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N. 16 - Aprile 2009 (XLVII)

Dal Kubark a Guantanamo

TECNICHE che arrivano da lontano

di Daniele Cocco

 

La cosiddetta “Guerra al Terrore” proclamata dall’Amministrazione di George W. Bush dopo l’11 Settembre 2001, presentata come una sorta di lotta del “Bene” contro il “Male”, vede negli interrogatori di contro-spionaggio delle armi necessarie affinché sia preservata l’incolumità dei cittadini americani, sia nel territorio statunitense che nel resto del mondo.

 

Il pericolo per la sicurezza nazionale ha spinto l’ex Presidente ad emettere una serie di provvedimenti restrittivi e a promuovere delle azioni di natura preventiva, anche di carattere militare.

 

Tra questi, il conflitto in Afghanistan, teso alla cattura di Osama Bin Laden, e la successiva occupazione dell’Iraq di Saddam Hussein (insieme alle truppe britanniche).

 

I provvedimenti di carattere restrittivo sono rivolti, in particolare, agli individui trattenuti durante queste campagne e detenuti presso le basi militari sul campo e nel carcere di massima sicurezza costituito “ad hoc” nella Baia di Guantanamo, Cuba.

Il più famoso manuale d’addestramento agli interrogatori, la cosiddetta “bibbia dell’interrogatore”, redatto dalla Cia nel 1963 e intitolato Kubark Counterintelligence Interrogation, è stato declassificato nel 1997, con numerose righe e pagine censurate, in seguito all’applicazione del Freedom of Information Act.

 

Le procedure di arresto, detenzione e interrogatorio di controspionaggio presentate possono essere considerate le basi della politica d’intelligence sviluppata dagli USA durante il periodo di contrapposizione al blocco sovietico-comunista.

 

Nel dettaglio, vengono presentati metodi che permetterebbero di piegare la resistenza di un soggetto che sia in possesso di informazioni strategiche per la sicurezza nazionale.

 

Il testo, che può essere considerato come punto di partenza per i successivi approfondimenti in materia, istruisce il lettore riguardo la complessa dinamica, illustrata anche attraverso riferimenti alla dottrina medica e psicologica, che deve portare l’interrogante a prevalere sulla resistenza dell’interrogato e all’ottenimento delle informazioni desiderate.

 

E’ presente un’ampia descrizione delle tecniche, sia di tipo non coercitivo che coercitivo, e delle procedure da attuarsi precedentemente e successivamente alle sedute.

Vent’anni dopo, il training d’addestramento viene aggiornato con lo Human Resource Interrogation che riprende il Kubark e aggiunge alcune direttive relative all’uso dell’interprete e all’organizzazione delle strutture detentive.

 

La guida pratica riprende anche gli argomenti trattati dai manuali dell’intelligence dell’esercito statunitense facenti parte del cosiddetto Project X dell’U.S. Army’s Foreign Intelligence Assistence Program, che traevano degli spunti dalle esperienze di contro-insurrezione vissute in Vietnam.

 

E’ importante ricordare che già nel 1984 avevano suscitato clamore delle pubbliche rivelazioni sull’esistenza di un manuale “assassino” della Cia usato dai contras nicaraguensi (formazioni guerrigliere anti-sandiniste e anti-comuniste).

 

Questa situazione aveva portato, ad alcune revisioni del testo originale e tra queste risulta di rilevante importanza l’aggiunta di una pagina (posta prima dell’introduzione) sulla proibizione dell’uso della forza:

L’uso della forza, tortura mentale, insulti, o esposizione a trattamento spiacevole e inumano di ogni tipo come ausilio all’interrogatorio è proibito dalla legge, internazionale e nazionale: non è né autorizzato né condonato.


L’interrogante non deve mai trarre vantaggio dalla debolezza della fonte fino al punto tale che l’interrogatorio comporti minacce, insulti, torture o esposizione a spiacevoli o inumani trattamenti di ogni tipo.


L’esperienza indica che l’uso della forza non è necessario per guadagnare la collaborazione della fonte.

 

L’uso della forza è una tecnica mediocre, produce risultati inattendibili, può danneggiare degli sforzi successivi e può indurre la fonte a dire quello che pensa l’interrogante voglia sentire.


Inoltre, l’uso della forza porterà probabilmente a cattiva pubblicità e/o azioni legali contro l’interrogante quando la fonte verrà rilasciata.

 

Ad ogni modo, l’uso della forza non deve essere confuso con stratagemmi psicologici, inganni verbali, o altri trucchi non violenti e non coercitivi utilizzati dall’interrogante nel riuscito interrogatorio di fonti reticenti o non cooperative.

In questo contesto, si inserisce l’azione di una struttura militare statunitense, operante inizialmente a Panama e conosciuta come The School of Americas, in cui vengono addestrati i soldati operanti nel Centro e nel Sud America.

 

Anche in questa sede, durante il training sui metodi d’interrogatorio e sfruttamento delle fonti, viene utilizzata una serie di manuali, che sarà oggetto di riflessione da parte delle Amministrazioni governanti nell’ultimo decennio del secolo scorso.

 

Si è analizzato un documento riportante una conversazione telefonica del 1991 classificata confidential, durante la quale uno degli insegnanti della Scuola parla dei metodi utilizzati.

 

In seguito a queste rivelazioni, l’anno successivo, il Dipartimento di Difesa ha richiesto un’indagine sui sette manuali (redatti in lingua spagnola) e sul loro legame con il cosiddetto Project-X, (programma dell’intelligence governativa che voleva esportare in America Latina le tecniche di controspionaggio utilizzate in Vietnam), oltre che sulla legalità e l’opportunità delle procedure insegnate nella Scuola.

 

Le proteste dell’opinione pubblica, in seguito alla declassificazione dei manuali della Cia del 1963 e 1983 e dei sette manuali della School of Americas, ha portato il Congresso a richiedere un’indagine, svolta nel 1997 e utile a chiarire che tipo di addestramento ricevevano i militari e che tipo di trattamento era riservato agli interrogati.

 

Sono emersi dei chiari riferimenti alle pratiche insegnate i manuali della Cia e questo confermerebbe l’utilizzo anche negli interrogatori svolti dai servizi segreti militari.

 

Tra gli allievi possiamo ricordare alcuni tra i dittatori più sanguinari dell’America centro-meridionale, tra i quali Manuel Noriega e Omar Torrijos (Panama), Leopoldo Galtieri e Roberto Viola, (Argentina)e Hugo Panzer Suarez (Bolivia).

In seguito agli attentati dell’11 settembre 2001 compiuti dal terrorismo internazionale di natura islamica e alla proclamazione della “Guerra al Terrore”, si fa sempre più fitta la corrispondenza tra i vertici dell’Amministrazione Bush e i Comandi dell’Esercito, in particolar modo quelli del Comando Centrale e Meridionale.

 

Oggetto dei memoranda è lo studio politico e legale della nuova strategia d’intelligence, fondata sull’acquisizione di informazioni dagli individui fatti prigionieri perché sospettati di terrorismo internazionale e necessaria alla tutela della sicurezza nazionale e mondiale.

 

Centinaia di detenuti vengono controllati e interrogati nel carcere della Base Navale sita nella Baia di Guantanamo, Cuba, in una situazione di legalità piuttosto ambigua: non hanno il diritto alla nomina di un difensore personale; possono essere processati da speciali Commissioni Militari create per l’occasione; non sono considerati prigionieri di guerra e quindi non possono appellarsi ai diritti concessi loro dalle Convenzioni di Ginevra del 1949.

 

I militanti di Al Qaeda e i Talebani vengono considerati, secondo l’interpretazione che i giuristi statunitensi presentano dei testi base del diritto internazionale umanitario, “combattenti illegali” e non POWs (Prisoners of War).

Nei documenti vi è un costante riferimento al potere esclusivo del Presidente che, come Comandante in Capo delle Forze Armate, ha il diritto di esercitare la prerogativa decisionale in caso di particolari situazioni di crisi e di emergenza.

 

Secondo i giuristi dei Dipartimenti di Giustizia e Difesa, Bush, appellandosi ai requisiti della necessità e dell’autodifesa nazionale, può andare oltre le disposizioni del diritto nazionale e internazionale, nonché evitare possibili ingerenze del Congresso.

 

Il Presidente, nella loro analisi, ha il diritto e il dovere di prendere tutte le misure necessarie, sia di natura preventiva e militare, con i conflitti in Afghanistan e Iraq, che di carattere restrittivo, come l’utilizzo di trattamenti aggressivi nei confronti dei sospettati di collusione con il terrorismo internazionale.

 

Un tentativo di interpretare la definizione di tortura presente nel Codice statunitense in modo da limitare tale prerogativa presidenziale verrebbe valutato come incostituzionale.

Una serie di segnali farebbe pensare che all’interno delle strutture di Guantanamo i metodi utilizzati per ottenere le informazioni non rispettino le norme internazionali che tutelano i diritti fondamentali dell’individuo.

 

Ricordando che i soggetti reclusi non sono considerati protetti dalle Convenzioni di Ginevra, l’approfondimento proposto dagli esperti dell’Esercito in pratiche d’intelligence e normative internazionali lascia trapelare l’opportunità di poter impiegare tecniche di diversa intensità, dalle più lievi a quelle maggiormente aggressive.

 

Tra queste ultime, molte analizzate nei manuali d’addestramento della Cia: l’isolamento; interrogatori della durata di 20 ore consecutive; la privazione del sonno; la rimozione forzata degli indumenti; l’induzione di ansia e paura attraverso l’uso di minacce come il trasferimento in luoghi dove la tortura è ammessa o per mezzo di cani aizzati contro il soggetto; un uso “controllato” della forza.

Le varie proposte finiscono sul tavolo del Segretario della Difesa Rumsfeld, che autorizza tutte le procedure leggere (manipolazione della dieta, interrogatori congiunti, utilizzo di falsi documenti, incappucciamento costante, ecc..) e pone delle riserve a quelle maggiormente coercitive, dando come principale giustificazione il rischio di una probabile reazione negativa dell’opinione pubblica mondiale.

 

La conferma diretta dell’uso di tali metodi è contrastata dalla politica che l’Amministrazione Bush impiega nel proteggere quello che accade dentro Guantanamo, dove anche il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha difficoltà a compiere il suo lavoro di indagine e tutela del diritto internazionale umanitario.

Dopo l’occupazione dell’Iraq del marzo 2003, le Forze della Coalizione riassettano il sistema detentivo e controllano migliaia di detenuti di ogni genere: uomini, donne, minorenni, vecchi, portatori di handicap, criminali comuni, simpatizzanti del vecchio regime e individui ritenuti essere in possesso di informazioni importanti ai fini della battaglia d’intelligence nella Guerra al Terrore.

Il 28 aprile del 2004, il news-magazine della Cbs 60 minutes II trasmette un reportage che testimonia, attraverso la pubblicazione di numerose foto scabrose, gli abusi e le umiliazioni subiti dai detenuti iracheni, all’interno del carcere di Abu Ghraib, da parte di un gruppo di soldati statunitensi.

Appaiono palesi le responsabilità individuali degli autori diretti degli abusi, ma anche quelle delle massime Autorità dell’Esercito e della Difesa che non sono riuscite a evitare questi incidenti e hanno contribuito alla degenerazione degli interrogatori attraverso una non chiara politica d’intelligence e delle procedure interrogative di dubbia legalità.

In conclusione, si rilevano delle linee di continuità nella politica estera statunitense relativa alle pratiche di intelligence e contro-spionaggio utili all’acquisizione di informazioni necessarie alla protezione della sicurezza nazionale.

 

Dal periodo della contrapposizione al blocco sovietico-comunista e della realizzazione del manuale Kubark, passando per le azioni strategiche e militari nell’area centro-meridionale americana, fino al nuovo scenario di conflitto con la rete terroristica internazionale, le procedure d’interrogatorio hanno visto un’evoluzione costante e continua che ha portato allo scandalo di Abu Ghraib e alle polemiche su Guantanamo, con il manifestarsi di comportamenti contrari alla comune morale e violanti i diritti individuali riconosciuti universalmente nell’ambito della comunità internazionale.

 

 

 

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