.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

filosofia & religione


N. 125 - Maggio 2018 (CLVI)

Il pensiero filosofico di giulio cannella

la ricerca del fondamento - Parte II
di Raffele Pisani

 

Già nel 1908 aveva pubblicato ne La scuola cattolica, uno scritto intitolato il punto di partenza nel problema criteriologico, con il quale intendeva dimostrare come la ricerca dell’oggettività non si potesse limitare all’analisi del valore dei nostri mezzi conoscitivi ma dovesse in primo luogo considerare le conoscenze stesse. Tesi che l’autore riteneva premessa fondamentale di quanto avrebbe esplicitato più diffusamente un anno dopo.

 

Nel primo numero della Rivista di filosofia neo-scolastica (gennaio 1909) Canella riprende ad affrontare il problema criteriologico sulla scia della Critériologie générale del cardinale, titolare della cattedra di filosofia a Lovanio, Désiré Mercier.

 

Nell’articolo intitolato: Gli elementi di fatto per la soluzione del problema criteriologico fondamentale, fa notare che «la certezza dell’oggettività di quelle fra le nostre conoscenze che realmente esprimono una legge universale (...) è così radicata nella mente di moltissimi che porla in dubbio può perfino risultare del tutto ozioso e bizantinesco»; è la situazione storica presente, caratterizzata da uno scetticismo di fondo, che rende necessario riprenderla.

 

Bisogna quindi elaborare un metodo che, superando tutte le possibili obiezioni scettiche, riporti a quella conoscenza oggettiva che la filosofia moderna ha messo da parte. Gli elementi di fatto che il titolo recita partono dalla constatazione dell’esistenza degli atti di riflessione, dei concetti e delle sensazioni.

 

È un modo che va per così dire dall’interno all’esterno, dal pensante alla realtà pensata esistente al di fuori del soggetto, che è appunto quella che si vuole dimostrare. Si tratta di una riflessione che intende far tesoro della scolastica medievale ma che vuole altresì confrontarsi con la filosofia moderna, senza rifiuti aprioristici.

 

Il punto di partenza necessario è il dubbio, che egli chiama dogmatico razionale, concetto al quale Mercier dedica un intero capito della sua Critériologie, per opporlo al dubbio scettico che nega a priori ogni possibilità di soluzione. Questa concezione ritiene « possibile una certezza riflessa scientifica dell’oggettività».

 

 L’argomentazione è molto sottile e chiaramente scolastica, l’atto di riflessione è così evidente che neanche lo scettico lo può negare, ma così essendo si ammette una potenza reale, uno spirito libero che lo esercita e un principio di causa, tutto ciò contrasta con la posizione di partenza, necessariamente dubitativa.

 

Così argomenta Canella, come chi vuol leggere di notte si avvale della luce di una lampadina senza sapere le leggi fisiche che permettono questo, così chi cerca i fondamenti del vero parte dalla constatazione dell’atto di riflessione, prescindendo, in un primo momento, dalla causa che lo produce.

 

Ma come si arriva a questa base di oggettività da cui potranno poi partire le varie piste di ricerca: cosmologiche, antropologiche e teologiche? La psicologia certamente aiuta, essa per così dire spazza via gli ostacoli che si frappongono al procedere della ricerca, ma non si sostituisce ad essa. La mente umana nella sua normale esperienza possiede un grande bagaglio di dati più o meno chiari sui quali non può far affidamento per una solida conoscenza, ecco allora che «Il pensatore incomincia scegliendo due di quei concetti generalissimi che formano, confrontati insieme, uno dei principi dell’ordine ideale, e li unisce nuovamente, e ne osserva il rapporto».

 

Anche se il discorso risulta piuttosto difficile, si può affermare che la certezza metafisica della base della realtà oggettiva risulta dal rapporto di due concetti che l’atto di riflessione coglie. Non c’è bisogno di dimostrare niente, a parere dell’autore, in quanto la realtà s’impone per via d’evidenza, il discorso sarebbe solo una dilucidazione.

 

Così si esprime: “Quando due concetti sono presenti allo spirito e la riflessione li osserva, subitamente, e quasi per virtù propria, il rapporto corrente si manifesta, e la mente non fa che constatarne la verità o falsità”.Una volta che la mente umana ha raggiunto attraverso un percorso individuale questa certezza basilare potrà procedere con sicurezza nel cammino del sapere oggettivamente fondato.

 

Sul rapporto fra certezza e verità esprime il suo punto di vista ed esplica ulteriormente il problema nel secondo numero della Rivista di filosofia neo-scolastica (aprile 1909) in riferimento ad un articolo dello psicologo francese George Fonsegrive intitolato Certezza e verità, pubblicato dalla Revue de Philosophie de la France et de l’Étranger.

 

È d’accodo sulla distinzione fra certezza in se stessa e certezza della verità, bisogna infatti distinguere una certezza psicologica che ci fa dire semplicemente: questo è vero, da una logica che va oltre e ci fa dire che in contrario di quello che abbiamo preso per vero non può essere, ma quest’ultima vale solo per le scienze formali.

 

Quella metafisica invece è quella certezza che, facendo proprio i procedimento logico, giunge a pensare una realtà che è distinta dall’io pensante. Ed è proprio su questo campo che il discorso di Fonsegrive non trova sbocco, esso, a parere di Canella, non arriva nemmeno a concepire per le nostre conoscenze un substrato reale distinto dal soggetto, anche se inconoscibile, questo sarebbe il fenomenismo.

 

Egli rimane chiuso nell’immanenza del soggetto. La via da percorrere, ci tiene a precisare è un’altra, quella delineata dalla Criteriologia generale del cardinal Mercier.

 

Il discorso prosegue in un numero successivo della rivista, sempre dell’anno 1909, dove viene riportata la prova psicologica di Fonsegrive del principio di causalità che Canella contesta.

 

È abbastanza chiaro che non potesse accettarla, pensando a quanto aveva detto a proposito della psicologia nel discorso su Gli elementi di fatto per la soluzione del problema criteriologico fondamentale; in effetti non si può passare dalla psicologia, per quanto acuta sia l’analisi, come conviene che sia quella di Fonsegrive, alla metafisica.

 

Il pensatore francese rimarrebbe quindi chiuso nel soggettivismo, o subbiettivismo, come è detto nel testo, nonostante creda di cogliere il mondo esterno con il sentimento del reale.     

 

Canella apprezza questo tipo di argomentazioni psicologiche che darebbero comunque una sorta di conforto e di conferma, ma niente più. La via d’uscita è un’altra quella , è quella di cui abbiamo detto poco sopra, vale a dire, la proposizione analitica intesa nel senso Scolastico.

 

Essa così recita: «Un giudizio è analitico tutte le volte che, considerando, oppure analizzando il soggetto e il predicato nella loro essenza e nelle loro proprietà, lo spirito giunge a scoprire tra gli elementi considerati o analizzati una connessione necessaria».

 

Lo spiega affermando che molte proposizioni matematiche e metafisiche aggiungono qualcosa di nuovo al soggetto, quindi non sono analitiche in senso kantiano, anche se sono caratterizzate dall’universalità e dalla necessità.

 

Non dipendono dall’esperienza per cui non possono dirsi sintetiche, vengono infatti definite: proposizioni, o meglio, giudizi analitici in senso scolastico. Il valore ontologico del principio di causalità trova giustificazione secondo Canella proprio grazie alla validità di questi giudizi.

 

A chi avanza ancora qualche dubbio (Rivista di filosofia neo-scolastica, febbraio 1910) sulla verità dei giudizi in ordine alla realtà, a chi dice che « Il principio di causalità assicura solo l’esistenza di un oggetto, non della conformità del nostro concetto con il medesimo» risponde che si tratta di «un punto ancora molto oscuro nella soluzione dei problemi criteriologici».

 

È bel coscio che le ricerche sulla questione ancora aperta devono continuare, come conviene stiano effettivamente facendo, e devono costituire un lavoro da compiere insieme.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.