Immanuel Kant
											il grande filosofo A 300 anni dalla 
											nascita
											
											
											
											di Riccardo Renzi
											
											
											 
											
											
											Immanuel Kant 
											
											
											nacque il 22 aprile 1724 e 
											quest’anno sono ricorsi i 300 anni 
											dalla nascita e i 220 dalla morte. 
											Da molti il Filosofo tedesco è visto 
											come il fondatore dell’idea di 
											un’Unione Europea, un’Europa in 
											pace. Questa idea fa capo in 
											particolare al saggio pubblicato nel 
											1795, Per la pace perpetua. Progetto 
											filosofico. Per comprendere però il 
											pensiero kantiano è opportuno 
											contestualizzare il Filosofo 
											biograficamente e storicamente. Kant 
											nacque nel 1724 da una famiglia 
											scozzese a Königsberg, nella Prussia 
											orientale.
											 
											La sua vita risulta pressoché priva 
											di avvenimenti rilevanti o 
											drammatici: dopo una prima 
											formazione presso un Collegio, 
											proseguì con gli studi di filosofia, 
											matematica e teologia presso la sua 
											città natale e, laureatosi, divenne 
											precettore presso alcune case 
											private. Ottenne dapprima la libera 
											docenza presso l’Università di 
											Königsberg ed, infine, fu professore 
											ordinario di logica e metafisica 
											presso lo stesso Istituto. Fino alla 
											morte Kant fu ligio ai suoi doveri 
											accademici, dedicando un’intera 
											esistenza alla ricerca e portando 
											avanti uno stile di vita morigerato 
											e caratterizzato da abitudini 
											routinarie e rigide. Morì nel 1804 a 
											Königsberg. Kant, nella sua 
											“tranquilla” vita visse tutti grandi 
											stravolgimenti europei, dalla 
											Rivoluzione Francese sino alle 
											guerre napoleoniche.
											 
											Si possono considerare fondamentali 
											del pensiero kantiano due tappe 
											biografiche: la prima fu segnata 
											dalla censura a cui fu sottoposto un 
											suo scritto sulla religione. Kant 
											difese strenuamente la libertà di 
											pensiero e, tale impostazione, trovò 
											la sua massima trattazione 
											nella Risposta alla domanda: che 
											cos’è l’Illuminismo? (1784). In 
											questo scritto, che è diventato il 
											testamento ufficiale 
											dell’Illuminismo, Kant risponde che 
											tale filone culturale è da 
											considerarsi: «l’uscita dell’uomo 
											dallo stato di minorità che egli 
											deve imputare a sé stesso». Un 
											invito dunque a servirsi della 
											propria ragione per vagliare le 
											opinioni degli altri e superare i 
											pregiudizi (H. J. de Vleeschauwer, 
											L'evoluzione del pensiero di Kant, 
											Roma-Bari, Laterza, 1976, p. 32.).
											
											
											
											Altra tappa fondamentale è 
											rappresentata dalla simpatia di Kant 
											verso gli ideali di libertà 
											professati dalla Rivoluzione 
											Francese, interpretata come un 
											passaggio positivo per tutta la 
											storia dell’umanità. Le sue idee 
											politiche trovarono rispondenza in 
											un altro opuscolo molto importante: 
											Per la pace perpetua (1795) in cui 
											il filosofo ipotizzò che si potesse 
											realizzare una pace duratura, 
											superando i conflitti, sulla base di 
											un sistema di equilibrio 
											internazionale. Kant proponeva la 
											creazione di una federazione 
											mondiale di Stati, a partire 
											dall’Europa.
											 
											Per comprendere pienamente il 
											pensiero sull’Europa di Kant, 
											bisogna capire quanto un uomo colto 
											del suo tempo potesse essere 
											intimorito da quella situazione di 
											guerra continua che ha 
											caratterizzato la fine del 
											Settecento e gli inizi 
											dell’Ottocento. Tornando al suo 
											saggio Per la pace perpetua. 
											Progetto filosofico, questo viene 
											considerato un’opera della vecchiaia 
											dell’autore. In quest’opera, ma 
											anche in altre, anteriori e 
											posteriori, si delinea un sistema di 
											concetti simili a quelli che si 
											invocano quali numi tutelari 
											dell’attuale Unione Europea.
											 
											La forma repubblicana della 
											costituzione di ogni stato membro 
											dell’Unione, il leitmotiv di un 
											costante progresso verso il meglio 
											quale direzione della storia, la cui 
											meta ultima sarebbe l’unificazione 
											della civiltà sotto al segno della 
											ragione, queste sono tutte idee e 
											pensieri riconducibili al Filosofo 
											tedesco. Non è però la prima volta 
											che Kant viene visto come luminare e 
											precursore della pace europea, 
											infatti, era già successo dopo la 
											fine del Primo Conflitto Mondiali, 
											con la Società delle Nazioni di 
											wilsoniana memoria (A. Frangioni, La 
											Società delle Nazioni tra i liberali 
											italiani: un imperialismo liberale?, 
											in 1917: l'inizio del secolo 
											americano : politica, propaganda e 
											cultura in Italia tra guerra e 
											dopoguerra, a cura di Lorenzo 
											Benadusi, Daniela Rossini, Anna 
											Villari, Roma, Viella, 2018, pp. 
											119-132.). L’Europa iniziò però ad 
											essere realmente unita solo da dopo 
											la caduta del muro di Berlino.
											 
											C’è ora da chiederci, ma Kant è 
											stato interpretato correttamente, 
											oppure vi è stato un 
											fraintendimento? Personalmente, non 
											condivido la lettura di un estremo 
											cosmopolitismo che si è fatta 
											recentemente dei sui scritti, che, 
											per quanto certamente ispirata dalle 
											migliori intenzioni, mi sembra 
											frutto di una errata concezione 
											dell’uomo, della storia, della 
											religione, dell’evoluzione umana e 
											talvolta fonte di pericolose utopie. 
											La lettura cosmopolitica dei testi 
											kantiani, spinge a pensare che il 
											Filosofo ci abbia voluto indicare la 
											via per riuscire alla fine a 
											superare lo Stato in una comunità di 
											tutti popoli, capace di essere nello 
											stesso tempo Chiesa invisibile e 
											società civile, citando lo stesso 
											Filosofo. Questa interpretazione, 
											così utopistica, è già stata 
											smontata da due bellissimi saggi sul 
											Filosofo tedesco, il primo del 2003 
											di Natascia Martucci (N. Martucci, 
											Il cosmopolitismo kantiano: tendenze 
											interpretative e confronto a partire 
											dallo scritto “Per la pace perpetua” 
											(1975), in Rivista Internazionale Di 
											Filosofia Del Diritto, LXXX, 4, 
											ottobre-dicembre, 2003, pp. 773-804) 
											ed il secondo del 2005 di Paolo 
											Pasqualucci (P. Pasqualucci, Ricorrendo 
											il bicentenario della morte di Kant. 
											Il problema della pace perpetua 
											oggi, in Rivista Internazionale Di 
											Filosofia Del Diritto, LXXXII, n. 1, 
											gennaio-marzo, 2005, pp. 17-45.).
											 
											I primi dubbi sul saggio 
											kantiano, Per la pace perpetua. 
											Progetto filosofico, vennero 
											sollevati nella estesa recensione 
											che ne fece Fichte nel 1796. La 
											“Repubblica” è per Kant non una 
											forma di Stato ma lo stato in quanto 
											tale, fondato more rationis sull’idea 
											del patto sociale, che comporta la 
											trasformazione ideale dei sudditi in 
											cittadini e l’eguale e proporzionale 
											sottomissione dei cittadini stessi 
											al governo della legge, prodotto 
											dalla volontà generale, cioè una 
											perfetta rappresentatività che si 
											fondi sulla divisione perfetta dei 
											poteri. Ciò che Kant postula origina 
											dall’idea che lo stato nasca dal 
											patto sociale, ma non stando così la 
											questione, essa risulta 
											inattualizzabile. Inoltre, prendere 
											il pensiero kantiano e adattarlo 
											alle circostanze attuali risulta 
											un’altra forte forzatura, poiché 
											Kant fu figlio del suo tempo, e oggi 
											il suo pensiero risulterebbe 
											decontestualizzato.