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                          N. 5 - Maggio 2008 
                          
                          (XXXVI) 
                                    
									
									
									Mai più in piazza... 
									L’Iran SOSPENDE le esecuzioni pubbliche 
									
                                    
									di Stefano Crescenzi 
                          
                            
							
							L’Iran decide di non 
							eseguire più esecuzioni pubbliche. Uno dei grandi 
							paesi che ancora oggi mantengono (ed eseguono) la 
							sentenza capitale, alla fine di gennaio ha deciso, 
							con un annuncio fatto dal portavoce del responsabile 
							della Giustizia della repubblica islamica 
							(l’ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi), che le 
							esecuzioni pubbliche saranno ridotte al minimo. Le 
							esecuzioni non spariranno. 
						
							  
						
							Non saranno fermate. 
							Soltanto verranno eseguite direttamente nelle 
							carceri. Salvo diversa disposizione, e previa 
							autorizzazione del capo della giustizia iraniana, 
							nel caso in cui esse abbiano un fine educativo.  
							 
							Sembra una notizia ai limiti del grottesco, che per 
							essere pubbliche, d’ora in poi le esecuzioni 
							capitali dovranno essere “educative”, ma al termine 
							della campagna di pubblica sicurezza, lanciata nello 
							scorso 2007, assai densa di impiccagioni di piazza, 
							l’ayatollah ha annunciato che la loro pubblicità 
							sarà data soltanto per “rassicurare le comunità 
							scosse da crimini di particolare natura”.  
						
							  
						
							Per garantire la 
							riservatezza delle esecuzioni, è stato fatto 
							assoluto divieto a giornali e media di pubblicare 
							foto o immagini di quest’ultime, giustificando tale 
							misura al fine di non creare tensioni psicologiche 
							per la società.  
							 
							Nonostante l’Iran si impegni ad imbavagliare 
							l’esecuzione della pena capitale, ancora troppi 
							reati sono punibili con essa, e problemi derivanti 
							dall’applicazione della shar’ia ancora permangono: 
							nel caso di una lapidazione, pena prevista per le 
							donne adultere per esempio, è intrinseca la 
							partecipazione della folla, e quindi la sua 
							dimensione “pubblica”.  
							 
							Ma questa riduzione della pubblicità delle 
							esecuzioni, è un avanzamento verso la graduale 
							riduzione dell’applicazione? Potrebbe esserlo, se, 
							come è avvenuto ad esempio in Cina, la misura 
							adottata si fosse limitata ad accentrare la 
							comminazione della pena capitale nelle mani di un 
							solo soggetto, che detenga il monopolio della 
							decisione. Ma il provvedimento, che prevede si 
							l’impossibilità di far eseguire pubbliche esecuzioni 
							per i tribunali locali, rimettendola alla 
							discrezionalità del capo della giustizia iraniana, 
							in realtà non limita o non riduce l’impiego della 
							stessa.  
							 
							Si potrebbe ipotizzare che la non-pubblicità della 
							pena capitale, porti ad un mutamento del pensiero 
							delle persone, che, non vedendo più eseguire la 
							pena, si troverebbero nella condizione di percepire 
							in maniera più attutita e debole l’efficacia della 
							stessa.  
						
							  
						
							I cittadini vedrebbero 
							che senza la pena di morte (non vedendola) in realtà 
							non c’è un’inasprirsi della criminalità, né vi sono 
							mutamenti nell’efferatezza dei crimini commessi.
							 
						
							  
						
							Con il tempo (non 
							parliamo di un futuro immediato) si potrebbe persino 
							arrivare alla sospensione o addirittura 
							all’abolizione della pena di morte. E quindi 
							dovremmo salutare con speranza questa decisione 
							dell’Iran. 
							 
							Ma quello che ci fa subito tornare con i piedi per 
							terra, è il divieto, fatto ai media e ai giornali, 
							di mostrare le esecuzioni che avvengono, confermando 
							il clima di restrizione e di violazione perdurante 
							di basilari diritti fondamentali, quali la libertà 
							di espressione.  
						
							  
						
							Inoltre, la forma 
							“privata” dell’esecuzione capitale, lascia ancor più 
							ampio margine ad una strumentalizzazione della 
							stessa, lasciando per esempio mano libera alla 
							repressione dei dissidenti politici e degli 
							oppositori del regime, o per continuare a 
							criminalizzare comportamenti o diritti generalmente 
							riconosciuti come contrari alla morale islamica.  
							 
							Desta quindi preoccupazione l’occultamento delle 
							esecuzioni capitali, che come un fiume carsico 
							continueranno ad essere eseguite lontano dagli occhi 
							del popolo e della pubblica opinione.  
						
							  
						
							In un mondo come 
							quello contemporaneo, dove senza visibilità i 
							problemi non vengono percepiti, è un duro colpo 
							spegnere i riflettori su una tematica tanto delicata 
							come la pena di morte, che ha ritrovato negli ultimi 
							mesi un nuovo vigore nelle coscienze dell’opinione 
							mondiale, rischiando di lasciare indietro paesi che 
							potrebbero fare la differenza, come l’Iran.   |