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N. 139 - Luglio 2019 (CLXX)

il monumento a GIORDANO BRUNO a campo de' fiori

genesi dell'iniziativa - parte iI

di Giorgio Giannini

 

Il 30 aprile 1888 fu discussa in Consiglio Comunale, in un’aula gremita di pubblico, la mozione dei Consiglieri Alfredo Baccarini (esponente della Sinistra) e Onorato Caetani (esponente della Destra) per concedere l’area di Campo de’Fiori per il monumento a Bruno. Il Sindaco Guiccioli dichiarò di essere contrario alla trattazione dell’argomento perché avrebbe provocato ‘acerbe discussioni di ordine filosofico-religioso’ mentre il Consiglio Comunale era una ‘assemblea di carattere puramente amministrativo’. Poiché il pubblico presente era sempre più tumultuoso, il Sindaco ordinò di sgomberare l’aula. Poiché molti avevano rifiutato di uscire, sospese la seduta del Consiglio.

 

Il 4 maggio 1888 circa 400 studenti si riunirono nella sede della Società dei Reduci e poi si recarono in corteo al Pincio, dove furono poste delle corone davanti al busto di Bruno e il Prof. Arturo Labriola tenne un discorso, incitando a continuare la lotta per l’erezione del monumento a Campo de’ Fiori.

 

L’11 maggio 1888 si tenne la nuova seduta del Consiglio Comunale e la mozione Baccarini – Caetani fu respinta con 29 voti a favore e 36 contrari. Il Sindaco Guiccioli votò a favore per opportunismo politico.

 

Poiché i presenti avevano inveito con urla e fischi dopo la proclamazione del risultato della votazione, il Sindaco fece sgomberare l’Aula. Circa 300 persone rimasero a manifestare sulla Piazza del Campidoglio contro i clericali dell’Unione Romana finché l’assembramento fu sciolto dalla polizia. Quindi i manifestanti si recarono in corteo a Campo de’ Fiori, dove la manifestazione si sciolse.

 

Il Comune di Roma concede l’area per il monumento in Campo de’ Fiori

 

Contro la decisione del Consiglio Comunale ci fu una vasta campagna che produsse il risultato di unire tutti i partiti liberali, i quali, per la prima volta, costituirono un’unica lista elettorale per le elezioni parziali del 17 giugno 1888. La campagna elettorale fu incentrata sulla concessione o meno dell’area per il monumento a Bruno in Campo de’ Fiori, sicché la votazione per il rinnovo del Consiglio Comunale diventò un referendum popolare a favore o contro il monumento. La Lista liberale riportò una vittoria schiacciante e ci fu una grande manifestazione a Campo de’ Fiori, dove Bruno fu proclamato vincitore delle elezioni.

 

Il 5 dicembre 1888 la Giunta decise all’unanimità di concedere l’area in Campo de’ Fiori. Il 10 dicembre il Consiglio Comunale, alla presenza di un folto pubblico, esaminò la proposta che fu approvata con 36 voti favorevoli e 13 contrari. I presenti nell’aula accolsero l’esito della votazione con un boato di giubilo. Seguì una manifestazione in Campo de’ Fiori, da dove partì un corteo spontaneo che percorse la città.

 

La realizzazione del monumento

 

Il 21 gennaio 1889 la Deputazione Provinciale di Roma approvò la Delibera comunale. Si passò quindi alla fase esecutiva per l’erezione del monumento a Bruno. Il 22 gennaio alcuni dirigenti del Comitato, tra i quali Ettore Ferrari, effettuarono un sopralluogo a Campo de’ Fiori per stabilire dove collocare il monumento. Ferrari scelse il punto della Piazza che separa i due tratti di Via de’ Baullari.  

 

Intanto, gli studenti universitari decisero di deporre, il 17 febbraio 1889, anniversario del martirio di Bruno, una corona di fiori sul suo busto al Pincio, ma le autorità vietarono la cerimonia.

 

Il 19 febbraio il Comitato si recò in Campo de’ Fiori con Ferrari e con un ingegnere comunale per prendere gli ultimi accordi per l’erezione del monumento, la cui ubicazione era cambiata due volte. Infatti, nella domanda presentata dal Comitato al Comune il 18 giugno 1886, il monumento era posto sul tratto di Via dei Baullari che attraversa Campo de’ Fiori. In questo modo, la statua si poteva vedere sia da Piazza Farnese che da Piazza San Pantaleo (Corso Vittorio). Però, poiché questa collocazione non era opportuna per motivi di viabilità, il Comitato propose di spostare la collocazione del monumento sul lato della Piazza vicino a Via dei Giubbonari, nel luogo in cui si tenne il rogo il 17 febbraio 1600.

 

In seguito, si decise lo spostamento del monumento al centro della Piazza e se ne modificò l’orientamento che comportò una nuova rappresentazione iconografica di Bruno. Infatti, nel progetto originario Bruno era rappresentato mentre cammina, con lo sguardo rivolto in avanti e le mani che reggono un libro: si voleva rappresentarlo mentre attraversa la Piazza per dirigersi verso il luogo dell’esecuzione. Collocando la statua al centro della Piazza, poiché non si poteva più modificare il suo atteggiamento, dato che il gesso per la fusione era pronto dal gennaio del 1887, si decise di ribaltare la statua, in modo che Bruno guardasse non più verso il rogo, ma verso il Vaticano.

 

Il 20 febbraio 1889 l’area prescelta fu delimitata e il 21 febbraio iniziarono i lavori. Alla fine di marzo 1889 il Comitato fissò l’inaugurazione del monumento per il 9 giugno, domenica di Pentecoste.

 

Il 4 aprile 1889 si tenne una affollata assemblea al Teatro Quirino, per stabilire il programma della cerimonia. Furono invitati a partecipare all’inaugurazione del monumento tutti i Comuni italiani, nei quali l’invito produsse accesi dibattiti. Il Comitato invitò a partecipare all’inaugurazione e a far parte del Comitato d’Onore il Sindaco Guiccioli, che però dichiarò che il Comune non poteva intervenire in forma ufficiale alla cerimonia se non facevano altrettanto il Governo e le due Camere.

 

Il 6 aprile 1889 il Presidente del Consiglio Crispi comunicò al Comitato che egli non avrebbe partecipato alla cerimonia, deludendo molto i liberali. Crispi si attivò comunque per favorire la partecipazione alla cerimonia di alcuni Ministri e del Sindaco di Roma, al quale ordinò di partecipare all’inaugurazione del monumento.

 

Il primo giugno la Camera approvò la partecipazione alla cerimonia dei Deputati del Collegio di Roma I. Il Senato, invece, decise, con due soli voti di maggioranza, di non farsi rappresentare ufficialmente alla cerimonia.

 

Il 4 giugno 1889 la Giunta Comunale decise di partecipare ufficialmente alla cerimonia e di sostenere finanziariamente il programma dei festeggiamenti. Intanto gli ambienti clericali si erano mobilitati. Il 16 maggio la Società primaria romana per gli interessi cattolici pubblicò sul giornale La Voce della Verità un ‘Appello a tutti i cattolici d’Italia’ perché protestassero contro l’inaugurazione del monumento. La stessa cosa fece il quotidiano vaticano L'Osservatore Romano.

 

Il 24 maggio 1889 si tenne un Concistoro, durante il quale il Papa Leone XIII accusò le autorità governative di eccitare l’opinione pubblica romana contro “la sacra potestà della Sede Apostolica”. La stampa clericale pubblicizzò con molta enfasi la posizione del Papa. Nel contempo apparvero articoli che annunciavano il verificarsi di catastrofi naturali, ritenute connesse all’inaugurazione del monumento.

 

All’inizio di giugno molti aristocratici romani lasciarono Roma, sia in segno di protesta, sia perché temevano l’esplodere di violenze tra i sostenitori delle opposte fazioni, a favore e contro il monumento. Al riguardo Crispi comunicò al Comitato che sarebbe stato ritenuto responsabile per gli incidenti che si sarebbero verificati.

 

L’8 giugno 1889 fu pubblicato un manifesto con il programma dei festeggiamenti per le ‘feste bruniane’, che sarebbero durate fino alla sera dell’undici giugno.

 

L’inaugurazione del monumento

 

La mattina dell’otto giugno 1899 si tenne al Palazzo delle Esposizioni, in Via Nazionale, una conferenza sulla vita e sulle opere di Giordano Bruno.

 

La mattina del nove giugno, domenica e festa di Pentecoste, giunsero alla stazione Termini i manifestanti, provenienti da tutto il Paese. Verso le ore 9 si mosse il corteo al suono degli inni di Mameli e di Garibaldi. In testa c’erano, in ordine, i reduci garibaldini, i docenti dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ e delle altre Università italiane e straniere, gli studenti universitari, romani e delle altre città, i rappresentanti del Comune di Nola, le delegazioni di circa 80 Logge massoniche, i rappresentanti del Grande Oriente d’Italia con in testa l’onorevole e massone Giovanni Bovio, i delegati di Provincie e di Comuni, i rappresentanti di centinaia di associazioni laiche e di mutuo soccorso.

 

La testa del corteo arrivò a Campo de’ Fiori verso le ore 10,30. Sulla tribuna d’onore, allestita vicino al monumento, c’erano i membri del Comitato, i rappresentanti della Camera dei Deputati e del Comune di Roma, un centinaio di altri Deputati e alcuni Senatori, a titolo personale.

 

Quando la coda del corteo, verso le 11, entrò nella Piazza, ormai piena, la musica cessò; quindi dopo un suono di tromba, il drappo che copriva il monumento cadde, scoprendo la statua in bronzo di Bruno e la folla emise grida di giubilo.

 

L’avv. Luigi Basso, in rappresentanza del Comitato, lesse l’atto di consegna del monumento alla città e poi lo consegnò al Sindaco Guiccioli che ringraziò. Quindi fu firmato l’atto di consegna di cui fu redatto un verbale notarile. Prese la parola il Sindaco di Nola e poi l’On. Giovanni Bovio per il discorso ufficiale, la cui alta orazione restò scolpita nei cuori di tutti gli astanti. In particolare disse: «Reca dolore al Papato meno il 20 settembre che il 9 giugno: quella data fu una conclusione, questa è un principio di un'altra età».

 

Quindi sfilarono davanti al monumento tutte le varie rappresentanze, deponendo corone di fiori. Successivamente si formò un corteo. Quando giunse nelle vicinanze del Vaticano i partecipanti gridarono: «Abbasso il Papa». Il corteo raggiunse quindi il Campidoglio, dove furono deposte corone di fiori sotto il busto di Garibaldi e parlò l’On. Matteo Renato Imbriani.

 

La sera in Campo de’ Fiori si tenne una rappresentazione teatrale e uno spettacolo pirotecnico. Tutte le manifestazioni si svolsero pacificamente.

 

Il 9 giugno Crispi espresse a Bovio le sue congratulazioni e quelle del Re. Lunedì 10 giugno, in un discorso alla Camera, Crispi lanciò un attacco contro la Santa Sede, considerata fra i nemici dell’Italia. Martedi 11 giugno si tenne all’Università ‘La Sapienza’ una conferenza di Giovanni Bovio su Il Pensiero Etico da Bruno a Dante.

 

Altre manifestazioni in onore di Bruno si svolsero in numerose città italiane. Gli ambienti massonici internazionali fecero pervenire al Grande Oriente d’Italia adesioni e rallegramenti per l’iniziativa.

 

Le reazioni del pontefice

 

Naturalmente, l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno indignò il Vaticano. Il Papa Leone XIII (Gioacchino Pecci), il 9 giugno, trascorse molte ore in preghiera e in digiuno, inginocchiato davanti alla statua di S. Pietro, nella Basilica Vaticana.

 

Il 29 giugno, furono organizzate in tutte le chiese cerimonie di riparazione contro il “sacrilegio” compiuto il 9 giugno, culminate in una solenne benedizione eucaristica celebrata dal Papa nella Basilica Vaticana, alla quale parteciparono tutti gli esponenti dell’Aristocrazia nera.

Il 30 giugno i Cardinali furono convocati in un Concistoro Straordinario. Molti pensarono che il Papa volesse comunicare al Sacro Collegio la propria intenzione di lasciare la città. Invece Leone XIII, nella sua Allocuzione Quod super, protestò fermamente per l’oltraggio subito e denunciò nell’erezione del monumento l’atto simbolico di “una lotta a oltranza contro la religione cattolica”. Attaccò duramente Bruno, accusato di essere “doppiamente apostata”, di non possedere “un sapere scientifico rilevante” e di aver avuto “stravaganze di debolezza e di corruzione”.

 

In particolare disse: «Di fronte a sì indegni attentati Noi, posti a capo di tutto il gregge di Gesù Cristo, custodi e vindici della Religione, protestiamo altamente e per lo sfregio che Roma ha patito e per l'oltraggio ignominioso della santità della sede cristiana, e con la voce della più alta riprovazione denunziamo al mondo cattolico il sacrilego fatto».

 

Denunciò inoltre la violazione della Legge delle Guarentigie del 1871. Si appellò quindi al mondo cattolico internazionale, affermando che era in pericolo la sua stessa persona. In Vaticano si sparse così la voce della possibilità che il Pontefice abbandonasse Roma. La notizia si diffuse rapidamente e produsse grande impressione all'estero, specialmente in Francia dove da qualche tempo si pensava di risollevare la ‘questione romana’. Infatti, il Governo francese autorizzò l’ambasciatore presso la Santa Sede, Lefebre de Bèhaine, "a promettere a Leone XIII che la Francia assumeva su di sé la soluzione della questione romana se egli avesse abbandonato Roma".

 

La voce della partenza del Pontefice preoccupò molto anche il Capo del Governo Crispi, perché si temeva un'azione militare della Francia contro l'Italia, come al tempo della Repubblica Romana nella primavera 1849. Ripercussioni negative si ebbero anche nella Borsa di Roma.  

 

Invece, il Papa, ricevette poca solidarietà dai Governi europei, che si limitarono a esprimere il proprio cordoglio, senza però protestare nei confronti del Governo Italiano, anche perché non era implicato ufficialmente nella realizzazione del monumento a Bruno.

 

Nel numero del 6 luglio 1889, la rivista dei Gesuiti Civiltà Cattolica scrisse che l’inaugurazione del monumento rappresentava il trionfo dei “rabbi della Sinagoga, degli archimandriti della massoneria”, e che la Piazza doveva chiamarsi “Campo Maledetto; formulò anche l’auspicio che il monumento fosse rimosso al più presto e che al suo posto fosse eretta “una Cappella di espiazione al Cuore Santissimo di Gesù”.

 

L’iconografia del monumento

 

Il Comitato aveva deciso di raffigurare negli otto medaglioni del basamento della statua i seguenti martiri del libero pensiero: Jean Huss, John Wycliff, Michele Serveto, Aonio Paleario, Giulio Cesare Vanini, Erasmo da Rotterdam, Tommaso Campanella e Paolo Sarpi. Metà italiani e metà stranieri, a dimostrazione del carattere internazionale del monumento.

 

La disposizione degli otto martiri segue uno schema tematico e cronologico: sul lato nord, sopra la rappresentazione di Bruno sul rogo, sono raffigurati i critici della Chiesa che hanno preceduto la Riforma (John Wycliff e Jean Huss); sul lato est, sopra la rappresentazione di Bruno davanti al Sant’Uffizio, sono rappresentati gli esponenti della critica umanistica alle teorie della Chiesa (Aonio Paleario e Michele Serveto); sul lato sud, sopra la rappresentazione di Bruno a Oxford, sono raffigurati i convertiti al Protestantesimo (Erasmo da Rotterdam e Giulio Cesare Vanini); sul lato ovest, posto nella facciata anteriore del monumento, dove c’è l’iscrizione di Bovio, sono raffigurati i sostenitori di una Chiesa democratica (Campanella e Sarpi).

 

L’ordine cronologico è riferito non all’anno della nascita bensì a quello del loro conflitto con la Chiesa. In questo modo i medaglioni rappresentano non tanto i personaggi rappresentati, quanto le battaglie da loro condotte contro l’intolleranza religiosa, per la libertà di pensiero.

 

Anche i tre bassorilievi furono modificati. Nel progetto finale sono rappresentati tre momenti della vita di Bruno: scompare Bruno che studia il Sistema Copernicano e ritorna Bruno sul rogo. Il primo bassorilievo cambia il titolo. Infatti nella versione del 1886 era Bruno che insegna all’Università di Oxford; in quella definitiva diventa Bruno all’Università di Oxford, per mettere in evidenza non tanto il Bruno accademico, che illustra le sue teorie, quanto il rivoluzionario che illustra le sue idee. Il secondo bassorilievo, che raffigura la Condanna del Sant’Uffizio, presente in tutti i progetti, rappresenta Bruno che dice ai giudici, che hanno appena pronunciato la sentenza di condanna, la famosa frase: «Voi profferite contro di me la sentenza forse con maggiore timore, di quanto abbia io nel riceverla». Il terzo bassorilievo, che raffigura Bruno sul rogo, è simile a quello del Martirio di Huss, presente nel primo progetto del 1885.

 

Sull’ultimo lato del basamento c’è la lastra di bronzo con la dedica scritta da Giovanni Bovio: 9 giugno 1889 - A Bruno – il secolo da lui divinato – qui – dove il rogo arse – auspice la gioventù dell'ateneo di Roma – concorrenti le nazioni civili.

 

Nel 1929, dopo la firma dei Patti Lateranensi, i giornali e gli ambienti cattolici sollecitarono la rimozione del monumento, che però non fu attuata. Nel 1930 fu approvata la legge che istituiva come giorno di festa l’11 febbraio, ricorrenza dei Patti Lateranensi, in sostituzione del XX settembre, stabilito da una legge del 1895.

 

In Campo de Fiori il 17 febbraio di ogni anno, anniversario della morte sul rogo di Giordano Bruno, si tiene una solenne cerimonia, con il patrocinio del Comune, con grande partecipazione di pubblico.



 

 

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