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N. 144 - Dicembre 2019 (CLXXV)

padre e figli dal medioevo all'età moderna

L'INFANZIA NELL'OPERA DI PHILIPPE ARIES

di Angelo Ragusa

 

Nello studio dei fenomeni demografici, durante il secolo scorso, l’interesse di alcuni storici si è progressivamente spostato da una prospettiva politico-economica a una più approfondita analisi dei costumi e della vita familiare. All’interno di questo specifico ambito storiografico, gli esperti hanno manifestato l’ambizione di scrivere una storia dell’infanzia, di cogliere le caratteristiche del fanciullo nelle articolazioni che lo legano, o lo separano, dalla società degli adulti.

 

Questo tipo di indagine si differenzia dagli studi circoscritti a un solo periodo storico o alla cultura dominante in una specifica area geografica, per il tentativo di isolare il sentimento come filo conduttore nella storia della famiglia.

 

Il libro di Philippe Aries (1914-1984) uscito in Francia nel 1960 con il titolo: L’enfant et la vie familiale sous l’ancien régime, tradotto in Italia con Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, è la prima opera sistematica sull’argomento, un testo capace di ottenere grande risonanza nel mondo Occidentale. Attraverso frammenti iconografici e letterari, Aries traccia l’evoluzione del sentimento dell’infanzia dal Medioevo all’età Moderna. Lo sviluppo del sentimento familiare verso i figli si concentra sul passaggio dall’idea medievale di fanciullo, rappresentato come un adulto in miniatura e senza una precisa identità, a quella più vicina ai giorni nostri, in cui il bambino ha caratteristiche specifiche per la sua età e assume una posizione centrale nella famiglia.

 

Aries individua la svolta decisiva alla fine del XVIII secolo, quando una modificazione della coscienza sociale sfocia in una visione dicotomica della famiglia: da un lato un nucleo di tipo antico, incentrato sull’autorità paterna e sulla conservazione del patrimonio, dove i figli minori, non destinati ad assicurare la continuità dei beni e delle proprietà, privi di qualsiasi attenzione per il loro avvenire, lasciavano presto la famiglia per essere destinati ad altri doveri. A questo modello si contrappone la famiglia moderna, caratterizzata dallo spirito del focolare. Lo sforzo dei genitori si concentra sulla necessità di garantire ai figli una migliore riuscita sociale, perequando le loro ambizioni con una restrizione volontaria delle nascite.

 

Aries approfondisce lo studio di questo processo. Il passaggio da un tipo di famiglia all’altro non è stato brusco, si è sviluppato nell’arco dei secoli, registrando rapidi avanzamenti e lente sovrapposizioni. Ma soprattutto è disceso lungo una differenziazione di tipo sociale che parte dalle classi più agiate fino a raggiungere le più umili. Come spesso accade, le tracce maggiori appartengono alle classi più elevate, mentre poco è rimasto delle abitudini delle classi meno abbienti. Tuttavia, il rinascere nell’età Moderna di una preoccupazione educativa, impose una differenziazione fra l’adulto e il bambino anche nelle classi popolari.

 

Il testo è suddiviso in tre parti. La prima sezione, ripresa più volte a fondamento della tesi iniziale, presenta la società medievale come incapace di riconoscere al fanciullo peculiari caratteristiche infantili. A causa di una elevata mortalità, agli adulti non è consentito attaccarsi a un essere così debole, il cui stato naturale è tanto vulnerabile da poter essere causa di morte prematura. Si registra una sostanziale indifferenza riguardo a un’infanzia considerata troppo fragile. Di fatto nel Medioevo il sentimento dell’infanzia non esiste.

 

A partire dalla fine del XIV secolo la rappresentazione dell’infanzia attraversa modificazioni sostanziali, visibili soprattutto nella produzione iconografica. Il Gesù bambino perde la sua maestà regale e sempre più spesso viene illustrato nella semplice quotidianità di bambino vero, in carne e ossa. Viene dipinto in scene di vita laica, mostrando atteggiamenti di tenerezza verso la madre. Fuori dalle regole della tradizionale pittura religiosa compaiono altri soggetti sacri, come la Madonna bambina o i santi in momenti diversi della loro esistenza, dimostrando un’attenzione sempre più specifica e dettagliata all’età infantile. Sullo scorcio del Trecento e per tutto il XV secolo il bambino viene raffigurato in momenti di affetto condiviso con i genitori, sia in scene gloriose che di vita comune. Lo sguardo dell’artista coglie l’infanzia come soggetto non trascurabile, anche nella morte prematura.

 

La mortalità infantile resterà molto elevata anche nei secoli successivi, ma già in questo periodo si moltiplicano le lapidi funerarie dove il bambino è rappresentato in dimensioni reali, a differenza delle epoche precedenti in cui veniva ritratto insieme ad altri familiari, in misura ridotta ma con fattezze adulte. La graduale separazione della vita infantile da quella adulta è sintomo di un nuovo sentimento per la prima età della vita, anche se questo processo non sembra ancora pienamente avviato. L’età puerile ha confini cronologici scanditi da regole e consuetudini tradizionali: a sette anni inizia la prima emancipazione, a dieci i maschi sono avviati al lavoro, a quattordici (dodici per le femmine) possono essere promessi per il matrimonio.

 

Il XVI secolo, secondo l’Aries, segna un nuovo avanzamento nella storia dei sentimenti. Il bambino battezzato, possessore di un’anima immortale, sfugge dall’anonimia in cui era stato proscritto. A questa nuova tendenza corrisponde un’evoluzione nelle forme dell’iconografia.

 

Con il ritratto del bambino morto e con la devozione per il bambino Gesù, il fanciullo conquisterà un posto quasi centrale in tutti i ritratti di famiglia. Dal Seicento in avanti nasce anche la preoccupazione di preservare la moralità del dei più piccoli, indizio di un rinnovamento religioso ed etico della società. Infine nel Settecento si diffonde l’idea di una educazione mirata alla fortificazione intellettuale del fanciullo, che segna la nascita della letteratura per l’infanzia.

 

Nella seconda parte del testo Aries esamina la vita scolastica. Nel Medioevo esisteva soltanto l’istruzione impartita dalla Chiesa, istituita dell’esigenza di reclutare e formare futuri sacerdoti. In genere l’educazione scolastica era riservata a una ridottissima parte della popolazione europea, mancava di gradualità e l’età degli alunni non costituiva un elemento di separazione.

 

Dal XII secolo emerge l’esigenza di nuove istituzioni formative, capaci di impartire insegnamenti precoci meglio organizzati. Dalla Chiesa viene imposto alle scuole monastiche o vescovili l’insegnamento elementare gratuito ad allievi poveri non destinati alla vita religiosa.

 

In età Moderna si passa da un’istruzione senza alcun ordine graduale a una educazione più attenta alle difficoltà di apprendimento e alla maturità degli alunni. Si diffondono collegi che raggruppano gli allievi in base all’età, dagli otto-nove anni ai quindici e oltre. Inoltre con il trascorrere del tempo, i collegi si aprono a un numero crescente di laici, nobili e borghesi, a cui si aggiungono gradualmente anche fanciulli provenienti dai ceti più modesti. Attraverso il collegio, l’apprendistato e l’educazione religiosa, viene messa in opera la moralizzazione voluta dai riformatori cattolici e protestanti, il cui obiettivo è il formare uomini ragionevoli e buoni cristiani.

 

Aries pone l’accento sulla progressiva separazione fra il bambino e il mondo dell’adulto e ricostruisce le tracce del lento processo di avvicinamento alla nostra idea di età infantile. La distribuzione dei fanciulli nelle classi scolastiche si avvicina alla moderna classificazione per classi d’età. Ciò avviene in maniera non lineare nel corso dei secoli, attraverso la sopravvivenza di consuetudini medievali alternate a spinte verso la differenziazione.

 

La terza parte del testo affronta il sentimento della famiglia. Nell’iconografia medievale, in particolare nel ciclo dei dodici mesi – che si ripete con scarsissime varianti in Europa dal XII secolo – i lavori agricoli vengono rappresentati con il solo contadino, mentre i momenti di pausa sono spesso ad appannaggio del nobile. In ogni caso l’uomo è sempre solo.

 

Questo tipo di rappresentazione si svolge nei Libri delle Ore fino al Cinquecento. Più si procede nel tempo, più queste scene campestri riproducono i padroni in compagnia dei loro figli, intenti a sorvegliare la mietitura o la vendemmia. La coppia non è più quella immaginaria dell’amore cortese, ma la famiglia partecipa ai mestieri agricoli ed è presente in salotto o nei campi. Con la comparsa del bambino l’iconografia dei mesi diventerà iconografia di famiglia, combinandosi con la tradizionale allegoria delle età della vita.

 

A partire dal Seicento, con l’affievolirsi del diritto di primogenitura, si indebolisce il corrispondente sentimento del lignaggio, in favore del sentimento familiare vero e proprio. Questo fenomeno sembra legato anche ai cambiamenti politici in atto: quando il potere dello Stato viene meno, la famiglia e la trasmissione del suo patrimonio diventa l’unico riparo per l’individuo. Ma quando le istituzioni assicurano maggiori garanzie, i legami di sangue risultano indeboliti e l’individuo può contare su una maggiore indipendenza. La famiglia viene vissuta come luogo di intimità, sono frequenti le rappresentazioni intorno al focolare domestico e si assiste a una contrazione della socievolezza con i servitori. Emerge la preoccupazione per la salute e per l’educazione dei figli.

 

Benché la ricerca demografica sia sostenuta da fenomeni visibili e misurabili, nello studio di un “sentimento dell’infanzia” lo storico è costretto a lavorare in maniera indiretta, osservando l’iconografia del costume, tracciando una breve storia dei giochi per fanciulli, o dando importanza alla nascita di una letteratura specifica per l’infanzia. Il tutto nel tentativo di cogliere ogni aspetto della quotidianità che differenzi visibilmente il fanciullo dagli adulti.

 

In Padri e figli l’evoluzione della morfologia sociale è sottesa a un cruciale passaggio: a un corpo della società medievale, coattivo, capace di raccogliere in sé identici aspetti e condizioni, si sostituiscono delle micro società chiuse, le famiglie; all’interno delle quali lo storico delle mentalità può cogliere un’identità infantile nascente, che eredita tratti distintivi precedentemente condivisi con tutte le età e condizioni sociali.

 

Come succede per le opere pioneristiche, anche il libro dell’Aries è stato oggetto di numerose critiche. Una prima obiezione di fondo mossa al suo lavoro è quella di voler stabilire l’origine del sentimento dell’infanzia.

 

Secondo lo studioso francese Le Roy Ladurie il sentimento dell’infanzia sarebbe presente anche in quella società contadina e in quei ceti umili del Medioevo che Aries non ha tenuto presenti. L’accusa è quella di essersi fatto condizionare dall’ossessione di datare cambiamenti razionali e affettivi, di fissare la nascita di un sentimento che subisce modificazioni di forma e di valore. La differente visione fra i due studiosi sta nel significato del termine sentimento. Per Le Roy Ladurie è una reazione emozionale – affetto, vezzeggiamento, dolore per la morte – mentre per Aries si tratta piuttosto dell’idea che si ha di un certo rapporto, l’atteggiamento che le figure interessate ascrivono a una relazione.

 

Dopo le critiche alla prima edizione di Padri e Figli, Aries sembra più incline a vedere nel sentimento anche una relazione di affetti, non solo un atteggiamento con cui delle figure tipizzate entrano in rapporto fra loro. All’interno della disputa fra i due studiosi, il significato culturale delle espressioni di tenerezza appaiono come l’ennesimo capitolo di una storia delle mentalità, una dimensione in cui non è facile trovare reperti significativi e univoci.

 

Nella prefazione alla seconda edizione de L’enfant et la vie familiare, Aries riconosce la plausibilità di alcune osservazioni e ammette che nella stesura del suo libro avrebbe dovuto meglio cautelarsi dalla tentazione di stabilire un’origine assoluta a tale sentimento.

 

Un secondo versante di critiche riguarda la visione nei confronti dell’iconografia. Secondo l’Aries l’arte del XIII secolo non conosceva l’infanzia o non tentava di rappresentarla. Ma l’opera pittorica va ricostruita attraverso i codici visivi del tempo, bisogna tener conto della forza espressiva del messaggio e la forma mentis dei destinatari. Intesa come processo di trasmissione culturale, l’espressione artistica non può prescindere dal contesto sociale in cui nasce. L’arte del Medioevo è quasi interamente dedicata ai temi religiosi, manca di numerosi altri elementi e non conosce quasi per intero la vita familiare. Aries non tiene conto dei messaggi simbolici o allegorici che nelle rappresentazioni religiose spesso determinano il senso complessivo dell’opera.

Infine all’autore francese viene rimproverato di non considerare le conquiste della psicologia moderna. Il bambino prima di compiere i sette anni attraversa una serie di fasi dello sviluppo fisico e psicologico che decidono molti aspetti della sua identità. In questa prima parte della vita il bambino acquisisce competenze molto complesse, impara a comunicare, intrattiene con gli adulti relazioni capaci di ispirare rapporti di cura, amore o di esasperazione.

 

Nel testo dell’Aries il periodo che precede i sette anni resta insondato. Questioni come l’autonomia, il senso di autostima o la capacità di identificazione nell’adulto hanno una funzione importante per il ruolo sociale che verrà assegnato all’individuo, anche se appare estremamente difficile per lo storico risalire allo sviluppo psichico di bambini nati e vissuti nei secoli passati.

 

L’Aries ha il merito di aver ricostruito l’evoluzione storica di alcuni tratti distintivi del XX secolo. La progressiva accentuazione delle differenze fra il mondo infantile e quello degli adulti ha prodotto una nuova sensibilità verso la prima età della vita. La graduale organizzazione di un sistema di acceso alla scolarizzazione ha consentito al bambino di fare esperienza in una nuova sfera di riferimenti affettivi e simbolici.

 

La modernità descritta dall’Aries lascia già intravedere l’importanza di un percorso scolastico e culturale aperto a tutti, che pone fine alla vita promiscua delle famiglie, al lavoro e allo scrutamento minorile, che mette al centro dell’ideologia capitalista i bisogni e i desideri dei figli.     

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

P. Aries, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Laterza, Bari 1968;

E. Becchi, D. Julia, Storia dell’infanzia. Dall’antichità al Seicento, Laterza, Bari 1996. 



 

 

 

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