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N. 22 - Marzo 2007

LA GUERRA DEL VIETNAM

Un inutile massacro che ha segnato un’intera generazione

di Luigi Buonanno

 

Le origini del conflitto tra Usa e Vietnam, hanno inizio molti anni prima del ’64.

 

Ci troviamo intorno al 1945. Un certo Ho Chin Minh, capo del partito comunista vietnamita, decide di nominare un governo provvisorio. Tale mossa, intimorì non poco alcuni paesi occidentali (Francia e Usa in particolare), come segno di un’ulteriore espansione del comunismo in Asia. Sarebbe spontaneo domandarsi cosa importava alla Francia e agli Usa di tutto ciò. In quel periodo, i francesi tentavano di riconquistare la loro vecchia colonia indocinese ed il governo instaurato in Vietnam (regione appartenente all’Indocina) che avrebbe favorito l’inizio di un’indipendenza, non sarebbe stato di grosso aiuto. Nel 1946, iniziarono gli scontri tra la Francia, supportata finanziariamente e logisticamente dagli Stati Uniti e il Fronte nazionale di liberazione (Fnl) vietnamita, aiutato dai Viet-minh, esercito del nord del Vietnam.

 

Gli scontri terminarono nel 1954. Fondamentale fu la battaglia di Dien-Bien-Phu, dove le truppe vietnamite, guidate dal generale Giap, segnarono una pesantissima sconfitta alle truppe francesi.

 

Lo stesso anno ci fu la Conferenza di Ginevra, in cui vennero stabili diversi accordi. L’Indocina, fu divisa in tre stati indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam. Quest’ultima, venne separata in due: Vietnam del nord, con capitale Hanoi, in cui viene riconosciuta una repubblica democratica sotto la guida di Ho Chin Minh, ed il Vietnam del sud, con capitale Saigon, guidata da Ngo Dinh Diem, ma sotto il controllo statunitense. Negli stessi accordi venne stabilito che entro la metà del 1956, si tenessero delle libere elezioni per la completa riunificazione del paese. Tutto ciò non avvenne mai. Il presidente americano D. Eisenhower, intravedeva il sud del Vietnam come un ulteriore campo di battaglia per la guerra fredda. Le future elezioni vietnamite, avrebbero visto una sicura vittoria del partito comunista e quindi la perdita del controllo nel sud del paese. Il clima politico in Vietnam si surriscaldò, così gli Stati Uniti decisero di far sorgere una dittatura militare filo americana, finanziandola economicamente e militarmente, con l’obiettivo di neutralizzare la guerriglia dei vietcong (vietnamiti rossi), filo comunisti sudvietnamiti, garantiti dal sostegno dell’Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese, nonché del Vietnam del nord.

 

Nel 1962, l’allora presidente americano J.F. Kennedy, aumentò l’impegno militare nel Vietnam, ma senza risultati. L’anno dopo, infatti, il primo novembre, l’esercito vietnamita allestì un violento colpo di stato. Ngo Dinh Diem venne ucciso e una giunta militare filo comunista ne prende il posto.

 

Dopo appena tre settimane, Kennedy viene assassinato e L.B. Johnson lo sostituisce, confermando l’appoggio militare ed economico al Vietnam del sud.

Nel 1964 gli Usa iniziano i bombardamenti aerei sul Vietnam del nord, dando il via alla guerra.

 

Gli attacchi aumentavano sempre di più con gli anni, così come il contingente (nel ’67 in Vietnam erano presenti mezzo milione di soldati americani e dopo il ’68 circa 700000), i bombardamenti, soprattutto nelle maggiori città, e in particolare i morti… ma i risultati erano terrificanti. La più grande potenza mondiale non riusciva a domare le forze guerrigliere.

 

Migliaia e migliaia di ragazzi americani nati tra gli anni 40 e 50, ricevettero la chiamata alle armi, cui si aggiunsero i volontari (la maggior parte di loro erano studenti universitari) e 1/3 delle forze militari statunitense vennero mandate in Vietnam… tra di loro c’erano ragazzi di appena 18 anni e molti di loro non fecero più ritorno a casa.

 

In occasione del capodanno tra il ’68 e il ’69, le forze nordvietnamite lanciarono un feroce attacco, infiltrandosi nelle campagne e nelle città, tra cui anche la capitale Saigon. I morti da parte americana aumentavano sempre di più e nel 1969 i più accesi movimenti pacifisti, pressavano il proprio paese per l’immediato ritiro delle forze armate dal Vietnam. Lo stesso anno, l’attuale presidente R. Nixon avviò le prime trattative di pace a Parigi.

 

Molte furono le battaglie in quel periodo: la battaglia di La Drang nel 1965, quella di Long Tan nel 1966, la prima battaglia di Saigon nel ’68. Senza contare le campagne di bombardamento: l’operazione Rolling Thunder tra il ’65 e il ’67 e la Linebacker... ma la più significativa e inutile probabilmente fu la battaglia di Hamburger Hill nel ‘69.

 

Nel 10 maggio 1969, le truppe americane individuano nella “Collina 937”, nella valle di Ashau, una fondamentale importanza strategica. Per dieci giorni ci furono interminabili scontri tra l’esercito degli Usa e quello nord vietnamita, questi ultimi posizionati sulla vetta della collina. Gli americani, nonostante la conquista della vetta, subirono enormi perdite, dovute anche dallo scarso aiuto ricevuto dal comando superiore, per il rifornimento d’adeguati mezzi di rinforzo. La “Collina 937” venne poi ribattezzata col nome di Hamburger Hill, per la grande quantità di cadaveri sparsi per la collina. Il 20 maggio fu conquistata e subito dopo, un nuovo ordine comunicò lo sgombero della zona per la scarsa importanza.

 

Tra il 1970 e il 1972, Nixon decise di aumentare in modo consistente la presenza delle forze aeree a differenza di quelle terrestri. Gli scontri si allargarono fino ai confini con la Cambogia e Laos, ma senza successo. Nel 1972 l’esercito nativo conquista diverse zone militarmente importanti e i ripetuti errori strategici inducono gli americani a continui fallimenti. Nel 1973 Nixon è costretto alla firma, la pace di Parigi è fatta, ma la guerra non è ancora finita.

 

Per altri due anni l’esercito americano mantenne la sua occupazione a Saigon. Ancora due anni di scontri sanguinosi, fin quando le forze nord vietnamite e quelle vietcong conquistarono la città (ribattezzata poi Ho Chi-Min).

 

Nel 1975 tutte le truppe americane vennero ritirate dal Vietnam, segnando così la prima sconfitta militare per gli Stati Uniti d’America. Nixon aveva l’obbligo di pagare 4 milioni di dollari al Vietnam per i danni provocati, pagamento che non avvenne mai, così i vietnamiti si tennero tutti i prigionieri americani.

 

Le conseguenze in Vietnam furono disastrose. L’economia fu duramente colpita dal conflitto e ancora oggi stenta a riprendersi. Alla fine della guerra, il paese conta più di sette milioni tra morti e feriti.

 

Per gli Usa fu la guerra più lunga mai combattuta. Circa 70000 furono i morti e 100000 i mutilati e circa 3000 soldati sono ancora oggi dispersi (forse prigionieri) in Vietnam.

 

Un’intera generazione venne segnata da quella guerra, furono enormi i danni psicologici e morali che subirono i reduci. Per anni i soldati americani ritornati dal Vietnam hanno rappresentato una mina vagante per la società americana. Solo verso la fine degli anni ’80 gli Usa si sono liberati della “sindrome del Vietnam”, che colpì in particolare il mondo del cinema.

 

Per molto tempo i reduci sono diventati il simbolo della colpa da cancellare, l’immagine di quella “sporca guerra”, l’emblema dell’irreparabilità psicologica.

 

In fondo nessuno, se non loro stessi, conoscono il significato di ciò che gli è accaduto.

Partire appena ventenni in Vietnam.

 

Combattere per anni una guerra senza conoscerne il vero motivo, assistendo a scene che nessun aggettivo potrebbe descrivere. Subire perdite di amici che per anni ti sono stati vicini nella speranza di raggiungere un’insperata sopravvivenza.

 

Tornare finalmente a casa dopo anni. Scendere dall’aereo e un subire domande dai giornalisti del tipo: “Cosa si sente ad uccidere un uomo?”, “Perché avete combattuto quella guerra?”, fotografi che sembrano scambiarti per un fenomeno da circo… e un gruppo di pacifisti che ti urlano “assassino” e ti sputano in faccia… come se avessero davvero una colpa, come se di loro spontaneità avrebbero deciso di prendere un fucile e andarsene a caccia di uomini in Vietnam. Essere rifiutati dalla società per ciò che hanno fatto o per essere considerati dei danneggiati mentali e magari se sei fortunato ti becchi una medaglia al valore civile come Robert De Niro in “Taxi Driver”.

 



 

 

 

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