di affreschi di Lorenzo da Viterbo nella cappella Mazzatosta (1944-49) in Atti del XXI Convegno Internazionale Scienza e Beni Culturali, Sulle pitture murali. Riflessioni, Conoscenze, Interventi - Bressanone, 12-15 luglio 2005, pp. 571-581

 



 

 

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