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filosofia & religione


N. 126 - Giugno 2018 (CLVII)

IL PENSIERO FILOSOFICO DI GIULIO CANNELLA

LA riflessione su erasmo da rotterdam - PARTE III
di Raffele Pisani

 

La pedagogia che scaturisce da una visione del mondo cristiana è, al pari della filosofia, argomento di studio di Canella, lo testimoniano pubblicazioni come: Nel campo degli studi pedagogici, del 1910, e L’insegnamento religioso nelle scuole di fronte alle esigenze didattiche, di un anno dopo.

 

Non mancano altri scritti, legati alla sua attività di direttore della Scuola normale (per la formazione dei maestri) di Verona, perlopiù relazioni di conferenze su problemi educativi.

 

Per ciò che riguarda scritti di altro argomento, negli anni in cui si discuteva sull’identità dello smemorato di Collegno, a firma di Canella apparvero altre pubblicazioni: Alla ricerca di me stesso - autodifesa, del 1930, e Lettere di un recluso, del 1931.

 

In Brasile dal 1933, colui che si proclamava Giulio Canella, che familiari e amici riconoscevano tale, ma che la giurisprudenza italiana negava, ebbe presto modo di apprendere il portoghese e di pubblicare alcuni scritti in quella lingua.

 

Nel 1936 a Rio de Janeiro sul Journal de Commercio apparvero a firma di Giulio Canella due articoli su Erasmo da Rotterdam, di cui ricorreva il quarto centenario della morte. Don Germano Alberti di Verona, che era venuto a conoscenza delle pubblicazioni, ne chiedeva il testo in italiano, poi venne l’idea di pubblicare un libro che riunisse e rielaborasse gli scritti già apparsi sul quotidiano.

 

La lunga malattia, fino alla morte avvenuta nel 1941, e poi le vicende della guerra impedirono che lo scritto vedesse la luce come libro, nel frattempo la traduzione era stata perduta. Il testo fu finalmente pubblicato nell’anno 1966, coincidente con il quinto centenario della nascita di Erasmo, con la traduzione di Rita Canella, la figlia maggiore del professore.

 

Il titolo, accompagnato da un lungo sottotitolo, fa comprendere quale sia il contenuto e lo scopo dell’opera: Erasmo da Rotterdam (1466-1536) Umanesimo e Cattolicismo e le grandi aspirazioni di pace e di concordia universale per la suprema difesa e riconquista dei valori umani e dei valori cristiani.

 

Il discorso su Erasmo, a parte l’introduzione e il racconto delle vicissitudini che hanno portato alla pubblicazione del libro, si svolge in poco meno di trenta pagine. Inizia con l’accennare i meriti della scolastica nel campo del procedere speculativo e nella sua funzione propedeutica alla pedagogia, disciplina che con l’umanesimo vide un grande sviluppo.

 

Di questo periodo riconosce il valore positivo della libertà di ricerca e quello di aver armonizzato gli elementi etici cristiani con quelli di altre radici culturali. Lo fa chiamando in causa un gran numero di esponenti della cultura umanistica, ma anche di quella precedente come l’imperatore Federico II, che potrebbe tutt’al più dirsi umanista ante litteram, ma allora ce ne sarebbero tanti altri.

 

Elenca poi i pensatori più importanti del Seicento e alcuni esponenti dell’Età dei Lumi. Tutto questo per ribadire che, se questi autori tanto hanno dato alla scienza, pure non sono riusciti a superare quella cultura elitaria che si compiace di se stessa e non incide sul popolo tutto, una cultura a suo dire, che «non ebbe né la fiamma, né la luce per illuminare il cammino e così infiammare il cuore umano».

 

Dopo questa veloce panoramica, si focalizza sulla figura di Erasmo, di cui delinea la vita e la formazione culturale e spirituale nella situazione storica dell’Europa tra il Quattrocento e il Cinquecento. L’elogio della pazzia è certamente l’opera principale che ha reso il pensatore olandese famoso nella storia.

 

Facendo parlare la pazzia personificata, usando ampiamente l’ironia e il paradosso, Erasmo metteva in evidenza i mali della chiesa: dalle discussioni capziose dei teologi scolastici alle pratiche superstiziose del popolo, arrivando anche a criticare la condotta di certi pontefici.

 

Il suo scopo comunque non era quello di essere irriverente, o peggio, sacrilego, bensì quello di correggere gli errori. Parla con ammirazione dei primi secoli del cristianesimo, che definisce aurei, e dei padri della chiesa che hanno contribuito con la loro scienza a gettare le basi della dottrina cristiana ma che egli esalta soprattutto per il loro esempio e le loro azioni mirabili.

 

Oltre che come autore de L’elogio della pazzia, Erasmo è visto come il precursore di una pedagogia che non si limita al bel parlare e alle buone maniere ma vuol far emergere lo spirito di libertà che è l’essenza dell’uomo. L’autore del saggio non spiega quanto Erasmo abbia influito ma constata che dopo la sua morte sono sorte nell’ambito della chiesa delle congregazioni, ma elenca anche degli ordini, esempio quello dei gesuiti, che avevano nelle loro finalità l’educazione dei giovani.

 

Chiama in causa anche Comenio che partendo dal noto detto latino: Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu, sostiene l’importanza dell’osservazione diretta delle cose, concezione che vedeva concordi Comenio ed Erasmo. Difende il valore di quest’ultimo contro chi ne vedeva solo l’aspetto ironico e dissacrante, mettendo in evidenza il suo sincero impegno per l’unità della chiesa, come dimostrano le sue azioni e i suoi scritti.

 

Le debolezze e le titubanze che talvolta l’avrebbero caratterizzato non intaccano la sua statura morale e culturale: «È necessario stabilire davanti a tutto il mondo la nobile figura morale e religiosa di Erasmo. È necessario impedire tutte le insinuazioni, specialmente quella dell’ambiguità, e tutte le critiche ingiuste e superficiali».

 

Visto che l’autore del presente saggio, a rigor di legge, non si può dire sia Giulio Canella, non sarebbe inutile una qualche considerazione sul rapporto tra scrittore e opera. Si dice che ogni biografia contenga elementi autobiografici, in effetti, sia Erasmo sia l’autore dello scritto che lo riguarda non sarebbero considerati per quello che sono, il primo perché ne è stata travisata l’intenzione, tesa a unire i cristiani nella concordia e vista invece come fomentatrice di discordie, il secondo, certamente in maniera più radicale, perché ne è stata messa in discussione l’identità personale.

 

Notiamo analogie e differenze tra gli scritti del professor Canella, prima dell’amnesia e quest’ultima opera?

 

L’interesse per i temi filosofici, teologici e pedagogici è certamente un elemento di continuità, anche la difesa dell’opera di un pensatore, Guglielmo d’Occam prima, Erasmo da Rotterdam ora, confermano questa linea. Inoltre, sia gli scritti sui pensatori suddetti sia i suoi interventi a favore della criteriologia mirano a definire un pensiero che esprima l’unità e l’armonia della chiesa, quella del Medioevo e dell’Umanesimo come quella attuale al tempo in cui scriveva.

 

Diverso pare invece il procedere argomentativo: lento, rigoroso, denso di concetti il primo, alquanto semplificato, rapsodico e, verrebbe da dire, talvolta impreciso, il secondo. La stessa data di nascita di Erasmo indicata nel titolo appare nella presentazione, di Germano Alberti, con un punto interrogativo, mentre più avanti nel testo c’è addirittura un anno diverso. È pur vero che la nascita di Erasmo è indicata dalle varie biografie con un certo margine d’incertezza, ma ci si sarebbe aspettato da uno studioso puntuale quale era il professor Canella, quantomeno un chiarimento.

 

Nella trattazione di Occam e della criteriologia Canella fa riferimenti e confronti dettagliati e puntuali con molti studiosi, cosa quasi assente nel discorso su Erasmo. Qui viene solo citato brevemente Stefan Zweig, che degli anni Trenta aveva scritto una importante biografia intitolata appunto Erasmo da Rotterdam, e si dice d’accordo con lui sul fatto che Erasmo non è colui che «pose l’uovo della Riforma e Lutero covò», come avrebbero affermato alcuni teologi del secolo XVI, senza peraltro documentare adeguatamente.

Ciò che più sorprende è che gli stessi riferimenti puntuali e lo stesso rigore argomentativo si ritrovano anche nella lunga Lettera aperta di Giulio Canella a Padre Agostino Gemelli, spedita da Rio de Janeiro nel 1935. Essa è pressoché coeva agli articoli su Erasmo da Rotterdam, che poi daranno origine al saggio di cui abbiamo detto sopra.

 

E ancora, questo denota una maggiore sensibilità riguardo la fragilità umana, quando trattava la filosofia medievale tomista e occamista, lo stesso discorso vale per la criteriologia, il pensiero pareva procedere attraversando una mente ben funzionante, nei limiti naturalmente della natura umana decaduta per il peccato originale. Quando parla di Erasmo si colloca invece nell’esistenza concreta di un uomo con i suoi limiti e con le sue debolezze psichiche e fisiche.

 

Se pensiamo ai grandi filosofi del Novecento, notiamo in alcuni casi dei cambiamenti radicali nel corso della loro esistenza e del pensiero che li caratterizza.

 

A titolo di esempio possiamo ricordare Il Sartre de La nausea da contrapporre a quello engagé, che comincia negli anni del secondo conflitto mondiale; il primo Wittgenstein, quello de Tractatus logico-philosophicus e quello delle Ricerche filosofiche, oppure l’Heidegger de L’essere e tempo e quello della svolta.

 

Anche semplicemente invecchiare porta dei cambiamenti nel modo di pensare e di esprimersi: scrivere da ventenni o tre quattro decenni dopo non è la stessa cosa, quand’anche l’argomento fosse lo stesso; nel presente caso però l’interrogativo si pone su di un altro piano.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Canella G., Il nominalismo e Guglielmo d’Occam, Libreria editrice fiorentina, Firenze 1907.

Canella G., Il punto di partenza nel problema criteriologico, Tipografia Ed. Artigianelli, Monza 1908.

Canella G., Rivista di filosofia neo-scolastica, nn. 1-2-3 (1909); n. 1 (1910), Libreria editrice fiorentina, Firenze.

Canella G., Erasmo da Rotterdam, Tipografia Schioppetto, Verona 1966.



 

 

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