[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

175 / LUGLIO 2022 (CCVI)


contemporanea

LA GEOGRAFIA DEL GAS
TRA CRISI INTERNAZIONALE E TRANSIZIONE ECOLOGICA / PARTE VII

di Leila Tavi

 

Nella geopolitica del gas il Turkmenistan gioca un ruolo chiave. Situato sulla sponda orientale del Mar Caspio, è un'ex repubblica sovietica con poche relazioni diplomatiche. Il Paese dispone di grandi risorse di gas naturale, la maggior parte delle cui esportazioni sono destinate alla società russa Gazprom. Nel 2021 la Russia ha quasi raddoppiato le importazioni di gas dal Turkmenistan rispetto al 2020, ovvero 10 miliardi di metri cubi (353 miliardi di piedi cubi).

 

Sebbene la Russia importi grandi quantità di gas dal Turkmenistan, quest’ultimo esercita un ruolo molto marginale all’interno delle relazioni politico-militari tra Russia e Asia Centrale. Ashgabat è membro associato della Comunità degli Stati indipendenti, ma non fa parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) ed è soltanto un osservatore dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS).

 

Il Turkmenistan è un classico rentier state (Stato redditiere), che dipende dalle entrate derivanti dalla rendite del gas in primis e poi del petrolio, oltre che dalla produzione di cotone. Il settore petrolifero del Turkmenistan è meno attrattivo di quello dell'Azerbaigian e del Kazakistan. Tra i tre Stati è quello con le minori riserve di petrolio verificate e la più bassa produzione all’anno. Per quanto riguarda la produzione del cotone, invece, i braccianti lavorano in pessime condizioni. Secondo un  rapporto sul raccolto di cotone del 2021 in Turkmenistan pubblicato questo mese da Turkmen.news e da Turkmen Initiative for Human Rights (che hanno entrambi aderito all’iniziativa Cotton Campaign), il lavoro forzato per la raccolta del cotone da parte addirittura di dipendenti del settore pubblico sarebbe stato nel 2021 "diffuso e sistematico".

 

 

Secondo l'AIE il Turkmenistan dipende dal gas naturale per l'80% delle forniture di energia primaria. Circa il 55% dell'energia elettrica generata nel Paese è destinato a uso industriale, mentre il resto è in gran parte assorbito dall'uso domestico. L'attuale consumo interno di gas è di circa 10 Bcm all'anno.

 

Nel mese di dicembre 2021 il Turkmenistan ha esportato 35.200.000 milioni di metri cubi di gas naturale, con un aumento di 2.640.000 milioni di metri cubi rispetto allo stesso mese del 2020, in cui sono state registrate esportazioni di gas per 32.560.000 milioni di metri cubi. La media annuale delle esportazioni tra il 1996 e il 2021 è stata di 36.925.000 milioni di metri cubi, con un un massimo storico di 55.800,000 milioni di metri cubi nel 2008 e un minimo storico di 1.750,000 milioni di metri cubi nel 1998, dovuto alle controversie con la Russia su pagamenti e prezzi.

 

In termini di riserve il Paese disponeva nel 2017 di 265 trilioni di piedi cubi (Tcf) di riserve accertate di gas, classificandosi al 6° posto nel mondo e rappresentando circa il 4% delle riserve totali di gas naturale del mondo, pari a 6.923 Tcf. Il Turkmenistan ha al momento riserve accertate equivalenti a 190,9 volte il suo consumo annuale. Ciò significa che ha ancora circa 185 anni di gas (ai livelli di consumo attuali ed escludendo le riserve non verificate).

 

Tale disponibilità di gas naturale ha conseguenze sia positive che negative per il Turkmenistan. Le conseguenze negative derivano soprattutto dal fenomeno denominato resource curse (maledizione delle risorse), per cui i Paesi e le regioni con un'abbondanza di risorse naturali, in particolare di risorse non rinnovabili come minerali e combustibili, tendono ad avere minore crescita economica e peggiore sviluppo rispetto ai Paesi con meno risorse naturali. In conseguenza di ciò, chi controlla le rendite delle risorse ha de facto il controllo del Turkmenistan, impedendo un normale sviluppo democratico della società civile. Il basso tasso di disoccupazione è il risultato di molti lavoratori che percepiscono uno stipendio governativo per lavori relativamente irrilevanti, soltanto perché hanno stretti legami con l’establishment. Questo tipo di occupazione non porta crescita economica, lasciando il Paese esposto a rischi speculativi da parte di altri Paesi in relazione alla principale risorsa, rappresentata dal gas naturale. Questa alterazione del mercato del lavoro ha causato un alto tasso di disoccupazione giovanile e una riduzione della competitività della forza lavoro.

 

Per quanto riguarda gli aspetti positivi del fiorente mercato del gas in Turkmenistan va evidenziato che il Paese ha un debito nazionale molto basso, grazie alle tasse incassate con l’esportazione di gas, le cui rendite permettono al Turkmenistan di investire in spesa pubblica, in particolar modo in programmi sociali, come l’assistenza sanitaria statale, che ha contribuito a diminuire l’alto tasso di mortalità infantile. 

 

Nonostante gli sforzi fatti per investire i proventi del gas in riforme sociali, il Turkmenistan, così come il Tagikistan e l'Uzbekistan, non è ancora diventato una vera e propria economia di mercato, mentre il Kazakistan e il Kyrgyzstan hanno intrapreso importanti riforme economiche. Infatti, benché disponga di vaste risorse di petrolio e gas naturale, il Turkmenistan non è un attore importante nei mercati energetici, a causa della mancanza di infrastrutture, che ne limita le capacità di esportazione.

 

Negli ultimi anni il Paese, che è stato incluso nella Belt and Road Initiative, ha aumentato gli investimenti per sviluppare le proprie riserve ed esportare più gas naturale verso Paesi come la Cina. A inizio 2020 è stato inaugurato il gasdotto Sampede-Lunnan, che trasporta il gas turkmeno nella provincia cinese dello Xinjiang senza passare dalla Russia, come prova dell’aumentata influenza della Cina in Asia Centrale. A seguito della costruzione del gasdotto Asia Centrale-Cina alla fine degli anni 2000, nell’ambito dell’ambizioso progetto della Nuova Via della Seta, la Russia ha perso infatti influenza nella regione, anche se a partire dal 2019 le relazioni diplomatiche ed economiche tra Russia e Turkmenistan si sono rinsaldate.

 

Nel 2021 il Turkmenistan ha venduto alla Cina il 70% del totale delle importazioni di gas naturale (circa 40 miliardi di metri cubi all’anno), ma la Nuova Via della Seta potrebbe diventare per il Paese una sorta di colonizzazione economica. Per ridurre, inoltre, la dipendenza dalla Russia come paese di transito e/o di importazione del gas il Turkmenistan sta cercando di potenziare le infrastrutture per il trasporto del gas naturale al fine di conquistare mercati alternativi in totale autonomia da Mosca, soprattutto in questo periodo di incertezza causata dal conflitto tra Russia e Ucraina.

 

Prendiamo come esempio il progetto del gasdotto TAPI, i cui lavori, più volte interrotti nel corso degli anni, dovrebbero riprendere a settembre 2022. Si tratta del cosiddetto “Turkmenistan–Afghanistan–Pakistan–India” (TAPI), che prevede una pipeline di 1100 miglia per 10 miliardi di dollari di investimenti. Il gasdotto dovrebbe trasportare il gas naturale dal giacimento turkmeno di Galkynysh alla città indiana di Fazilka, passando per le province afghane di Herat e Kandahar e per le città pakistane di Quetta e di Multan. Il progetto era stato ideato per la prima volta nel 1991, ma il consorzio del gasdotto è stato annunciato soltanto alla fine del 2014. I lavori sono iniziati nel 2018 e la costruzione sarebbe dovuta terminare nel 2021, ma si è bloccata proprio lo scorso anno, dopo che alcuni operai che stavano lavorando alla costruzione del TAPI sono stati uccisi da aggressori non identificati. Se il gasdotto dovesse entrare in vigore, rappresenterebbe una grossa opportunità per il Turkmenistan, che potrebbe instaurare relazioni economiche e diplomatiche importanti, riducendo l’influenza da parte della Cina e della Russia.

 

Il 22 gennaio 2021 Azerbaigian e Turkmenistan hanno poi sottoscritto un memorandum per lo sviluppo congiunto di un giacimento offshore di gas e petrolio nel Mar Caspio. I due Paesi sono giunti a un accordo dopo aver superato una contesa territoriale durata oltre trent’anni e che è iniziata appena i due Paesi hanno ottenuto l’indipendenza. L’accordo per la realizzazione del giacimento offshore denominato Dostluk (che in turco significa amicizia) rappresenta una pietra miliare per la cooperazione e per la sicurezza dell'area.  Nel febbraio 2021 il Parlamento azero ha approvato il memorandum e nel marzo dello scorso anno il Mejlis (la Camera bassa del Consiglio nazionale) del Turkmenistan ha ratificato il documento. 

 

Secondo gli esperti le riserve di Dostluk sono stimate in 50 milioni di tonnellate di petrolio, non è stato invece fornito un dato per il gas. Per molti anni il giacimento è stato considerato di confine e chiamato "Serdar" dal lato turkmeno e "Kyapaz" dal lato azero. Il giacimento, infatti, pur trovandosi in relativa prossimità delle coste turkmene, sarebbe stato scoperto da scienziati azeri ai tempi dell’Unione Sovietica. La Convenzione sullo Status Legale del Mar Caspio del 2018, che lascia alle parti il potere di risolvere le dispute a livello bilaterale, è stata di grande aiuto per la risoluzione della controversia. Le risorse di idrocarburi del giacimento di Dostluk dovrebbero essere distribuite tra le parti in ragione del 30% (Azerbaigian) e del 70% (Turkmenistan). La compagnia petrolifera russa Lukoil ha espresso il suo interesse a investire nel progetto. Un’altra collaborazione tra i due Paesi potrebbe interessare anche l’infrastruttura per il trasporto di gas da altri giacimenti turkmeni compreso quello di Galkynysh, il secondo più grande al mondo.

 

Una seconda allettante opportunità di crescita economica per il Turkmenistan è rappresentata dall’accordo trilaterale firmato a novembre 2021 sempre con l’Azerbaijan e con l’Iran per lo scambio di gas per un massimo di 2 miliardi di metri cubi all’anno. Non si tratta di una grande quantità di gas, ma tale accordo soprannominato dagli addetti ai lavori Double Natural Gas Swap è per il Turkmenistan una grande occasione di crescita economica e di distensione diplomatica con l’Azerbaigian e con l’Iran. Il primo step dell’accordo è stato un incontro nell’ottobre 2021, quando una delegazione turkmena guidata dal ministro degli Esteri Rashid Meredov ha incontrato il ministro del Petrolio iraniano Javad Owji, che ha annunciato l'intenzione di Teheran di pagare il debito di gas con il Turkmenistan. Turkmengaz ha infatti interrotto le forniture di gas all'Iran dal gennaio 2017, a causa del debito iraniano. All’incontro è seguita una visita in Iran del vice primo ministro azero Shahin Mustafayev, nel corso di cui è stato raggiunto un accordo sullo scambio di forniture di gas dal Turkmenistan all'Azerbaigian attraverso l'Iran. Il 28 novembre 2021 Azerbaigian, Iran e Turkmenistan hanno firmato ad Ashgabat un accordo trilaterale sullo scambio di gas. La cerimonia di firma si è svolta alla presenza del presidente azero Ilham Aliyev e del suo omologo iraniano Ebrahim Raisi. L'accordo prevede la fornitura di 1,5-2 miliardi di metri cubi di gas all'anno, con il Turkmenistan che fornirà gas all'Iran e l'Iran che consegnerà un'uguale quantità di gas all'Azerbaigian.

 

Nel mese di giugno 2022 i ministri degli Esteri di Turchia, Azerbaigian e Turkmenistan si sono riuniti ad Ankara per un nuovo incontro trilaterale, in cui la sicurezza energetica è stato uno dei punti principali all’ordine del giorno. La regione del Caspio dispone di circa 292 trilioni di piedi cubi di gas naturale in riserve accertate e stimate, oltre che di un'ampia e affidabile infrastruttura di gasdotti che la collegano ai mercati europei. In tale quadro si colloca un tassello importante per il puzzle energetico del Caspio, ovvero un gasdotto transcaspico di ben 300 km. che sia in grado di collegare la costa orientale del Turkmenistan, in particolare la città portuale di Turkmenbashy con la zona occidentale dell'Azerbaigian, interessando nel progetto di un gasdotto sottomarino anche la capitale azera, Baku, che è anche il più grande porto del Paese e di tutto il Caucaso. Il gasdotto dovrebbe far parte del Corridoio meridionale del gas (Southern Gas Corridor - SGC). La sua capacità dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 miliardi di metri cubi di gas naturale all'anno. Il gasdotto è di vitale importanza per l’Europa che potrebbe essere fornita dal Turkmenistan a partire da 10 per arrivare fino a 30 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Il valore approssimativo stimato del progetto è di 5 miliardi di dollari USA. Una volta arrivato a Baku il gasdotto dovrebbe unirsi al Gasdotto del Caucaso Meridionale (Baku-Tbilisi-Erzurum) e tramite quest’ultimo giungere fino al Gasdotto Trans-Anatolico. Come prevedibile, il progetto trova l’opposizione dell’Iran, che adduce motivi legati alla tutela dell’ambiente, e la Russia. 

 

A fine ottobre 2022 la capitale del Turkmenistan, Ashgabat, ospiterà la 28a Conferenza ed esposizione internazionale Oil and Gas of Turkmenistan-2022 (OGT-2022). Il forum è organizzato dalle aziende statali Turkmengas, Turkmenneft e Turkmengology, in collaborazione con il BC Turkmen Forum e il supporto della società britannica GaffneyCline.  allo scopo di rafforzare le partnership internazionali e di diventare una piattaforma per discutere le questioni chiave dell’ulteriore sviluppo del settore petrolifero e del gas in Turkmenistan e nel mondo, riunendo i principali attori e rappresentanti di istituzioni e imprese statali specializzate del mercato petrolifero e del gas.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]