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N. 27 - Agosto 2007

ISRAELE

Taccuino di viaggio

di Arturo Capasso

 

Si parte.

 

Il simpatico giovanottone  all’aeroporto di Capodichino fa parte della sicurezza israeliana. Blocca i passeggeri  con relative valigie, si presenta e chiede il passaporto.

 

Tu pensi: solite formalità. E invece no. Le domande sono diverse e, nel riportarle, sicuramente ne avrò persa qualcuna.

 

Perché vai in Israele.

 

Quando hai deciso di partire.

 

Hai amici o parenti in quel Paese.

 

C’è qualcuno che conosci fra i viaggiatori.

 

Hai avuto qualche pacchetto da recapitare.

 

Quando hai fatto le valigie, c’era qualcuno in casa.

 

Le hai tenute sempre sotto controllo.

 

Passano alcuni minuti, sfoglia e risfoglia il passaporto.

 

Con aria apparentemente distratta, riprende le stesse domande, per verificare eventuali risposte diverse.

 

Come hai saputo di questo viaggio

 

Sei mai stato in Israele.

 

Devi consegnare qualche pacchetto.

 

Riesco convincente, attacca il pass  sulla quarta di copertina del mio passaporto, non vuole che apra i bagagli, mi augura buon viaggio.

 

E prima di accomiatarmi  gli chiedo: “Ma l’aereo è sicuro come i passeggeri?”

 

Ci salutiamo cordialmente.

 

Nazareth

 

Una costa lambita da onde basse, sembra di stare  fra dune e radi arbusti dalle parti della nostra Domiziana, prima della colata di cemento selvaggio e rapace.

 

Fa bella mostra l’acquedotto romano; più avanti ci sono i resti di un grande anfiteatro.

 

Certo, la religione ha la sua importanza, ma le vere radici dell’Europa sono ben radicate nella civiltà greca e romana.

 

Una civiltà presente anche ai confini dell’Impero.

 

La Basilica dell’Annunciazione sorge sulla collina  e ingloba la grotta  dove la Madonna ebbe la notizia che avrebbe messo al mondo  un figlio, al quale avrebbe dato il nome di Gesù.

 

Il padre francescano, nel dare il benvenuto ai pellegrini, non nasconde le difficoltà  in cui si opera.

 

Quando scoppia una guerra, si arresta  inesorabilmente il flusso dei pellegrini e con esso la speranza della pace.

 

La chiesa è imponente  ed è arricchita con affreschi  raffiguranti etnie diverse, a conferma dell’universalità della Buona Novella.

 

Il dolce canto accompagnato da un magnifico organo si incrocia  con la voce del  muezzin.

 

Scendendo dalla collina, c’è una grande piazza. Erano pronti a costruirvi una moschea, con tutti i permessi già concessi.

 

La ferma opposizione dei francescani li ha fatti desistere, ma vi hanno messo un’ altissima colonna  con sette enormi altoparlanti. L’effetto si vede, anzi si sente. La coesistenza pacifica è una bella espressione, una bellissima idea, ma richiede duttilità, capacità di ascolto e di sofferenza.

 

Oltretutto, i cristiani in questo Paese rappresentano soltanto il due per cento dei credenti.

 

Lungo la strada  c’è un rutilare  di bancarelle, botteghe di souvenir con tavolini, sedie, panchette. C’è l’odore dei forni, dei forti sapori, dei contorni variopinti. Non mancano i giovani che piroettano con la loro auto vecchiotta ammaccata e la radio a tutto volume.

 

Spiritualità, misticismo, dove sono?

 

Speriamo di trovarli nei prossimi giorni.

 

Breve appunto: Il servizio militare dura tre anni; vi accedono solo gl’Israeliani, i Palestinesi sono esentati.

 

Le famiglie delle singole etnie vivono nei loro quartieri, con le loro tradizioni.

 

Monte Tabor

 

Finalmente una visita pregna di misticismo, con un paesaggio incontaminato.

 

Non c’è l’accozzaglia di bancarelle, chioschi, ambulanti  insistenti.

 

Tutta la collina è sotto la cura dei francescani, che sono qui da sette secoli ed hanno eretto una magnifica chiesa  sul luogo della trasfigurazione.

 

Le torri del campanile ricordano le tre tende che Pietro voleva costruire: una per Mosè, una per Gesù, la terza per  il gruppetto dei seguaci.

 

Paesaggio incontaminato, dicevo. Ma come non accostare questo luogo così ricco di cipressi  ai dolci declivi umbro-toscani? Sembra di stare da quelle parti.

 

La celebrazione della Messa è densa  di commozione. Sono capitato vicino ad un gruppo di  oltre cinquanta sacerdoti, vestiti con la tunica bianco -  ecrù.

 

 Ad uno di loro è squillato il telefonino. E’ diventato tutto rosso, tale era l’imbarazzo. Ha dovuto alzare la tunica, infilare la mano nella tasca del pantalone, estrarre il fedifrago impertinente che pure si sarà preso – in privato –

qualche speciale benedizione.

 

I confratelli intorno sorridevano e condividevano quei lunghi attimi di smarrimento.

 

Vedevo, fissavo quei volti.Giovani e anziani sacerdoti.

 

Come vivono, dentro?

 

Hanno sempre l’amore per il Cristo, come nel giorno della chiamata, o quando sono stati ordinati con l’unzione delle mani?

 

Hanno tentazioni? Come risolvono i loro problemi, le loro esigenze?

 

Un giorno venne da me il caro Padre Modesto, altoatesino.

 

E venne con una simpatica signora tedesca che insegnava teologia. Era sua moglie. C’era anche un bel ragazzotto di nove anni: il loro figlio.

 

Si erano sposati  nella cripta del Duomo di Milano.

 

Oltre cinquanta sacerdoti; mai visti tanti insieme.

 

Volto pulito, ieratico. Espressione burbera, affabile, assente. Andatura lenta, veloce, dinoccolata; qualcuno è sorretto per il braccio.

 

Passo disciplinato, autonomo, a due, a tre. Barba lunga incolta, curata, basette

a filo di occhi, a filo di naso. Giro di barba largo un dito, per incorniciare un volto forte.

 

Ancora Nazareth

 

La città vecchia di Nazareth è un  riscontro alla storia di insediamenti  alterni e relative sovrapposizioni.

Ciò avviene anche per la Basilica dell’ Annunciazione, dove i Cavalieri delle Crociate hanno lasciato tracce profonde.

 

In un batter d’occhio si passa dalla vita  nella grotta all’abbraccio verso tutti i popoli, qui egregiamente rappresentati  con affreschi, mosaici, sculture.

 

Il  suk della vecchia città non ha il fascino dei tempi passati. Le botteghe artigiane sono quasi tutte scomparse e c’è rimasto qualche panettiere e falegname. Il macellaio macella sul marciapiede, fuori bottega.

 

C’è una esposizione confusa di paccottiglia scadente.

 

Gli indumenti per grandi e piccoli sono tutti di bassa qualità.

 

Ancora Monte Tabor

 

L’ascesa al Monte Tabor è fatta  con pullmini o grosse auto.

 

I passeggeri salgono a  sette per volta.

 

Ora la strada è asfaltata, ma restano pur sempre ventitre tornanti  e la fretta degli autisti  mette ansia e spavento.

 

Quando c’era ancora il vecchio percorso, delimitato solo da qualche bidone, un’auto con un sacerdote a bordo  prese il volo; l’autista e il passeggero morirono.

 

Ma non finì qui. I due si presentarono da San Pietro, il sacerdote rimase sconvolto dal trattamento a lui riservato, molto diverso da quello dell’autista. Chiese allora il motivo.

La risposta fu perentoria: “Vuoi mettere, almeno lui faceva pregare i passeggeri, mentre tu  facevi addormentare  i fedeli con le tue lunghe inutili prediche”.

 

Altro aneddoto. Un signore si è ormai rassegnato al pio forte desiderio della moglie di recarsi spesso in Terra Santa.

Durante l’ultimo viaggio riceve una telefonata  da Gerusalemme.

Gli comunicano che sua moglie è morta e vogliono istruzioni per l’invio della salma. Il signore ormai vedovo risponde subito che è giusto lasciarla  a Gerusalemme, perché la buona anima era molto devota  della Terra Santa.

 

Ma richiama al mattino, all’ alba. Ha pensato e meditato tutta la notte.

E comunica la sua decisione: “E’ meglio se la rimandate qui. Dalle vostre parti ogni tanto risorge qualcuno e questa probabilità è molto pericolosa, meglio essere  sicuri”

 

Gerusalemme.

 

E’ l’alba. Dalla moschea di Omar si alza il primo canto del giorno verso un cielo limpido. E si uniscono altri canti che  provengono da tutti i minareti.

 

La preghiera dell’uomo.

 

Le tre religioni monoteiste.

 

Sembrano frasi fatte e invece bisogna venire in Terra Santa per rendersi conto dell’esistenza e coesistenza di tre realtà.

 

Capita spesso che, fermandosi  allo stesso posto, di vedere sulla sinistra una chiesa greco- ortodossa  con le tipiche cupole a cipolla, al centro una moschea e sulla destra un’altra chiesa o una sinagoga.

 

Nei secoli passati c’è stata la supremazia di un popolo sull’altro, con la conseguenza di voler affermare anche la propria religione.

 

Tutti i passaggi di amore e di odio sono qui ben testimoniati.

 

Fiume Giordano

 

Enormi eucalipti sorgono lungo la riva e  i raggi del sole filtrano attraverso  i rami protesi verso il fiume, creando una magica atmosfera.

 

E’ il fiume Giordano, nel quale  Giovanni battezzò Gesù. Anche qui  vengono da tutto il mondo. Ti trovi fianco a fianco a polinesiani, indiani, africani, per rinnovare il rito del battesimo.

 

I più attivi sono i greco-ortodossi, uomini e donne, che sostituiscono i propri indumenti con lunghi abiti bianchi e s’immergono nell’acqua.

 

Gli uomini si accroccano dall’altra parte della riva  e restano immersi per metà del corpo. C’è un’atmosfera di gioiosa partecipazione, si chiamano per nome ad alta voce, cantano, scherzano, si scambiano spruzzi d’acqua.

 

Monte delle Beatitudini – Lago di Tiberiade

 

Certo, la salita su questi monti sacri dovrebbe essere fatta a piedi, con spirito di sacrificio, ma anche con l’intima gioia di andare sempre più in alto e vedere il paesaggio mutare lentamente.

 

C’è il fruscio leggero del vento sui cardi dai mille colori, che stanno di fronte a te, fra il cielo e il lago di Tiberiade.

 

Quante volte ho ascoltato questi nomi  ancor prima che li studiassi  sui libri di storia e geografia. Erano ripetuti mnemonicamente e si pensava appartenessero ad un mondo lontano, finito.

 

Ora finalmente sei qui, li vedi, puoi gioire.

 

Il lago di Tiberiade prende le acque dal Giordano e gliele restituisce generosamente.

 

Il mar Morto invece si prende le acque, ma le trattiene; e perciò è considerato un egoista.

 

Nella chiesetta sul lago  c’è una grossa pietra. Qui apparve Gesù.

 

La piccola spiaggia è lambita da onde basse, che l’accarezzano.

Sulla destra c’è una barca tirata a secco e all’interno un pescatore  stacca gli ami dalle carpe. Ne ha prese molte, sono ancora a dimenarsi nel fondo della barca.

 

La scena può sembrare oleografica, ma  è estremamente rievocativa.

 

Il pescatore che fino ad allora era concentrato  nel suo lavoro, si accorge dello straniero. Mostra le dita della mano e dice: “Five dollar for a picture”

Lui non ha avuto la chiamata del Signore. E’ rimasto pescatore di pesci ed ora è anche pescatore  di dollari. Non si è però aggiornato, perché ormai si parla solo di euro.

 

Ma la delusione è ancor più cocente andando dall’altra parte della riva.

 

Tiberiade. Da non credere. La costa vista dal lago sembra la baia di Hong Kong, con mostruosi grattacieli impegnati a superarsi in una corsa  frenetica.

 

Ce n’è uno che somiglia alle nostre vele, di triste memoria.

 

Chi ha permesso tale e tanto scempio?

 

La città è quasi tutta in mano agli Ebrei, che vi hanno costruito enormi alberghi.

Un’altra Babele. Non hanno tenuto conto dell’ira del Signore… Altre volte gli hanno fatto perdere la pazienza.

 

Le nozze di Cana

 

I francescani hanno escogitato  un simpatico happening. Le coppie di pellegrini sono invitate a tenersi per mano e formano un emiciclo intorno all’altare. Lui chiama la sua sposa per nome e le rinnova la promessa fatta tempo addietro, lei sorride commossa e la benedizione sancisce  un amore infinito. Si  riceve anche un bel diploma che immortala l’avvenimento.

 

Anche a Cana provo profonda delusione. Questi luoghi non avrebbero dovuto perdere il loro sacrosanto misticismo. Sono stati distrutti dai mille tentacoli  di case botteghe bancarelle.

 

Vendono vino, ovviamente. Così il miracolo si perpetua nelle loro tasche: il vino diventa oro.

 

Sepolcro di Gesù

 

Grande emozione. La coda è lunghissima. Tutti spingono. I sacerdoti, i Cavalieri del Santo Sepolcro, le vecchiette super attive; solo i giovani rispettano tutti.

 

A quattro per volta si scendono i pochi scalini, si passa abbassando il capo.

 

Ecco, sei lì. Tu solo con il Cristo, che è morto anche per te. E questo solo conta.

 

Non puoi dirgli tutto quello che tieni dentro e in pochi secondi fai una scelta di priorità.

Esci da quel luogo sollevato nello spirito.

 

Al giovane guardiano afro americano dico che è molto fortunato per quel  suo incarico. Sorride ed annuisce.

 

Cosa è successo in questi luoghi, attraverso i secoli?

 

Hanno avuto sempre un richiamo particolare, sia per costruire nuove religioni, sia per abbattere quelle già presenti.

 

Invece di trovare un accordo e stringersi la mano o- meglio- inchinarsi e alzare le braccia al cielo, si è pensato di adoperare la propria intelligenza per distruggere  l’altro.

 

Il crogiuolo di civiltà è vivissimo.

 

Muro del pianto

 

La preghiera degli Ebrei era sempre la stessa: “ L’anno prossimo a Gerusalemme”

 

Era anche un auspicio, una speranza. Nei campi di sterminio nazisti, nei campi di sterminio sovietici, nei mille luoghi della diaspora.

 

Quando il sogno si realizzava, si veniva qui sulla immensa spianata, si andava verso i resti dei muraglioni costruiti da Erode. Ecco il Muro del pianto, era giunto il momento di  ringraziare il Signore.

 

La gioia era così profonda  che si trasformava in un pianto. Un pianto di gioia, appunto. Gli osservatori occidentali pensavano ad un pianto di dolore.

 

Il giovane, l’anziano, è  con la sua Bibbia e il suo Signore. Non c’è nessun altro fra di loro, è come se il mondo intorno  non esistesse

 

Piccoli gruppi festanti; un ragazzo ha appena finito di leggere la Torà ed è portato sulle spalle dai parenti.

 

Muro del pianto. Gli uomini da una parte, le donne dall’altra.

 

Ti avvicini al Muro, scrivi il tuo biglietto con le richieste di salute, amore, pace.

Lo chiudi accuratamente, lo inserisci fra le fessure di questo muro millenario.

 

Te ne vai con la speranza nel cuore.

 

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