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N. 17 - Ottobre 2006

L'ISLAM CHE ANCORA NON CONOSCIAMO

Intervista a Fatima Habib Eddine, attivista dell'associazione Giovani Musulmani d'Italia

di Leila Tavi

 

I giovani musulmani nati o scolarizzati in Europa stanno vivendo ora una ingiusta discriminazione non solo sociale, ma anche economica.

 

E' forte il senso di appartenenza al paese in cui sono cresciuti e rivendicano un diritto alla cittadinanza che non può essere loro negato.

 

Oggi incontriamo Fatima Habib Eddine, di origine marocchina, che studia scienze politiche a Milano ed è attivista dell'associazione Giovani Musulmani d'Italia (GMI).

 

Fatima rappresenta, insieme a tanti altri giovani musulmani che vivono in Italia, l'"Islam moderato", pacifista e schierato contro il terrorismo.

 

Abbiamo voluto chiedere a Fatima di descriverci il suo concetto di cittadinanza; come e quanto si sente italiana, marocchina ed europea.

 

Per Václav Havel, lo scrittore ed ex presidente ceco,  il concetto di cittadino è stato privato del suo vero e nobile significato ed è stato trasformato, senza che la maggior parte degli Europei se ne rendesse conto, nel semplice consumatore: un numero utile solo al marketing delle multinazionali.

Condividi questa affermazione?

 

Concordo con l'affermazione che il cittadino diventa un numero alla mercè del marketing delle multinazionali, ma non dobbiamo limitare il concetto di cittadino a un solo univoco concetto; ad esempio, per il politico il cittadino è un potenziale elettore o per il medico un paziente da curare. Si può affermare però che il concetto di "consumatore" è prevalente sugli altri.

 

Per Havel "l'alternativa a tale olistica costruzione filosofica consiste in un ininterrotto contatto con la vita stessa". L'uomo ha bisogno di esperienze sempre nuove, come nel rinnovato processo evolutivo del completamento dell'individuo all'interno di una comunità. Solo in una continua democratica discussione, che trova il suo naturale sbocco nella decisione politica, può esistere una vera democrazia.

Esiste una "vera democrazia"?

 

L'individuo è importante ma va visto all'interno della società. L'uomo è un essere sociale, anche se ci sono delle sfere private che sono e devono rimanere inviolabili. E' il gruppo a rendere  l'uomo forte, solo attraverso il gruppo e l'associativismo è possibile raggiungere degli obiettivi che l'individuo da solo non potrebbe mai realizzare. Ma la società non deve imporre all'individuo delle scelte o l'individuo alla società. Prendiamo l'esempio del dibattito sul velo in Francia: la società non può imporre alle donne di mettere o non mettere il velo si tratta di una libera scelta. Questo è un esempio di sfera individuale intoccabile. Lo stesso discorso vale anche per il gruppo familiare, non solo per quello sociale.

Nella discussione democratica in senso lato il valore alla base è il rispetto; solo attraverso il rispetto è possibile arrivare al dialogo costruttivo, al di là delle singole posizioni di partenza e delle convinzioni personali. Non credo però che esista una vera e propria democrazia.

 

Come descriveresti in poche parole il concetto di "cittadinanza" così come lo hanno plasmato i politici europei? Puoi darmi una tua interpretazione.

 

Il concetto di cittadinanza può sembrare estremamente semplice, ma è legato al vissuto di ciascuno. Per me essere cittadino significa poter partecipare attivamente alla vita politica e soprattutto fondamentale è l'accesso alla cittadinanza. La possibilità di poter essere cittadino di un paese dove si vive è oggi negata a molti. Se penso poi alla questione palestinese, in quel caso la cittadinanza addirittura non può prescindere da uno stato territoriale.

 

E il concetto di "cittadinanza europea"?

 

E' un concetto ancora in fieri; abbiamo una base comune, possiamo viaggiare liberamente all'interno dei paesi dell'UE, abbiamo una normativa comune. Oggi comunicare e spostarsi è diventato estremamente facile. Possiamo dire che tutto il mondo è un unico paese, ma ciascuno di noi ha la sua storia e le sue tradizioni e in questo mondo che diventa giorno dopo giorno sempre più omogeneo e appiattito tutto ciò che è "diverso" diventa bello e particolare. E' per questo, forse, che si cerca di conservare le proprie tradizioni. Il concetto di "cittadinanza europea" è legato anche al concetto di superamento delle barriere frapposte dalla diversità culturale e alla lotta al razzismo. Il programma "Gioventù dell'Unione europea" ne è un ottimo esempio. In questi ambiti essere una minoranza, si può affermare, è addirittura un privilegio, ma queste esperienze rimangono confinate, non influiscono sulle dinamiche della società contemporanea. Mi viene in mente a proposito della "cittadinanza europea" un incontro a cui ho partecipato recentemente con altri giovani da tutta Europa: ci sono state talmente tante interpretazioni e sfaccettature date al termine di "cittadinanza" che non è stato possibile trovare dei punti in comune.

 

Quali sono i diritti che vengono "negati" dalle istituzioni europee ai giovani musulmani? Anche in senso programmatico.

 

Le istituzioni europee sono ancora le istituzioni dei singoli stati. Ci sono sì, programmi intrapresi dall'UE o dal Consiglio d'Europa finalizzati all'accettazione delle differenze culturali e all'integrazione culturale, ma la strada è ancora molta da fare.

 

E ai giovani in generale?

 

I giovani d'oggi hanno bisogno e chiedono alle istituzioni più spazio, più voce e, in generale, più fiducia.

 

Pensi che i giovani musulmani in Europa stiano lottando soltanto per il riconoscimento dei loro diritti o anche per l'integrazione?

 

L’integrazione non è qualcosa che si chiede. Qualcuno potrebbe vedermi e dire che non sono integrata per come mi vesto o per mi comporto e magari io mi sento integrata. I giovani musulmani europei stanno lottando per il riconoscimento dei loro diritti, è vero, ma condividono anche con gli altri giovani la lotta per ottenere più spazi dedicati ai giovani nelle società contemporanee. Essere integrato in una società significa condividere e soprattutto partecipare; essere attivo e non passivo. La legislazione gioca perciò un ruolo fondamentale. Gli immigrati hanno vita dura: devono lottare per il riconoscimento di diritti che per gli altri sono scontati; devono lottare per mantenere il lavoro. Spesso loro viene offerto solo del precariato. La vita quotidiana dell’immigrato è difficile: mantenere i figli, pagare l’affitto e spesso non rimane il tempo per poter vivere attivamente la vita politica e per esprimere il proprio disagio.

 

Pensi che ciò sia reciproco? Mi spiego meglio, se un ragazzo europeo, facciamo l'ipotesi "rasta", si trasferisse in un paese islamico riuscirebbe a integrarsi con gli altri giovani musulmani? Non verrebbe emarginato? Se si perché? Solo per un fatto religioso?

 

Posso fare l'esempio del mio paese, il Marocco, dove la cultura europea è percepita come un modello da raggiungere e quindi, l'europeo non viene visto come qualcuno da discriminare. Questo va al di là dell'apparenza fisica. Se poi non c'è la barriera linguistica la cosa è ancora più facile e l'apparenza non tradisce. Negli ultimi anni molti francesi si sono trasferiti in Marocco, soprattutto a Marrakech. Decidono di vivere lì per ragioni climatiche, per sfuggire al caos e allo smog delle metropoli francesi. Il Marocco ha una lunga tradizione turistica; la gente è abituata alla presenza dei turisti e degli stranieri. Certo non si può affermare lo stesso per paesi dove il turismo non è sviluppato, ci potrebbero essere delle reazioni diverse.

 

Per una ragazza sarebbe lo stesso?

 

Sì, senza dubbio. Non ci sono differenze.

 

Tra i tuoi amici ci sono solo ragazzi musulmani, o hai anche altri amici con cui ti piace uscire? Vi capita di uscire spesso tutti insieme o non ci sono interessi comuni?

 

Certamente, la religione nelle amicizie non è un ostacolo.

 

Il cosiddetto neocolonialismo è veramente solo economico o ha ancora un retaggio ideologico, che guarda all'altro come diverso, nell'accezione negativa della parola?

 

Le dinamiche che regolano i flussi migratori verso l'Europa oggi e le politiche di cooperazione allo sviluppo si basano ancora su questo principio purtroppo. I fondi comunitari per i paesi in via di sviluppo sono spesi ancora per il 90% in Europa; per rendere meglio l'idea, si spediscono frigoriferi in paesini dove un c'è energia elettrica. Alla base del fallimento di tali politiche d'intervento sul territorio c'è anche un'insufficiente conoscenza delle realtà, delle strutture e dei meccanismi che regolano la vita economica e sociale dei singoli paesi a cui gli aiuti sono rivolti.

 

Che cosa ti manca del Marocco quando sei in Italia e vice versa?

 

In Italia soffro quando non posso praticare la fede a causa della mancanza di strutture adatte: poche moschee, difficoltà di studiare la lingua araba o le scritture sacre. E poi mi manca l’aria del Marocco; è speciale, non si può descrivere. Dell’Italia mi mancano la pizza, la pasta e il caffé. Non c’è nulla da fare, il caffé è buono solo in Italia.

 

Dove immagini la tua vita futura, dove vorresti crescere i tuoi figli?

 

Nonostante tutto in Italia. Sì non ho dubbi al riguardo.

 

Come ha cambiato la tua vita l'impegno all’interno del GMI?

 

Il lavoro associativo ha orientato la mia vita.

 

Credi che il cosiddetto “fondamentalismo islamico” sia una reazione al modello occidentale o c'è anche un fattore generazionale, una sorta di ribellione contro le vecchie generazioni?

 

No, credo che si tratti di una reazione al modello occidentale basato su un concetto di modernità che viene visto come imposto.

 

La pace nel mondo è nelle mani dei giovani? Come i movimenti giovanili possono influire sulla politica internazionale?

 

Certo, i giovani possono influire sulla politica; oggi c’è una maggiore attenzione della società rispetto alle opinioni dei giovani. Ma, le relazioni internazionali ce lo dimostrano, tutto è basato su interessi nazionali. E’ molto difficile. L’Europa stessa, nel rapportarsi agli altri paesi ha degli interessi politici forti.

 

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