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N. 26 - Luglio 2007

LA GUERRA CIVILE IN PALESTINA

Hamas conquista la striscia di Gaza

di Leila Tavi

 

Con un bilancio di più di cento morto in soli sei giorni la guerra civile nella striscia di Gaza ha contrapposto fazioni armate di Hamas ad al Fatah e ha visto trionfare per il momento Hamas, che ha occupato Gaza.

 

I miliziani di Hamas hanno fatto irruzione nel quartier generale della Sicurezza preventiva, un’organizzazione militare e di intelligence, fondata nel 2002, sotto il controllo di Mohammed Dahlan e guidata da Rashid Abu Shabak.

 

Gli uomini e i mezzi a disposizione della Sicurezza preventiva avrebbero dovuto garantire ad al Fatah il controllo della striscia di Gaza, ma l’organizzazione non è stata in grado di respingere l’incursione dei miliziani integralisti, forse anche perché ha agito senza la guida diretta dei due capi dell’organizzazione Dahlen e Shabak, entrambi all’estero.

 

Era stato Mohammed Dahlen stesso a reclutare squadre armate nei territori di Gaza per contrastare gli attacchi dei miliziani di Hamas; con lo scoppio della guerra civile si è trasferito, con il pretesto di una convalescenza per un intervento al ginocchio, in Egitto, dove avrebbe dovuto organizzare la resistenza del partito laico.

 

Rashid Abu Shabak è riuscito a fuggire con la sua famiglia in Cisgiordania dopo l’assalto alla sua abitazione in cui sono morte sette guardie del corpo.

 

Ora a Gaza è iniziata la caccia ai “collaborazionisti”, così come i militanti di Hamas chiamano coloro che appoggiavano al Fatah.

 

Con la conquista del palazzo della Sicurezza preventiva sono state effettuate le prime esecuzioni capitali; Hamas controlla le frontiere con l’Egitto a sud e con Israele a nord per impedire altri tentativi di fuga come quello per mare di 97 uomini della Sicurezza preventiva che sono riusciti a raggiungere le coste dell’Egitto.

 

Il presidente Abu Mazen ha sciolto il governo di solidarietà nazionale e ha dato l’incarico di formare un nuovo esecutivo provvisorio a Salam Fayyad, ex Ministro delle Finanze, tornato in Palestina dopo ventisette anni trascorsi negli Stati uniti, dove ha anche lavorato per la Banca mondiale.

 

Cosa succederà adesso? Ne parliamo ancora una volta con Jamal  Jadallah dell’Agenzia Stampa palestinese (WAFA) a Roma. L’intervista è stata rilasciata il 21 giugno 2007

 

Jamal cosa accadrà adesso?

 

In primo luogo bisogna chiarire un punto fondamentale, che la presidenza Palestinese non ha preso nessuna decisione di combattere o di affrontare la situazione in Gaza  militarmente, quindi, in verità, il colpo di stato è stato opera di alcuni gruppi e sottogruppi e clan  legati ad Hamas contro le strutture dell’Autorità Palestinese e non contro il movimento ALFATEH  che è presente tutta ora a Gaza.

 

In secondo luogo bisogna firmare immediatamente gli attacchi giornalieri del esercito di occupazione israeliana per dare la possibilità al popolo palestinese di smascherare questi gruppi di terroristi che hanno progettato tutto, anche di assassinare il presidente Abu Mazen, l’Autorità Palestinese non sarà in grado di applicare il piano di sicurezza se lo stato di Israele continua a non rispettare gli accordi.

 

Adesso tocca a Israele dire chiaramente quale è la sua risposta alla iniziativa araba e quale sono i confini di Israele per poter realmente entrare in processo di pace basato sul diritto e l’eguaglianza.

 

Salam Fayyad è l’uomo chiave?

 

L’uomo chiave è il presidente Abu Mazen  Il nuovo primo ministro incaricato da Abu Mazen ha dichiarato che farà tutto il possibile per garantire la sicurezza e l’unità nazionale in Palestina ma la vera chiave di cura di tutti i mali della regione sta nell’ Europa, il grande assente nel processo di pace tra israeliani e palestinesi.

Non possiamo dimenticare che Abu Mazen è sempre appoggiato dalla comunità internazionale ma cosa ha dato Israele per creare una possibilità di successo in tutti questi anni?

 

Il “Quartetto” (Lega araba, Russia, UE e USA) si è schierato, almeno a parole, dalla parte del presidente Abu Mazen. Il Segretario generale della Lega araba Amre Moussa ha dichiarato in una recente conferenza stampa che il presidente dell’Autorità palestinese ha pieni poteri di sciogliere il governo e revocare il primo Ministro. Ismail Haniye cederà alle pressioni internazionali?

 

Politicamente Hamas è sempre stato fuori dall’Autorità Palestinese. In questi ultimi giorni abbiamo sentito più di una voce da Hamas che dichiara la disponibilità per il dialogo con  l’Autorità Palestinese ma il presidente Abu Mazen ha rifiutato se non vengono presentate le scuse al popolo palestinese da parte di Hamas.

 

Quanto secondo Lei potrà essere risolutivo della crisi l’intervento di una forza multinazionale in Palestina? Il “Quartetto” che si riunisce la settimana prossima deciderà di inviare le truppe UN?

 

Precisiamo, una forza internazionale tra la Palestina e Israele per garantire e controllare i confini della linea verde tra le due parte è l’unica soluzione sottolineo  unica, per finire questo infinito conflitto tra israeliani e palestinesi e, qualsiasi proposta che va oltre non è altro che dichiarazioni per il consumo giornalistico. Nella Palestina occupata esiste un esercito israeliano che distrugge perfino l’attività giornaliera dei civili palestinesi quindi se non si ritira Israele dalla Palestina non sarà possibile applicare la legge e mettere  i criminali in prigione come in qualsiasi paesi.

 

Un’eventuale revoca dell’embargo economico potrebbe avere come contropartita il consenso di Hamas all’invio di truppe multinazionali?

 

Hamas ha già dichiarato che non accetta questa iniziativa di truppe multinazionale; non si sa nessun altro dettaglio su questa proposta, che sembra non adatta alla situazione e poi c’è un altro embargo su Hamas, quello politico.

 

Magdi Allam nell’editoriale del Corriere della Sera del 13 giugno ritiene che la vittoria militare di Hamas nella striscia di Gaza pregiudichi irrevocabilmente la realizzazione dell’ipotesi “due Stati per due popoli”. Qual è la sua opinione in proposito?

 

Lego spesso l’opinione del governo israeliano sulla pagine di questo giornale ma ai giornalisti esperti della questione mediorientale sanno bene che l’unico killer della ‘due popoli due stati ‘ è la politica dell’occupazione militare israeliana e il muro della vergogna. Ormai è chiaro a tutti che Israele è l’unica potenza nella regione e non Hamas. In Palestina manca il rispetto del diritto internazionale anzi questo diritto viene ucciso ogni giorno da parte dal esercito d’Israele, ma chi cerca di raccontare le pratiche delle forze di occupazione nei confronti del popolo palestinese, parlo sempre dei giornalisti, non potrà avere la prima pagina, quindi alcuni giornalisti sono disposti a tutto, anche copiare le idee degli altri, specialmente dei siti arabi.

 

Gli USA accusano l’Iran di usare una strategia di “proxy war” in Medio Oriente per acquisire sempre maggiore influenza a livello regionale, per questo fornisce oltre che aiuti finanziari anche armi a Hezbollah e Hamas. Quale è la posizione dell’Iran in un’ottica regionale e come si pone nei confronti della questione palestinese?

 

L’Iran cerca a tutti i costi di riavere il ruolo di una grande potenza nella regione come ai tempi dello SHAH, in più ha bisogno di un nemico per tenere la  società iraniana distinta degli altre società, come fa l’America. Quindi attacca Israele verbalmente quasi ogni giorno, ma la questione degli aiuti a Hamas non va oltre l’aiuto economico.

 

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